AGI - E pensare che, se avesse seguito il suo sogno infantile, Carla Fracci sarebbe diventata una parrucchiera. Di “umili origini” come si scriveva nei romanzi rosa di una volta, figlia di un un tramviere e di un’operaia, la piccola Fracci pensava di diversificare il suo destino da quello della sua famiglia immergendosi in shampoo e pieghe.
“Ero una contadina, sono cresciuta con le oche, in mezzo alla campagna, non avrei mai immaginato che esistesse un teatro e all’inizio non capivo neanche il senso degli esercizi ripetuti, del sacrificio, dell'impegno mentale e fisico. Io, poi, sognavo di fare la parrucchiera” spiegava in un’intervista rievocando i suoi inizi alla scuola di ballo del teatro della Scala, dove era approdata a dieci anni dopo che un’amica di famiglia colpita dalla sua leggiadria, convinse i genitori ad iscriverla.
La scuola era gratuita, altrimenti, aveva chiarito, per quel papà fiero che faceva scampanellare il tram quando si fermava davanti alle finestre della sala dove la figlia era alle prese con gli esercizi alla sbarra, non sarebbe stato possibile affrontare la spesa: “Mia mamma una volta mi disse: “Tu non potrai portare i fiori alle maestre, non ce lo possiamo permettere. Se ce la fai è grazie alle tue possibilità”.
Talentuosa, leggiadra, ma sempre connessa alla sua terra lombarda, alle sue origini e a un senso del dovere quasi genetico (“I miei mi hanno insegnato che il successo si deve guadagnare. E io ho lavorato, lavorato, lavorato…”) , Fracci a 12 anni era una delle comparse ne “La bella addormentata” con Margot Fonteyn, a 22 anni è stata promossa prima ballerina e quindi è salita sui palcoscenici di tutto il mondo, interpretando oltre 150 ruoli e danzando con altri grandi come lei, da Nureyev a Vassiliev, da Baryshnikov a Bolle, che adesso ha appena raccontato di essersi sentito terrorizzato quando si era trovato a duettare in Giappone, con quel mito che aveva reso pop la danza classica ben prima di lui.
La “prima ballerina assoluta” come l'aveva definita il New York Times nel 1981 aveva portato la danza in tv, ballando con le Kessler e addirittura con Heather Parisi, quella di “Cicale cicale” al fianco dell’icona di Giselle, roba da provocare incubi ai puristi. Non solo: Fracci non si è tirata indietro neanche davanti a Elio e le Storie tese, si è concessa anche uno sceneggiato tv su Giuseppe Verdi, nei panni di Giuseppina Strepponi, la soprano e seconda moglie del compositore e pure il cinema diretta da Bolognini in “Storia vera della signora delle Camelie”, a da Herbert Ross in “Nijinskij”. E in tv la rivedremo prossimamente, consegnata ai posteri con un prezioso cameo nella fiction Rai ‘Carla’ tratta dalla sua autobiografia ‘Passo dopo passo’(Mondadori) con Alessandra Mastronardi nei suoi panni e lei in quelli della sua insegnante alla scuola della Scala.
La tv le piaceva e non c’è da stupirsi che si fosse divertita parecchio con l’imitazione di Virginia Raffaele al Festival di Sanremo: raccontò che l’aveva vista come un omaggio e che la sua popolarità era addirittura aumentata, che per quell’imitazione le arrivavano lettere da fans da tutto il mondo. Raffaele saliva sul palco ovviamente tutta in bianco, il colore-non colore che la Fracci aveva scelto e mai abbandonato durante la gravidanza: “Quando ho visto Carla la prima volta io ero assistente di Visconti…
Aveva delle calze rosse. Ma dopo si è vestita sempre di bianco, da quando aspettava nostro figlio Francesco”, aveva raccontato suo marito Beppe Menegatti, una quasi leggenda confermata da lei, lontana anni luce dalle gravidanze in bella mostra su Instagram: “ Oggi la pancia si mostra… Io ho preferito fare così quando ero incinta, nel ’69. Ne avevo pochissima ma cercavo un modo per accentuare ancora di più la riservatezza di quel momento”.
La discrezione, la stessa con cui ha vissuto la sua malattia , e il marito regista indissolubile da lei l’hanno accompagnata sempre, regalandole una vita diversa da quella di altri colleghi dediti essenzialmente al palcoscenico, condita anche dall'impegno politico (è stata assessore alla cultura della Provincia di Firenze per cinque anni, dal 2009). “Io ho il teatro tu la famiglia” così le aveva detto Nureyev con un certo rimpianto, raccontava Fracci, grata della sua esistenza completa: “Ho avuto tanto dalla vita, un figlio meraviglioso e due nipoti.”
L’eterna fanciulla danzante, così come la chiamava Montale, “ una fata che genera altri tempi” come la definiva la sua grande amica Alda Merini, se ne va proprio mentre i suoi teatri ricominciano a vivere. L’assenza del pubblico l’aveva fatta soffrire, e quel turbamento l'aveva esternato in una delle ultime interviste: “Le persone hanno bisogno di ascoltare, di avere delle gioie, delle emozioni. Di tutto ciò che un artista può dare”.