P er tutti quelli che si diletteranno a mettere a confronto il nuovo Guglielmo da Baskerville di John Turturro con quello cinematografico targato 1986 di Sean Connery quando lunedì 4 marzo, in anteprima mondiale, su Raiuno andrà in onda la prima delle quattro puntate della serie tv "Il nome della rosa", vale la pena sapere che il 28 febbraio, giorno del suo 62° compleanno, Turturro durante la presentazione in Rai ha raccontato che lui il film di Annaud non l’ha mai visto.
“Avendo avuto da ragazzino a casa un bambolotto di Sean nei panni di James Bond, pensavo non fosse utile” ha scherzato. Si era avvicinato ad Umberto Eco con Il cimitero di Praga, ma ha letto “più volte” Il nome della rosa soltanto quando gli è stato proposto di interpretare il monaco francescano, uomo di chiesa, filosofo, scienziato e mentore dell’aspirante novizio Adso che nel 1327, in pieno Medioevo si trova a indagare sulle morti seriali dei monaci nella celebre abbazia benedettina creata dalla penna di Eco.
Delle varie sfaccettature del suo personaggio, Turturro non ne ha privilegiata una in particolare: “Mi interessava il processo mentale di Guglielmo, il fatto che utilizzasse il sapere e la conoscenza come strumenti contro l’autoritarismo. Nel libro di Eco ho scoperto un mondo con elementi ancora oggi attuali, fortunatamente o sfortunatamente, dipende da come la si pensi”. Collaborando anche alla sceneggiatura Turturro ha suggerito al regista Giacomo Battiato “di poter inserire quanto più Eco possibile, intere parti del libro. Ritenevo molto importante portare in tv il suo modo di pensare, la filosofia, la scienza. Più Eco c’era nella sceneggiatura tanto meglio sarebbe venuta”.
Il cast di Il nome della rosa
Le cifre della serie tv coprodotta da 11 Marzo film, Palomar e Tele Munchen Group in collaborazione con Rai Fiction, costata 26 milioni di euro e girata a Cinecittà (con alcuni esterni in Abruzzo) intanto sono già da record prima della messa in onda: è stata venduta, a scatola quasi chiusa, quando il prodotto non era ancora finito, in 136 paesi, dalla Francia al Sud America, dalla Germania agli Usa all’Inghilterra, che per la prima volta trasmetterà un prodotto italiano in prima serata su una delle reti principali della Bbc.
Oltre a Turturro nel cast spiccano il giovane attore tedesco Damian Hardung (Adso Da Melk, l’aspirante monaco guidato nel suo spirituale viaggio iniziatico da Turturro-Guglielmo e Rupert Everett (Bernardo Gui, l’Inquisitore e braccio destro del Papa) che alla vigilia della presentazione della serie tv ha rilasciato un’intervista poco tenera con la Chiesa a Vanity Fair: “La chiesa cattolica, nel Medioevo era più terribile dell’Isis” ha detto “e tutt’oggi mi vedrebbe volentieri all’inferno solo per il fatto di essere gay”.
Con loro, un dream team di attori italiani: Fabrizio Bentivoglio che interpreta Remigio, il cellario dell’abbazia, Stefano Fresi nei panni del monaco Salvatore che parla una lingua tutta sua, Roberto Herlitzka, il vecchissimo monaco Alinardo e Alessio Boni, l’eretico frate Dolcino. Le due donne italiane del cast sono Greta Scarano, con la doppia interpretazione della compagna e della figlia di Dolcino e Antonia Fotaras, la ragazza occitana che fa vacillare la vocazione di Adso. Hanno recitato tutti in inglese (la serie, in italiano su Raiuno, sarà visibile anche in lingua originale su Raiplay) compreso Herlitzka, sebbene, come ha raccontato in Rai, non conosca affatto la lingua. “Il caso Herlitzka è strepitoso” ha aggiunto il regista “E’ stato così convincente che i colleghi non si erano resi conto che non parlasse inglese”.
Il riadattamento dell'opera di Umberto Eco
Per Battiato non è stato affatto semplice trasformare le 500 pagine del capolavoro di Eco (55 milioni di copie) in immagini, con otto episodi e quattro prime serate a disposizione, restando fedele al romanzo. “E’ un miracolo che io sia ancora vivo”. Non si è limitato a realizzare un thriller gotico:
“Il capolavoro di Eco è molto di più: è una summa di storia, letteratura e filosofia, ci insegna la tolleranza, il sapere come arma per la libertà. E’ un richiamo potente che lo scrittore fa, dalle mura di un’abbazia medievale, agli uomini di oggi”.
Il regista ha potuto contare su quello che “davvero sinceramente” definisce “un cast ideale”. “Se un attore non è tanto bravo io divento pessimo, non sono più capace di girare. Nella serie la qualità della recitazione è altissima”. Per realizzare l’abbazia benedettina è rimasto fedele ai disegni di Eco, rendendola solo un po’ più magica e meno plumbea, più televisiva insomma, inserendo elementi di colore e illuminazione astratta.
La genesi della serie l’ha raccontata Matteo Levi a capo della casa di produzione 11 Marzo Film: “L’idea venne ad Andrea Porporati, che firma la sceneggiatura con il regista, con Nigel Williams e con John Turturro. “Mi disse: perché non prendiamo i diritti del libro? Non fu facile ma la garanzia della Rai e il controllo editoriale molto forte della parte italiana convinse Eco".
Porporati ha raccontato il suo lavoro con lo scrittore, prima di persona e poi epistolare, prima della sua morte: “E’ stata una fortuna insperata poter collaborare con Eco. La prima volta che sono andato da lui ho pensato che la sua biblioteca straboccante ricordava quella del romanzo: lui era severo ma molto divertente, e mi chiedeva di esserlo lavorando sul suo libro. Una cosa che mi tocca il cuore è che l’assassino uccide per evitare che si riscopra l’arte del ridere, contrapposta al totalitarismo. Mi è rimasto dentro questo messaggio: bisogna continuare a ridere di tutto, spero che il film lo trasmetta”.
Eco ha approvato anche l’aggiunta, rispetto al romanzo, della storia degli eretici Dolcino e Margherita, protagonisti di una rivoluzione che aveva come parole d'ordine l'uguaglianza, il rifiuto delle gerarchie, il rispetto del prossimo, la fratellanza. “Aveva trovato interessante lo sviluppo del discorso sull’eresia dolciniana, che cita 32 volte nel suo romanzo. Anzi, ci disse: “Non trattate male i dolciniani, per i protestanti e i valdesi Fra' Dolcino è una figura importante”, ha raccontato Battiato.