AGI - Il backstage, la vita sul palco e i tour di Pino Daniele; i suoi concerti tenuti in luoghi iconici che raccontano un pezzo di storia dell’umanità e tornano contemporanei grazie alla musica come l’arena di Verona, il teatro di Taormina, Ravello, il teatro romano di Ferento nel Viterbese, la reggia di Caserta. In tanti hanno parlato e scritto del cantautore, musicista e compositore italiano; il ragazzo ‘nero a metà’, il sound napoletano che intreccia il mondo dei generi musicali internazionali e tocca il ‘sentimento’.
Ora il racconto si arricchisce fissando nero su bianco l’esperienza di chi ha catturato momenti divenuti memorabili, immagini che danno il senso e l’essenza di un’arte attraverso le espressioni di Pino negli scatti di Roberto Panucci, fotografo ufficiale dei suoi tour negli ultimi tre anni di vita del cantautore partenopeo. In “Pino Daniele – Access All Areas”, libro che contiene anche foto inedite, edito da Rizzoli con il patrocinio della Fondazione Pino Daniele Ets e la prefazione di Alessandro Daniele, Roberto Panucci condivide un’esperienza emozionante e racconta non solo l’artista ma la squadra, lasciando spazio al racconto delle 11 persone che con lui hanno condiviso un pezzo di vita con l’artista, protagoniste ognuna per il suo ruolo nella realizzazione dello spettacolo.
Gli aneddoti del dietro le quinte disegnano il profilo di una persona molto divertente, che amava scherzare e al tempo stesso seria e precisa, che amava la semplicità. Sempre con le dita sulle corde della sua chitarra a scrivere nuovi pezzi. Quest’anno il cantautore avrebbe compiuto 70 anni, il 19 marzo, e oggi, 4 gennaio, cade il decennale della sua scomparsa. La Fondazione a lui dedicata, ha in programma una serie di iniziative con il sigillo 70/10 anniversary, anche un docufilm, “Pino”, che sarà pubblicato il 19 marzo, in contemporanea con l’inaugurazione della mostra “Pino Daniele Spiritual”, nel Palazzo reale di Napoli. Un documentario che conterrà, tra l’altro, un’intervista registrata e mai pubblicata e comprenderà alcuni filmati del backstage realizzati da Panucci, che racconta all’Agi la sua esperienza con Pino Daniele, a dieci anni dalla sua scomparsa.
“A me degli anni in cui l’ho seguito mancano tantissimo le risate, i momenti che avevo la fortuna di vivere stando a stretto contatto con lui: quelli delle prove, il famoso backstage che non tutti hanno la fortuna di vivere, di vedere. Io avevo questo grande privilegio. Lui era una persona che, superato il momento dove il lavoro lo obbligava a essere attento all'organizzazione; quando si faceva i soundcheck e c'era tutta la parte di impostazioni varie, si lasciava andare, amava molto ridere… C'erano momenti bellissimi tra lui e i suoi amici, parliamo di Tullio De Piscopo, James Senese, Rino Zurzolo in primis. Bene o male c’era tutto lo staff. Un gruppo fantastico, di grandi professionisti, che anche adesso è molto legato. Ancora oggi ci vediamo e quando parliamo di Pino, può sembrare incredibile, ne parliamo al presente”.
- Come ha incontrato Pino Daniele?
"L’ho conosciuto sul palco e pensavo che non sapesse di me. Ho conosciuto prima Alessandro, il figlio, che mi ha chiamato dopo aver visto le mie foto pubblicate da una rivista per la quale avevo seguito due live di Pino, lo avevano colpito e mi chiese se poteva utilizzarle per i social. Da lì poi è arrivata la proposta di seguirlo in tour. Avevo come limite da rispettare un quadrato immaginario, una distanza di 2-3 metri, specialmente durante le prove. Un giorno, dopo qualche tempo, mi chiamò accanto a lui e mi disse “Roberto, Roberto vieni qua”. Mi parlò in napoletano, mi disse: guarda so tutto, so cosa ti ha detto Alessandro, non ti preoccupare sentiti libero di muoverti come ti pare, ho visto le foto e sono bellissime. Il fatto che le avesse viste, peraltro sapendo che aveva problemi alla vista, e il fatto che me lo avesse detto, io l’ho apprezzato tanto. Salire su un palco significa entrare in una casa che non è tua, per di più è uno spazio particolare che richiede attenzione e non è facile ottenere fiducia".
- Quelle foto gli hanno permesso anche di rivedere i suoi concerti, apprezzare cose che forse non aveva modo di notare
"Io ho dato sicuramente un modo mio di vedere il suo spettacolo, che era quello dal palco verso il pubblico. Alcune delle foto più belle sono fatte accanto a lui o dietro di lui col pubblico davanti".
- Ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo della fotografia a 12 anni. Ha avuto modo di seguire diversi artisti. Quale era il tratto distintivo di Pino?
"Io ho conosciuto quasi tutti gli artisti italiani e anche un po' di stranieri. Diciamo che di Pino, secondo me, si poteva apprezzare molto l'umiltà e anche la sensibilità. La sensibilità di trattare argomenti particolari, non solo l'amore. Lui raccontava momenti di vita, lo ha fatto da quando ha iniziato la sua carriera, raccontava Napoli anche quella povera, quella più sfortunata, ed è sempre stato vicino alla gente parlando di quello che magari nessun altro sapeva raccontare in quel modo. Poi accompagnava il tutto con la sua chitarra, che era una poesia assoluta. Forse questa accoppiata è stata vincente. Pino era un artista, non era solo un cantante, era un grande musicista, apprezzato anche da colleghi internazionali molto famosi, uno dei pochi italiani che ha avuto l'onore e il privilegio di essere chiamato a esibirsi in tour con personaggi come Pat Metheny ed Eric Clapton. Credo sia l'unico musicista italiano invitato ai “Night of the Guitar”, delle mini tournée pazzesche dei più grandi chitarristi blues e rock internazionali, quasi sempre americani. Poi, secondo me, Pino è sempre stato uno dei pochi artisti che amava molto mettersi in gioco, confrontarsi. Non è mai stato chiuso nel suo mondo.
- Aveva un approccio di interesse autentico
"Si, lui aveva sempre ospiti, cantanti ma anche altri musicisti. Quando io ho avuto la fortuna di lavorare con lui, ci sono stati due periodi molto belli che sono raccontati nel libro: Natale e Befana del 2012-2013 e poi 2013-2014, a Napoli al Palapartenope, intitolati “Tutta n’ata storia”. Sia nel primo che nel secondo, c’erano tantissimi ospiti della musica napoletana, chitarristi. Lui studiava sempre, non era solo una sorta di sfida, penso lo facesse per una sua crescita personale. Chi aveva avuto la fortuna di collaborare sul palco con Pino come ospite, magari lo poteva vedere come un mito, però poi alla fine io lo vedevo quando lui alle prove si confrontava con loro. Si vedeva che li metteva a proprio agio, gli dava spazio. Quando un artista inizia a fare un duetto, si vede che ha soggezione magari dell'artista principale, lui invece gli dava spazio. Era una cosa molto apprezzabile, molto bella.
- Qual è la foto di Pino a cui è più legato e, se c’è, una foto che avrebbe voluto scattargli ma non lo ha fatto?
"La prima è una foto un po' famosa, nel senso che è stata usata tante volte, è quella dell'inchino all'Arena di Verona, dove ci sono due fari e tutte le lucette dei telefonini dell'Arena di Verona. A dire il vero io quella foto in quel momento non l'ho vista mentre la scattavo, perché sono entrato sul palco seguendo Pino a circa 2-3 metri di distanza e c’è stato un cambio di luce veloce. A un certo punto hanno abbassato le luci, poi è partita l'orchestra sinfonica, perché lui iniziava quel concerto con Terra Mia solo con l'orchestra sinfonica. Poi controllando se le foto erano venute bene, ho visto il momento dell'inchino. Le luci erano totalmente spente, erano rimasti questi due occhi di bue che erano diventati due stelle bellissime. E’ una foto pazzesca. Immagina il boato che c'è stato in quel momento in cui io ho seguito Pino e poi parte l'orchestra sinfonica e tu da fotografo, da persona che stai accanto a lui, l'hai sentito. Io ho sentito sulla pelle quel boato e quell'emozione, poi uscendo di lato per non farmi vedere, mi sono reso conto di questo scatto. Molto molto bello.
Poi c'è la foto che io non ho mai scattato. Eravamo a Taormina poco prima del concerto. Mi accordo che Pino stava suonando, era insieme al secondo chitarrista, Daniele Bonavì, si stava esercitando e chiacchierando con lui aspettando che arrivasse l’ora del concerto. Era sotto un arco antico del teatro di Taormina. Sembrava quasi un quadro, lui era seduto su uno scalino, e accanto era illuminato da due candele, una scena stupenda. Solo che lui era concentrato e io non avevo la macchinetta con me perché eravamo andati a mangiare. Uno scatto lo avrebbe distratto. Quando ho pensato adesso vado a prendere la macchinetta, in quel momento è entrato di nascosto un fan e ha interrotto quel momento. Perciò questa foto c'è solo nei miei ricordi".