AGI - “Si ride, si riderà tantissimo” questa è la promessa che Giovanni Ribò fa a chi andrà a vedere “Clonazione da Tiffany” in scena fino al 3 marzo al teatro Marconi a Roma.
Ribò con una lunga carriera teatrale alle spalle, che spazia dalla tragedia greca a Shakespeare, fino ad arrivare alla commedia comica attuale con una partecipazione nelle compagnie di Vincenzo Salemme e Luigi De Filippo, firma oggi questa pièce teatrale.
“Per certi versi ci muoviamo nel campo della commedia dell’assurdo, con un filone fantascientifico perché lo spunto della clonazione immediata è sicuramente assurda. Poi la struttura è quella della commedia comica” racconta all’AGI.
Al centro ci sono i rapporti di coppia, delle mancanze e dei ritorni, e del ruolo che questi assumono nella quotidianità. “Questa commedia prende spunto dalle tante innovazioni tecnologiche, come l’intelligenza artificiale, e dei paradossi che ne conseguono. – spiega Ribò - Racconta di un marito che perde la moglie in un improbabile incidente e cede alle lusinghe di un “clonatore” e millantatore, interpretato da me, che ritiene di poter clonare un individuo usando una sola cellula di un individuo vivo o morto. E quindi fa ritornare la moglie in vita clonata. Poi però questo clone dovrà scontrarsi con la vita di tutti i giorni, con le sue regole e le sue aspettative, tanto che alla fine questo marito non vorrà più la moglie accanto”.
La commedia è diretta da Marco Bellocchi che in scena veste i panni del marito vedovo, accanto alla “clone-moglie” interpretata da Marina Suma.
Alla fine, è meglio una moglie imperfetta ma piena di difetti, che il suo clone? “La clonazione è il pretesto comico. Si parla di rapporti di coppia, di rapporti umani, di personaggi tutti comici e divertenti. La domanda da farsi è piuttosto: quando una persona va via è giusto farla tornare? La realtà è cambiata, quando un ingranaggio è stato tolto è inutile reinserirlo perché incepperebbe il meccanismo”.
Insomma, per ridere e per riflettere, c’è ancora tempo fino a domenica prossima.