AGI - Parente delle chitarre, l’ukulele condivide con loro la forma e le corde, ma a differenza di queste ultime emette un suono più dolce. Inventato a fine ottocento da immigrati portoghesi trasferiti nelle Hawaii come adattamento hawaiano dello strumento cavaquinho, l’uku - questo il suo soprannome - è sopravvissuto con alterne fortune fino ai nostri giorni. Amatissimo da tante star della musica, oggi viene celebrato in festival nazionali e internazionali, spopola nelle scuole elementari e medie tanto che in molte di queste, in Italia, sta sostituendo il tradizionale flauto dolce ed è protagonista persino di un corso di studi di livello universitario nel conservatorio di musica di Alessandria. Una popolarità trasversale che rispecchia in pieno lo strumento che nasce proprio con uno spirito di accessibilità alla musica, intesa come mezzo di gioia e condivisione, capace di colmare le distanze e creare comunità.
Ma quanto poco ne sappiamo dello “strumentino” iconico strimpellato addirittura da Marilyn Monroe in “A qualcuno piace caldo”? Oggi 2 febbraio, proprio nella giornata mondiale dell’ukulele, insieme al team di Monopolele, il più importante festival italiano che da 3 anni porta in Italia i più grandi artisti di ukulele, proviamo a raccogliere un po’ di curiosità e qualche aneddoto legato a questo strumento che vanta una storia lunga e piena di fan illustri.
Innanzitutto il nome. “Nonostante l’ukulele sia uno strumento inventato dai portoghesi, il nome sembra essere merito degli hawaiani” raccontano Mauro Minenna e Salvo Mc Graffio organizzatori di Monopolele – Ukulele Mediterranean Fest la tre giorni di concerti gratuiti, jam session e workshop che quest’anno sarà a Monopoli dal 30 maggio al 2 giugno. E sono stati proprio gli abitanti di Honolulu, a dare allo strumento a quattro corde suonato dagli immigrati portoghesi, il nome di ukulele, nome che in hawaiano significa “pulce che saltella”. Il riferimento va al movimento rapido delle dita sullo strumento, gesti così veloci da ricordare, appunto, pulci saltellanti. C’è però anche un’altra interpretazione sull’origine del nome: secondo la regina delle Hawaii, Lili’ uokalani, la parola ukulele è composta da uku (regalo) e lele (arrivare) e significa “regalo che arriva da lontano”.
E se non si può certo dire che in Italia l’ukulele non abbia i suoi estimatori, sono gli USA, insieme alla Gran Bretagna, a farne quasi uno strumento nazionale. Basti pensare che per la morte di George Formby, attore e musicista inglese, diventato famoso per i numerosi film girati durante la Seconda Guerra Mondiale, ben 21, e come intrattenitore per le truppe (ovviamente con un ukulele in mano) furono proclamati tre giorni di lutto nazionale. E chi poteva immaginare che l’intuizione di Israel Kaʻanoʻi Kamakawiwo'ole, artista hawaiano conosciuto come IZ, di reinterpretare nel 1993 un medley di due celebri pezzi della storia della musica - Over the Rainbow e What a Wonderful World - proprio con l'ukulele avrebbe dato non solo nuova vita alle due canzoni, ma soprattutto avrebbe contribuito a far conoscere lo strumento in tutto il mondo.
Ma cosa rende l’ukulele davvero unico? “Lo strumento non segue l’ordine “corda sottile uguale nota alta” ed è proprio da questa particolarità che nasce il caratteristico suono” dicono ancora Minenna e Mc Graffo. Ma questo non significa che suonare l’ukulele sia più semplice che suonare la chitarra, anzi. Suonato ad alti livelli, infatti, l’ukulele è uno strumento difficile che accorpa una commistione di tecniche sopraffini come il triplet (preso dal flamenco), il clawhammer (derivato da virtuosismi al banjo), lo split stroke (straordinaria ritmica battente bandiera britannica).
Sono tante, poi, le star che negli anni si sono innamorate presto o tardi dell’ukulele. A cominciare da George Harrison, lo storico membro dei Beatles che, negli ultimi anni di vita, suonava l’uku più delle chitarre, decantandone al mondo intero le virtù sonore e spirituali. Non solo lui, però: in Italia Rino Gaetano lo portò addirittura sul palco più famoso della musica italiana, quello di Sanremo, con la canzone “Gianna” e il cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder, nel 2011, ha pubblicato l'album Ukulele Songs, interamente suonato con questo piccolo strumento. E poi anche Taylor Swift che, di tanto in tanto, propone nei suoi live nuove versioni di suoi brani con l'ukulele e gli italianissimi Santi Francesi che, durante un’esibizione a X Factor, hanno “fatto alzare il pubblico in piedi" a suon di ukulele. Non ultima Billie Eilish. L’artista californiana, infatti, in collaborazione con la Fender, storica azienda americana produttrice di strumenti musicali, ha progettato e lanciato sul mercato nel 2020 un nuovo modello di ukulele. La scelta non è un caso: è proprio con l’ukulele, infatti, che Billie Eilish apprese i primi rudimenti musicali e imparò a suonare la sua prima canzone, “I Will” dei Beatles. E a celebrare lo strumento non mancano neppure intere orchestre di ukulele. La più famosa si chiama Ukulele Orchestra of Great Britain, è attiva dal 1985, e tiene concerti riempiendo le sale di tutto il mondo, eseguendo brani di musica pop e rock in versione acustica.