AGI - “Nove anni, capelli rossi, due treccine svolazzanti e una scimmietta sulle spalle, corre come una matta, ferocemente indipendente, totalmente ribelle e con un codice etico tutto suo”.
È il ritratto di Pippi Calzelunghe, titolo della mitica serie televisiva apparsa in Svezia nel 1969 e in Italia nel 1970 sull’unico canale nazionale della Rai, pre riforma del 1975, corrispondente anche al personaggio di una ragazzina “irriverente e ribelle” che fa parte dell'immaginario infantile di diverse generazioni.
In Spagna, la serie è apparsa per la prima volta nel 1974 e il Paìs osserva che da allora “mezzo secolo è passato” anche per Pippi “e in alcune cose si vede”, al di là “degli effetti deliziosamente vintage”. Però resta “incredibilmente attuale nel suo essere sempre irritante, provocatoria”. Insomma, Pippi funziona ancora.
Nel 2014 la tv svedese ha tagliato alcune scene della serie
Quello che lascia perplessi, semmai, sono alcune battute e affermazioni a sfondo culturale, anche se fatte con tono scherzoso, annota il quotidiano, “mentre i tempi sono decisamente cambiati”.
Per esempio si sa che nel 2014 già la tv svedese aveva tagliato due scene della serie, una della quali in cui Pippi gridava “mio padre è il Re Nero!”, aggettivo che in svedese, come in inglese, assume un serio significato razzista, nel mentre in un’altra scena Pippi “sgrana gli occhi per cantare e mimare una canzone con accento asiatico”.
In Svezia, tuttavia, tutto ciò fece scalpore e accese una serie di dibattiti e riflessioni su multiculturalismo e politically correct già all’epoca.
I racconti di Pippi
Per esempio, quando Pippi racconta che in Egitto si dorme con i piedi sul cuscino e si sta tutto il giorno sdraiati, o che nelle scuole in Argentina i bambini non imparano, ma mangiano caramelle finché non gli cadono i denti, o che in Congo sono dei cannibali, i piccoli spettatori che hanno “compagni di classe asiatici, un amico egiziano e diversi altri argentini, sbuffano e alzano gli occhi al cielo, come davanti a uno scherzo di cattivo gusto o quantomeno sciocco”.
La Vanguardia, quotidiano pubblicato a Barcellona, osservava alcuni giorni fa che la scrittrice svedese Astrid Lindgren, creatrice di Pippi Calzelunghe, “era indignata dal fatto che i bambini all’epoca non avessero potere decisionale ed è per questo che è diventata una sostenitrice dei diritti dei bambini che ha difeso attraverso i suoi personaggi, come Pippi, un riferimento per più generazioni”.
Gli errori di Pippi
La responsabile dei diritti internazionali di The Astrid Lindgren Company, Lina Talgre, agenzia che detiene i diritti di pubblicazione dei libri della scrittrice, ha però spiegato d’aver deciso di cambiare una delle parole contenute nei libri, laddove compariva il termine "negro", un’espressione ritenuta razzista e "dannosa" nei confronti dei bambini: "Astrid non avrebbe mai voluto ferire", ha sottolineato.
A ogni modo, scrive il Paìs, quel che resta è che in un modo o nell’altro Pippi Calzelunghe “continua a far ridere molto anche i piccoli spettatori di oggi”.