AGI - “Mio cugino Alberto Sordi avaro? Una leggenda che lui cavalcò per non essere importunato”. A raccontarlo è Igor Righetti, giornalista, docente di comunicazione, autore e conduttore radiotelevisivo Rai, che per Rubbettino ha scritto nel 2020 'Alberto Sordi segreto', arrivato all'undicesima ristampa. Venerdì prossimo ricorreranno i 20 anni dalla scomparsa del grande attore romano, passato alla storia anche come un uomo tirchio, taccagno.
"Ma non è assolutamente vero - racconta Righetti - questa è una leggenda nata nel momento dell’apice del suo successo - spiega Igor Righetti - ai tempi della Dolce vita, periodo in cui i divi si davano alla pazza gioia in via Veneto tra night, ristoranti alla moda e fiumi di champagne, lui non partecipava mai perché la sera studiava il copione e al mattino doveva alzarsi presto per stare sul set. In quel periodo Alberto ha realizzato anche dodici film all’anno, spesso girandoli contemporaneamente, passando da un set a un altro, quindi non aveva tempo da perdere".
Che c'entra questo con la sua presunta tirchieria?
"Mi raccontò che una giornalista mezza tacca e dotata di scarsa ironia, frequentatrice assidua dei party vip, scrisse che Alberto non frequentava gli incontri mondani, come facevano invece gli altri attori, perché era taccagno e non voleva spendere. Era molto orgoglioso di aver evitato il più possibile di farsi fotografare dai paparazzi a queste feste. Non ha mai smentito la sua presunta avarizia perché, geniale fino in fondo, divenuto ricco e famoso aveva capito che con quella fama nessuno lo avrebbe importunato. Ha alimentato lui stesso questa leggenda della taccagneria divertendosi a provocare e giocando sul suo attaccamento al denaro anche sfruttando il suo cognome (soldi in romanesco diventa “sordi”). L’ha cavalcata a suo favore interpretando il film ‘L’avaro’. Era oculato e parsimonioso nelle spese, quello sì, ma non taccagno. Non era nato ricco, aveva anche vissuto la fame agli inizi della sua carriera e conosceva bene il valore del denaro”.
E aggiunge Righetti: “Avrebbe potuto avere auto lussuose, ma non amava ostentare, così come non ha mai voluto fotografi nella sua villa romana. Anzi, sorrideva quando vedeva sui settimanali o in tv servizi fotografici realizzati nelle case di personaggi dello spettacolo in cui venivano immortalati nella camera da letto, nel bagno, in cucina o accanto al frigorifero aperto".
Alberto Sordi, invece, ha fatto tanta beneficenza, ma sempre in silenzio, racconta il giovane cugino. "Ha pagato cure mediche per amici e colleghi in disgrazia, ha adottato a distanza molti bambini poveri, ha fatto tante donazioni a vari orfanotrofi, alla casa del barbone e alla casa dello studente. Ma anche la beneficenza la faceva senza sbandierarla, non si lasciava fotografare con le gigantografie degli assegni come fanno altri. Ha sempre fatto tutto in estrema riservatezza. Soltanto dopo la sua morte il pubblico è venuto a conoscenza delle sue numerose iniziative benefiche. Molto di ciò che ha avuto, quindi, l’ha poi ridato".
I soliti invidiosi, spiega Righetti, dopo aver conosciuto la filantropia di Alberto, si sono affrettati a giustificarla come azione non scaturita dal cuore, ma dalla sua profonda fede: "Secondo i suoi detrattori (che quando Alberto era in vita si dimostravano amici) la sua carità era dettata soltanto dalla paura di non meritare di andare in Paradiso! In tanti hanno sostenuto che Alberto non abbia mai fatto un regalo a nessuno, né quando era invitato a cena a casa di qualcuno né alle sue compagne. Ennesime falsità, come tante altre, messe in giro da invidiosi e da chi non lo conosceva. Secondo i suoi detrattori non avrebbe mai organizzato feste all’interno della sua villa, come invece facevano numerosi suoi colleghi celebri, per evitare di spendere e non avrebbe mai invitato a pranzo o a cena un amico. Altre menzogne. Addirittura c’è chi dice che ogni volta che Alberto veniva invitato alle feste in casa di altri, lui accampasse scuse o impegni per evitare di andarci e di dover portare qualcosa o sentirsi poi costretto a contraccambiare l’invito nella sua villa. È vero, invece, che per contratto, al termine delle riprese dei suoi film, aveva ottenuto di poter portare via gli abiti di scena (dalle giacche ai maglioni, dalle camicie ai cappotti). Quello che ben pochi sanno, però, è che tutti questi capi di abbigliamento non li usava lui per evitare di acquistare il suo guardaroba, come riferito da diverse persone, ma li dava in beneficenza per aiutare i poveri".
Alberto, aggiunge l'autore di 'Alberto Sordi segreto' "trovava penosi gli arricchiti che ostentavano qualunque cosa acquistassero, spesso pure di pessimo gusto, soltanto per mostrare i ‘trofei’ ad amici e parenti”.