AGI - La notizia circolata ieri riguardo i presunti 17 lavoratori in nero impegnati nella tappa di Fermo del Jova Beach Party, poi smentita in serata, si è rivelata la goccia che ha fatto traboccare Jovanotti.
Fino ad oggi il “ragazzo fortunato” aveva silenziosamente ignorato, perlomeno pubblicamente, tutti gli attacchi ricevuti per il suo progetto di festa itinerante, attacchi anche più pesanti rispetto a quelli, già numerosi, ricevuti per la prima edizione dello show.
L’accusa di impegnare lavoratori in nero, rivolta alla Trident di Maurizio Salvadori, la società che si occupa dell’organizzazione del Jova Beach Party ma in generale leader del settore dei live in Italia, ma che colpisce inevitabilmente la figura del cantautore toscano, ha fatto scattare una reazione piuttosto seria.
Reazione che si materializza non tramite mezzo stampa, ritenuto, probabilmente a ben ragione, troppo debole per andare a colpire l’opinione pubblica, ma mettendoci la faccia in una diretta Instagram infuocata e non solo per il caldo che presumibilmente accarezza il backstage del Jova Beach Party a Fermo.
“Ieri pomeriggio – esordisce Lorenzo Cherubini - sono uscite delle notizie che riportavano di un’ispezione nel cantiere del Jova Beach Party mentre montavamo e che sono stati trovati dei lavoratori non in regola. Ora, siccome il lavoro è una cosa molto seria, non è fuffa, quando l’ho letta mi sono preoccupato, non allarmato, perché io lavoro con Trident e in particolare con Maurizio Salvadori dal 1988 e abbiamo fatto tour di tutti i tipi e non c’è mai stata una contestazione sul piano delle leggi del lavoro.
E allora – prosegue Jovanotti - il fatto che ieri questa cosa venisse fuori mi ha preoccupato, sapendo di essere nell’occhio del ciclone, che il Jova Beach Party, essendo un evento così grande portato nelle province, mette in moto un livore locale, tutta una serie di microvendette, in qualche modo politiche, nella zona, ho pensato di essere nell’ennesimo caso. Così ho cercato Maurizio stamattina e gli ho chiesto com’è andata questa storia”.
A questo punto la telecamera dello smartphone di Jovanotti si sposta proprio su Maurizio Salvadori, seduto accanto a lui e quello che ne viene fuori è esattamente una piccola intervista di Jovanotti proprio per lavar via ogni accusa infamante.
“È andata che abbiamo avuto un controllo molto approfondito – spiega Salvadori - Trident collabora nella costruzione del Jova Beach Party con 20 società che offrono servizi, che vanno dall’audio al palco e in particolare il servizio di facchinaggio che oggi è particolarmente difficile da trovare, perché dopo tre anni di Covid i facchini specializzati (perché non è che possiamo prendere gente che non sa come muovere i bauli, non sa come muoversi nell’ambito di un cantiere) metà di questi purtroppo hanno cambiato lavoro e noi oggi per trovare i 700 facchini che ci servono ad ogni tappa dobbiamo farli arrivare da città anche a 200/300 km con dei pullman e ci sono anche sei/sette società diverse che ce li mandano: uno dieci, l’altro trenta…ma sono società che noi conosciamo – prosegue il capo della Trident - che lavorano nell’ambito della musica da anni, se non da decenni, ed è impensabile che società di questo tipo facciano lavorare in nero. È una cosa che fa sorridere ma si tratta di un’accusa veramente pesante, perché cerchiamo sempre di lavorare al meglio, parlare di lavoro nero al Jova Beach è una contraddizione in termini, non esiste lavoro nero al Jova Beach, può esistere nell’ambito di 700 persone di qualche infrazione formale”.
Così interviene di nuovo Jovanotti: “Che vuol dire infrazione formale?”. Subito la risposta di Salvadori: “Vuol dire che a noi ci hanno dato 1400 euro di multa perché non avevamo completamente transennato l’area del cantiere, mancava il nastro bianco e rosso in una zona, perché probabilmente si è staccato. Pagheremo 1400 euro di multa e questa è l’unica contestazione fatta”.
“Quindi la questione dei lavoratori in nero non è vera?” incalza Cherubini, “Tre società – spiega ancora Salvadori - non avevano fatto la comunicazione ma avevano oblato dalla sera prima alla mattina e nell’arco di 12 ore sono risultate immediatamente a norma e stanno lavorando nel cantiere, così come i 17 lavoratori che erano in “nero”. Sono qui e stanno lavorando. Non c’è lavoro in nero”.
E così Jovanotti può concludere rispetto la questione emersa ieri: “Io ci tengo perché il lavoro nero è una piaga enorme, una cosa seria, lo è dal punto di vista personale, rispetto la mia convinzione rispetto le leggi, che si rispettano e che quando non vanno bene si correggono con metodi democratici, questa è la mia convinzione e ho sempre voluto lavorare con persone che la pensassero come me”.
Ma è a questo punto del video che si capisce quanto le accuse rivolte al Jova Beach Party abbiano colpito Jovanotti nel profondo, perché il cantautore ne approfitta per rispondere finalmente e in maniera decisa alle accuse rivolte dalle associazioni circa le presunte devastazioni che il Jova Beach Party porterebbe con sé: “C’è questa cosa che sta girando – dice - il Jova Beach Party non mette a rischio nessun ecosistema, non devastiamo niente, anzi le spiagge non solo le ripuliamo ma le portiamo ad un livello migliore di come le troviamo, questo ce lo riconoscono tutte le amministrazioni locali. Il Jova Beach Party non è un progetto Green Wash, questa parola mi fa cag…e così come mi fa schifo chi la pronuncia, perché è una parola finta, è un hashtag, e gli hashtag sapere dove potete metterveli. Il Jova Beach Party è un lavoro fatto bene, se pensate che non sia fatto bene venite a verificare, non sparate fuffa, venite qua, ci sono tutti gli strumenti legali e amministrativi per poter verificare come sono fatte le cose, il mio pubblico è fantastico, ha una coscienza alta rispetto all’ambiente”.
E a questo punto sbotta contro chi lo ha attaccato in queste settimane: “Econazisti che non siete altro, continuate ad attrarre a voi l’attenzione utilizzando la nostra forza, sono fatti vostri. Io vi dico che questo è un progetto fatto molto bene, che tiene presente l’ambiente, non è un progetto Green Wash, è un progetto che parla di obiettivi di sostenibilità e realizza quelli che è in grado di realizzare oggi con gli strumenti che ci vengono messi a disposizione dalle leggi e anche dal buon senso e dalla volontà”.