AGI - Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti, più che la formazione di un trio quell’11 giugno, data di uscita di “Mille”, sembrava a tutti l’inizio di una barzelletta. Non perché i tre artisti facciano ridere, ma proprio perché appartenenti a tre universi che nel nostro immaginario, non c’è nulla di male, sono lontani anni luce. Fedez, all’ombra della Madunina, rapper detestato dalle correnti più rigide della disciplina hip hop, che ogni volta che apre bocca fa saltare i nervi a qualcuno e forse anche perché quando lo fa, anche se a favore di Instagram, comunque appare sempre non solo consapevole di ciò che dice ma anche piuttosto concreto nelle azioni che ne conseguono.
Achille Lauro è romano, parte dalla trap, viene accolto come nuovo Vasco Rossi, bambino disobbediente della nuova scena italiana, e finisce pop-punk addomesticato sul palco del Festival di Sanremo, prima con l’azzeccata “Rolls Royce”, poi come superospite fisso, ad osare la provocazione con performance piuttosto didascaliche ma parecchio apprezzate, totalmente sdoganato al largo pubblico.
Orietta Berti, paradossalmente, è la più rock del trio, a quanto pare Fedez la abborda in funzione del progetto proprio dietro le quinte dell’ultimo Sanremo, quello che la vede protagonista assoluta a 78 anni, non solo perché tra le poche a cantare intonata, ma anche perché tra camere d’hotel allagate, inseguimenti in macchina per le vie del comune ligure e quella gaffe strepitosa durante un’intervista in cui i Maneskin diventano “Naziskin”, fa parlare di sé smuovendo una situazione altrimenti appiattita dall’emergenza Covid.
Ci eravamo quasi dimenticati del fatto che fosse una cantante strepitosa, abituati a scorgerla più che altro nei salotti televisivi, uno su tutti quello di Fabio Fazio, che ci restituisce un personaggio simpatico, gradevole, accomodante, come piace tanto al pubblico ageè della RAI, che però nasconde guizzi, sempre a metà strada tra il “ci è” e il “ci fa”, imprevedibili e divertenti. Cosa avrebbero mai potuto combinare insieme tre personaggi di questo tipo?
È giugno, quindi quasi certamente si tratta di un tormentone, ma dopo aver cliccato play e averne digerito l’inevitabile orecchiabilità, virtù quasi scontata con l’avvicendarsi dell’estate, ci si accorge che il brano, scritto dagli stessi Fedez e Achille Lauro insieme a Davide Simonetta, uno degli autori più prolifici del panorama pop, Paolo Antonacci e lo strepitoso rapper Dargen D’Amico, scatena una straordinaria empatia, l’ascoltatore si ritrova totalmente coinvolto in questo gioco a tre, questo stravagante ménage a trois musicale in cui Fedez e Lauro, due campioni di incassi veri, fanno in pratica da valletti alla regina Orietta Berti.
Un divertimento che si declina non solo nel video, diretto da Giulio Rosati, ma anche nella cover, realizzata da Francesco Vezzoli, che mostra i tre artisti sotto forma delle tre grazie coperte di fiori, elaborazione di un quadro di Émile Vernon. Il singolo debutta immediatamente al vertice della classifica dei singoli più venduti secondo i dati forniti dalla FIMI, per Fedez è la decima volta, per Achille Lauro la prima, ad Orietta Berti invece non capitava dal 1965, quando cantava “Tu sei quello” e la FIMI sarebbe stata fondata circa trent’anni dopo.
È chiaro che il brano sa di operazione commerciale, non può essere altrimenti, e se la pratica numero DS2926 aperta dall’Antitrust su segnalazione del Codacons per pubblicità occulta, potrebbe anche rappresentare un altro capitolo della guerra aperta con Fedez ormai da anni, è chiaro che la Coca-Cola sarà stata felice di essere stata inserita nel ritornello indiscutibilmente più cantato dell’estate 2021.
Così come, effettivamente, sarebbe ingeneroso non notare la presenza costante ed evidente delle nuove bottiglie della Coca-Cola Zero Zuccheri nel video del brano, nuovo design che Fedez durante l’estate ha pubblicizzato ufficialmente tramite il proprio profilo Instagram, così come, da influencer, nel pieno del suo diritto, ha fatto spesso e continua a fare con altri marchi aziendali. Sulla questione, è giusto ricordare che su YouTube il video ufficiale di “Mille” è accompagnato nei riconoscimenti dalla scritta “Il filmato contiene marchi e prodotti per fini commerciali”, ma secondo il Codacons non sarebbe sufficiente.
Quello che appare evidente è che “Mille” sia una canzone che orbita all’incrocio tra il prodotto commerciale e la musica, un incrocio che nel corso del tempo si farà sempre più affollato; già l’anno scorso, per esempio, a finire denunciate dal Codacons furono Baby K e la moglie di Fedez, Chiara Ferragni, che di mestiere non fa nemmeno la cantante, per il tormentone “Non mi basta più”, nel cui video venivano, sempre secondo il Codacons, sponsorizzati i prodotti della Pantene.
Quale sia il confine legale tra musica e commercio lo deciderà evidentemente un tribunale, “Mille” comunque resta un brano che, forse proprio in quest’ottica, potrebbe risultare rivoluzionario nella storia della nostra musica, non solo perché potrebbe aprire ad orizzonti davvero non auspicabili in cui le canzoni diventano mero strumento di divulgazione commerciale, un po' come nel futuro distorto in cui si ritrova il Sylvester Stallone del cult “Demolition Man”, ma soprattutto perché poi quelle canzoni potrebbero funzionare, potrebbero non essere necessariamente delle brutte canzoni.
“Mille” è il risultato del lavoro di una grande squadra, perfettamente composta e guidata da Fedez, ed è anche un buon brano, uno di quelli che forse potrebbero finire a cantare addirittura i nostri nipoti, un po' come noi ancora cantiamo “Vamos a la playa” o “L’estate sta finendo” dei Righeira, e non perché i Righeira sono i Beatles, ma perché l’intuizione è talmente precisa e funzionale da non essere dimenticabile come un qualsiasi altro tormentone estivo. “Mille” non ha il sapore della canzone che passa, non sarà insolito sentire tra molti anni qualcuno dire “Hai risolto un bel problema, ma poi me ne restano mille”, proprio come quegli slogan pubblicitari che anche se non vengono trasmessi più da decenni sono entrati nel nostro comune parlare a prescindere dal prodotto che intendevano sponsorizzare: “è nuovo? No, lavato con Perlana”, “Vacanze fai da te? No Alpitour? Ahi, ahi, ahi, ahi”, “Un diamante è per sempre”, “Du gust is mei che uan”, “O così. O Pomì”, “L'uomo Del Monte ha detto sì”.
Potremmo snocciolare qualche numero, gli oltre 50 milioni di stream su Spotify, le oltre 62 milioni di visualizzazioni per il video su YouTube, i 4 dischi di platino della FIMI in soli quattro mesi, ma la realtà è che probabilmente, la vita di “Mille” non vedrà certo la fine con l’arrivo dei primi temporali autunnali. Questo succede quando si desidera fare una hit estiva, che rappresenta quasi un mercato a parte nella discografia italiana, ma si decide di farlo con la giusta sagacia.