A G I- Solo qualche mese fa The Guardian l’aveva incoronata sex symbol europeo, “la popstar che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso", testimonianza che Raffaella Carrà non solo era capace di tutto e bene in ogni singolo aspetto del mondo dello spettacolo, ma che il suo lavoro, il carisma naturale che ha impiegato dal primo all’ultimo istante passato davanti o dietro le telecamere, aveva un significato che andava ben oltre il mero intrattenimento.
Quanti, per esempio, dalla metà degli anni ’90 in poi, incontrando per caso una persona, hanno esclamato “Carramba! Che sorpresa!”? Questo è dipeso dalla bravura nell’architettare uno show televisivo di grande successo, ma soprattutto da una capacità forse irripetibile di leggere le esigenze del pubblico italiano e una straordinaria naturalezza di tradurle in spettacolo di varietà e qualità.
La carriera di Raffaella Maria Roberta Pelloni, che diventerà Carrà solo agli inizi degli anni ’60 su suggerimento del regista Dante Guardamagna, parte dal cinema e dalla danza, la frequentazione del centro sperimentale e dell'Accademia Nazionale di Danza, fondata dalla ballerina russa Jia Ruskaja; ma l’amore per la tv è certamente il primo e il più felice, e parte fin da piccolissima nel bar del padre a Bellaria, guardando uno dei primi esemplari di televisione in circolazione, ripetendo a memoria canzoni e balletti de “Il Musichiere”.
In realtà accade tutto molto in fretta e contemporaneamente, mentre le pellicole dove compare si accumulano subito dopo il diploma al centro sperimentale, viene scritturata dalla compagnia Carli-Pilotto, una delle più importanti famiglie teatrali dell’epoca, Luciano Rispoli le affida una rubrica radiofonica dal titolo “Raffaella col microfono a tracolla” e il regista Stefano De Stefani la sceglie come valletta di Lelio Luttazzi per il programma “Il Paroliere questo sconosciuto”, è il debutto nel piccolo schermo, da lì in poi non si fermerà più.
Nel 1968 conduce per la prima volta uno speciale in onda sulla seconda rete, l’allora RaiDue, intitolato “Tempo di samba”, ma il vero successo arriva l’anno dopo con “Io, Agata e tu”, programma in cui la Carrà per la prima volta propone al pubblico italiano un nuovo stile di conduzione, decisamente più vivace, completo, moderno.
Così la benedizione arriva immediatamente da uno dei maestri assoluti della storia della televisione italiana, Corrado, che la vuole accanto a sé per il cult “Canzonissima”.
La giovane e bella Carrà non si fa inseguire dalla storia, anzi, ci entra a piè pari subito all’esordio, sconvolgendo un paese cantando la sigla “Ma che musica maestro!” con l’ombelico in bella mostra. La Carrà ci aveva visto giusto e aveva individuato la voglia dei telespettatori italiani di avere una tv meno perbenista, un’intuizione che Berlusconi circa quindici anni dopo trasformerà in impero; perciò fu scandalo, certo, ma ascolti record e circa 200mila copie vendute della suddetta sigla, la RAI così dovette arrendersi e la dovette riconfermare a furor di popolo.
La tv di Stato prova a intervenire solo un anno dopo con la propria mannaia, tagliando dallo show alla terza puntata la coreografia del “Tuca Tuca” (altro stratosferico successo discografico) considerata troppo audace; ma poi la Carrà lo mette in scena accompagnata dall’ospite Alberto Sordi e contro il successo di quella scena entrata di diritto nell’album dei ricordi di un’intera generazione di spettatori, non può nulla, così il “Tuca Tuca” rientra nello spettacolo.
Siamo nel 1974 e Raffaella Carrà è indiscutibilmente una delle due signore della tv, la seconda è Mina, ma risulta già affaticata dal clamore del successo televisivo e già su quella via che la porterà ad abbandonare definitivamente le scene; non prima però di lasciare il testimone alla Carrà in “Milleluci”, otto puntate, un vero e proprio evento televisivo di grande successo di audience.
Parallelamente Raffaella Carrà sta dominando il mercato discografico, le sigle dei suoi show, un tempo spina dorsale del successo di ogni programma televisivo, si impongono anche in campo musicale con un successo così fragoroso che anche in Spagna se ne accorgono, la scoprono e se ne innamorano.
Nel 1976 così TVE, la televisione di stato spagnola, le propone il programma “La hora de Raffaella Carrà”. Sono anni in cui il successo in musica è talmente ampio da esser costretta a mettere da parte la tv, dove tornerà nel 1981 con “Millemilioni”, primo esperimento di cooperazione televisiva internazionale: cinque speciali, ognuno dei quali girato in una diversa capitale, Buenos Aires, Città del Messico, Londra, Roma e Mosca; un altro successo televisivo internazionale da 10 milioni di telespettatori.
Ma si supera l’anno dopo conducendo un’edizione speciale di “Fantastico”, altra trasmissione cult della storia della nostra tv, insieme a Gigi Sabani e Renato Zero, con una media di 25 milioni di telespettatori a puntata, un paese letteralmente bloccato a casa davanti al tubo catodico; l’anno dopo infatti farà la sua prima incursione sul palco del Teatro Ariston di Sanremo in qualità di superospite durante le giornate del Festival.
Ma la Carrà non è solo soubrette e cantante, ma anche vera e propria conduttrice, padrona di casa accogliente, così il suo prossimo successo lo ottiene con un programma che va in onda intorno a mezzogiorno, si intitola “Pronto, Raffaella?”, ed è lì che lavora per la prima volta con il genio del piccolo schermo Gianni Boncompagni, con il quale instaurerà una lunga storia d’amore. Forse mai più la RAI è riuscita a toccare punte di 9 milioni di telespettatori in un orario così improbabile, un successo talmente particolare da divenire caso di studio in diversi paesi del mondo, che poi ne andarono a replicare il format e la Carrà venne eletta “Personaggio televisivo femminile a livello europeo", dall'European TV Magazines Association.
Lo show divenne l’anno dopo “Buonasera Raffaella”, show che poteva vantare ospiti del calibro di Henry Kissinger, Joe Cocker, Stevie Wonder, Ginger Rogers e Sammy Davis Jr. L’ultimo salotto RAI di quegli anni affidato alla Carrà fu la “Domenica In” ideata dall’amico Corrado, ma nel frattempo nasceva una concorrenza, quella Fininvest che nel 1987 la strappò via alla tv di Stato con un contratto miliardario.
Un vero evento, tant’è che il debutto con il “Raffaella Carrà Show” fu anticipato da uno speciale dal titolo “Benvenuta Raffaella”, in cui venivano mostrati spezzoni delle prove dello spettacolo, anche i balletti, a cura del coreografo Sergio Japino, che nel frattempo era diventato suo compagno di vita, l’ultimo, quello che oggi tramite i social ha annunciato la morte della showgirl.
Eppure la parentesi Fininvest non fu felicissima in termini di ascolti, così nel 1990 la Carrà torna in RAI, tra i vari progetti passa alla storia l’edizione 13 di “Fantastico”, condotta assieme a Johnny Dorelli e passata alla storia per l’ospitata di un irrefrenabile Roberto Benigni che la abbracciò in diretta in un amplesso simulato per poi cimentarsi in una elencazione dei vari modi di pronunciare gli organi genitali maschile e femminile.
Parallelamente non si placa il successo internazionale, tanto che la Spagna la reclama e la tiene impegnata per tutta la metà dei primi anni ’90 con remake di successi del palinsesto italiano; la Carrà da quelle parti è una vera e propria istituzione, perfino le dirette di capodanno sono affidate alla sua voce, ma lei vuole tornare a lavorare in Italia, così rifiuta un contratto di esclusiva con la tv iberica e prende un volo per casa, dove la aspetta quello che è stato forse il suo programma più riuscito e più iconico. “Carramba! Che sorpresa” è in realtà un format britannico dal titolo “Surprise surprise!” piuttosto semplice: pubblico e ospiti, con l’aiuto di complici, vengono ricongiunti a persone che non vedevano da tanto tempo.
L’autenticità del prodotto risulta coinvolgente, che ospite sia una persona qualunque o un grande personaggio come Adriano Celentano, Madonna, Britney Spears e Robbie Williams. Lo show abbatte record su record, gli viene anche affidata la missione di risollevare le sorti del concorso della Lotteria Italia e ci riesce con successo diventando “Carramba! Che fortuna”.
A quel punto non resta che il Festival di Sanremo, la consacrazione definitiva di una carriera, ma lei rifiuta l’edizione del 1997 (condotta poi da Mike Bongiorno e Valeria Marini), per concentrarsi su quella del 2000, la 51esima, che presenta assieme ad una squadra composta da Piero Chiambretti, Enrico Papi, Megan Gale e Massimo Ceccherini. Forse fu proprio la squadra a tradirla, perché i risultati furono catastrofici e le critiche molteplici; probabilmente l’unico passo falso in una carriera pressoché perfetta.
Torna in tv nel 2004 con due progetti: il primo è “Sogni”, una sorta di versione rivisitata di “Carramba”, il secondo è “Amore”, replica di un esperimento riuscito in TVE (“Contigo”), dedicato alle adozioni a distanza, un tema a lei molto caro. A questo punto la carriera della Carrà si divide quasi equamente tra Italia e Spagna, scontrandosi comunque con un periodo storico in cui la tv stava cambiando, piegata in due dai reality. Il rilancio viene provato e sfiorato nel 2013 come coach al talent musicale “The Voice Of Italy”, posto che abbandonerà tre stagioni dopo.
Di particolare interesse invece la striscia quotidiana affidatele dalla RAI nel 2019 dal titolo “A raccontare comincia tu”, una serie di interviste a personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport che si aprivano totalmente a colloquio con la Carrà, perché l’impressione da fuori, è che alla Carrà nessuno potesse dire di no, raro esempio nella televisione italiana, di cortesia si, ma anche di audacia e simpatia.