AGI - "È necessaria una misura di reddito di continuità per i 100 mila precari dell’arte della cultura e dello spettacolo". È questo l’appello al governo lanciato dal maestro Alberto Veronesi che ha organizzato in piazza della Scala, davanti al tempio della lirica, una simbolica rappresentazione della Bohème di Giacomo Puccini, con cantanti legati a delle corde, che li imprigionano e gli impediscono di andare lontano.
In piazza per dare visibilità agli invisibili
Per sensibilizzare le istituzioni sulla difficile situazione in cui versa il settore, tra i più penalizzati dalle restrizioni anti Covid, il maestro ha eseguito al pianoforte, con il Piermarini sullo sfondo, il finale del primo atto della Bohème, tra gli applausi dei passanti incuriositi. “Speriamo – ha detto - che di fronte a questo teatro che è simbolo della cultura nel mondo si comincino a spezzare queste catene”. “Abbiamo voluto dare visibiltà a degli invisibili ha detto Veronesi, motivando la scelta di suonare in piazza.
Dai tempi della Bohème per gli artisti non è cambiato nulla
L'opera scelta non è casuale. “È ambientata nel 1830, e parla di due persone, un poeta e una sarta che sono poveri e indigenti seppure pieni di arte e passione. Ecco, da allora non è cambiato nulla per gli artisti e per i lavoratori della cultura, dello spettacolo”. Qui, grazie alla voce delle due soprano, Maria De Marchi e Marina Nachkebiga e del tenore ucraino Vitaliy Kovalchuk “sono rappresentati con delle corde, incapaci di poter essere liberi in una società che non li considera. Tanto che alla fine il canto viene ‘strozzato’ da queste corde”.
Per Veronesi è necessario sostenere la cultura non solo per salvaguardare la professionalità degli artisti ma per il bene di tutta la collettività: “bisogna sostenerli per diffondere la cultura e dare risposte a un’altra grande tragedia italiana che è l’analfabetismo di massa: abbiamo un 90% di italiani che non sono mai entrati a un concerto, un 60% che non ha mai letto un libro, un 75% che non è mai entrato in un museo, un sito archeologico”.
Il mediatore culturale, nasce il 'culturator'
“La crisi e la sua esasperazione devono aprire a un nuovo patto tra lavoratori e impresa per condurre e condividere la scommessa della ripartenza, sui fronti della sostenibilità, della concorrenza, della qualità, della esecuzione e delle scelte artistiche. E’ necessario mettere mano ai contratti collettivi e prevedere la possibilità dei lavoratori alla partecipazione alla direzione economica e artistica dell’impresa”.
“Questi 100 mila lavoratori dello spettacolo potranno essere non dei ‘navigator’ ma dei ‘culturator’ per dare una scossa alla cultura italiana, per portare la musica, l’arte e lo spettacolo, ma anche la scienza e le materie tecniche a una popolazione che ne è digiuna”.