AGI - Quando è stato annunciato il nome di Hell Raton come nuovo giudice di X-Factor sono in molti quelli ad aver aggrottato la fronte in cerca di risposte, perché di Hell Raton il pubblico mainstream non aveva mai sentito parlare. Eppure si è rivelata la scelta più intelligente presa negli ultimi anni da Sky e Fremantle, la società che produce lo show, e non solo perché Manuel Zappadu, così esce all’anagrafe il classe 1990, ha un viso particolarmente funzionante davanti ad una telecamera e un personaggio molto interessante da raccontare all’interno di una liturgia del programma che cominciava ad arrugginire, ma anche perché si tratta di una figura molto centrale in un ambiente, l’hip hop che negli ultimi anni, come sappiamo, si è letteralmente divorato il mercato musicale.
Hell Raton da settimane è primo in classifica, magari non molti lo sanno perché i nomi che appaiono poi sono quelli di Coez, Mara Sattei, tha Supreme, Lazza, Dani Faiv e altri giovani fenomeni della scena, ma dietro c’è una squadra, una santa trinità completata da Salmo e Dj Slait (al suo fianco in questa avventura televisiva) che prende il nome di Machete Crew, quella, per dire, che sta dietro al Machete Mixtape del 2019, saga rap in quattro capitoli (finora) che ha frantumato ogni record di numeri.
Questo è Hell Raton, un tecnico della musica, né più e né meno di quello che era Mara Maionchi, nemmeno lei volto popolare quando si è accomodata sulla poltrona di X-Factor la prima volta ma che poi ne è diventato uno dei volti più rappresentativi e amati. Hell Raton nasce in Sardegna, cresce a Quito, capitale dell’Ecuador, paese d’origine della madre, poi si trasferisce a Londra, lavora come cameriere e cova la passione per la musica, nel 2010 l’incontro con Salmo che evidentemente ne nota il talento e lo prende sotto la sua ala, due anni dopo nasce la Machete Empire Records, label indipendente della quale è nominato direttore creativo che riunisce il meglio di una scena che comincia prepotentemente ad uscire dalla zona d’ombra in maniera anche piuttosto esplosiva.
Ed è così che arriva la chiamata di X-Factor, che con la sua presenza rende finalmente ufficiale, tangibile, ad ogni livello la serietà del lavoro che si cela dietro l’universo hip hop italiano, ben più di una serie di rumori e rime messe insieme da giovinastri tatuati e cafoni, ma veri musicisti che sono riusciti a tirare per le orecchie l’Italia verso il futuro, si, ma anche indietro al nostro miglior passato, quello cantautorale, quella famosa scuola composta da artisti che avevano cose da dire ancor prima di autografi da firmare. Un passato che, se vogliamo recuperare, è in quel calderone che deve affondare le mani, dopo anni di musica leggera che è rimasta troppo leggera e una scena indie che di quel cantautorato in questo momento, salvo rari casi, rappresenta giusto il Bignami.
Cosa ti ha spinto ad accettare questo ruolo?
“Da un po’ di tempo è nata in me la necessità di spiegare il mio ruolo, stare dietro le quinte ha i suoi pro e i suoi contro, la mia fortuna è che ho sempre lavorato con il mio team, quindi non avevo bisogno giustificare la mia non presenza (sono una smart worker già da tempi non sospetti), però giustamente i miei fan che non mi vedevano attivo musicalmente, non riuscivano a capire tutto il lavoro che c’era dietro il sipario. Per essere più presente e stare a stretto contattato con i fans da un anno a questa parte ho iniziato a streammare su Twitch, una piattaforma che mi permette di trasmette con una piccola regia me mentre gioco, ma non solo, anche mentre lavoro. Mi è capitato più volte di lavorare a dei progetti grafici in diretta live mentre chiacchieravo con la chat, poi è arrivata la chiamata di X Factor e il cerchio si è chiuso, la mia necessità si è colmata”
Prima di entrare a far parte del meccanismo, e magari renderti conto di certe dinamiche che da fuori appaiono diverse, in tutta onestà, qual era la tua opinione riguardo i talent musicali?
“Sincero sincero, quando i talent ebbero un boom in Italia io ero alle prese con l’industria musicale e volevo diventare un discografico, un Manuelito alle prime armi. Pensavo solo alla mia label, poi ci siamo affermati e ho iniziato a guardarmi attorno, lì ho capito che i talent facevano il lavoro di un produttore discografico e che l’esposizione televisiva dava la possibilità di ottenere risultati in un tempo più compresso. Da quel momento sono diventato fan dei talent, in particolare di X Factor, ho visto anche la versione UK. Quando parlo delle vecchie edizioni, anche la produzione stessa rimane sorpresa perché io ho studiato questo programma con gli occhi di un bambino che vuole imparare e mangiarsi il palcoscenico”
Come viene visto nel tuo ambiente un rapper che prova la strada dei talent?
“Dipende dalla credibilità del rapper, ma questo è un tabù che è stato già sdoganato da un po’ di tempo a questa parte, io spero che in futuro nasca un talent come in America dedicato solo a questo genere”.
La tua presenza, ancor più di quelle di Fedez e Sfera Ebbasta (entrambi con evidenti connotazioni pop già di base) sdogana definitivamente l'urban in quello che è l’ambiente più pop e mainstream della musica: il talent televisivo.
“Per me l’ambiente più pop e mainstream della musica è il cinema: già dai primi anni ‘80 quando Spike Lee ha portato questa cultura nelle sale cinematografiche si è percepito che le cose sarebbero cambiate, noi siamo la conseguenza di tutto ciò con il deelay all’italiana”
Tutti gli anni una delle frasi che sentiamo più spesso durante la trasmissione è “tu hai sicuramente un futuro fuori da qui”, in realtà poi, anche ragionevolmente, non è così. Quest’anno dietro la scrivania ci sei tu che, come hai detto in conferenza stampa, a differenza degli altri giudici, fai questo per lavoro. Ora, a prescindere dalla gara e dalle tue ragazze, è vero? Hai sentito qualcuno, anche che non è entrato, che avrebbe delle serie possibilità nel mondo della discografia?
“Si io seguo il programma da almeno 7 anni a questa parte (mi sarò perso solo le prime edizioni) e in termini di qualità ho notato che ogni anno l’asticella sale sempre di più. Io ti posso confermare che su 12 concorrenti 8 hanno possibilità nel mercato discografico e 3 sono le mie”
Mi lasci un aggettivo per ognuno degli altri giudici?
“No comment, No comment, No Comment e voglio bene a tutti e tre”
Tu, magari anche per arrivare più preparato, ti sei informato sui rapper che hanno partecipato a X Factor nelle precedenti edizioni? Dopo un iniziale boom, esattamente come successo alla stragrande maggioranza dei concorrenti, sono quasi tutti spariti, anche quando particolarmente in gamba…insomma, X Factor in questo senso non porta molta fortuna, no?
“Dei propri fallimenti si tende a colpevolizzare sempre gli altri, io se avessi partecipato da rapper a questo talent avrei sfruttato il trampolino di lancio al meglio per non aver pentimenti dopo”
Hai ricevuto feedback dalla tua crew? Magari qualche segnalazione particolare su qualche concorrente?
“Ho iniziato il percorso a X Factor affiancato dai veterani della mia crew. Più che segnalazioni da parte loro, sono stato io a evidenziare al resto del gruppo, visto che ero presente a Roma, i talenti che partecipavano quest’anno a X Factor. In particolare mi piace avere i feedback dai più giovani, hanno la stessa grinta di noi 10 anni fa”
Tu hai lavorato con tha Supreme, che è un ragazzo molto giovane, esattamente come se ne sono presentati tanti quest’anno, ma secondo te qual è la differenza tra chi ha bisogno di un talent per emergere e chi viene notato per le proprie capacità così evidenti, come nel caso di tha Supreme?
“Noi dalla nostra parte, oltre a un nostro gusto musicale e tanta gavetta alle spalle, abbiamo l’intuito che io considero un dono che non mi ha mai fregato. La differenza vera dietro un’artista che vuole emergere e uno già affermato sta nella squadra che c’è dietro”
Hai tirato dentro la tua esperienza anche Slait, come mai hai scelto lui non c’è bisogno di chiederlo essendo un personaggio illuminato della scena, ma state parlando del vostro lavoro dentro? Ha un concorrente che lo ha particolarmente colpito?
“Slait è un pilastro fondamentale di questa scena e non solo, lo è pure per me, non faccio nulla senza confrontarmi con lui. Dietro al linguaggio che sto portando ad X Factor c’è anche la sua firma”
Cosa fa la differenza nella carriera di un rapper? Cos’è che fa la differenza tra il farcela e il non farcela? Qual è lo specifico X Factor del rap?
“Sembrerò ridondante ma è la credibilità perché da lì scaturisce l’attitudine, è così che costruisci uno stile di vita vero che non si nasconde dietro a un personaggio. I progetti studiati a tavolino molto spesso vengono mangiati dal proprio ego se non si è veri fino in fondo”
Secondo te come mai il rap è arrivato a occupare questo ruolo nella discografia attuale?
“Perché il rap è una disciplina dell’hip hop: una cultura che ha influenzato moda, sport e cinema, anzi per quanto mi riguarda ci siamo arrivati molto tardi a occupare le classifiche, abbiamo ripreso in corsa”
Tu da sempre sei impegnato in operazioni benefiche, in questo senso immagino avrai trovato una sponda significativa in X-Factor e più in generale Sky che da sempre è particolarmente attenta a questi temi…
“Si, è una promessa che ho fatto alla Crew tanto tempo fa e nonostante, tutte le difficoltà che può avere un brand self made come Machete, quando possiamo dare una mano lo facciamo senza girarci attorno”
Sei stato anche artefice di Machete Aid on Twitch.tv per raccogliere fondi a supporto del settore musicale italiano, come vedi la situazione e come giudichi le scelte del governo in tema di cultura?
“È un momento storico e difficile per tutti, dobbiamo essere molto prudenti e adattarci velocemente. Non mi piace giudicare le scelte del governo perché non vorrei trovarmi al posto loro in questo momento d’emergenza. Spero solo che ci diano le risorse per reagire a questa emergenza”