AGI - Se ne va uno dei grandissimi del teatro italiano, Gigi Proietti, icona dell'umorismo, cuore di Roma, figlio di una nazione che oggi più che mai avrebbe bisogno d'ironia. Lo stesso sorriso beffardo che il destino ha gettato come i dadi sul calendario, l'entrata e l'uscita dalla vita: Gigi Proietti è morto il 2 novembre, il giorno del suo ottantesimo compleanno.
"Che dobbiamo fa'", diceva Proietti prendendosi gioco di se stesso, come sa fare ogni grande persona, "la data è quella che è". Proietti era ricoverato in una clinica romana in gravi condizioni, problemi cardiaci per una vita da cuore matto.
Proietti insieme a Alberto Sordi - e a una piccola galleria di altre figure storiche del cinema e del teatro - ha rappresentato il carattere italiano, il suo splendore, la sua miseria. Nato in via Giulia nel 1940, dove splende l'anima della Capitale, Proietti con la famiglia fa lo zingaro in città, vive in diversi quartieri, al Colosseo, al Tufello, all'Alberone. Dove c'è il popolo, cresce Proietti, nasce il suo talento.
All'oratorio rivela il suo primo istinto da istrione, il teatro Proietti lo scoprirà all'Università. Dopo il liceo classico si iscrive a Giurisprudenza, sostiene un po' di esami, ma con quella faccia e quel sorriso era un pre-destinato e dunque, racconta "non vi preoccupate, non mi sono laureato".
La carriera artistica di Proietti comincia negli anni Sessanta, la sua figura è legata al titoli che fanno parte della storia del teatro e del cinema e poi della televisione. Negli anni Settanta calca la scena accanto a Renato Rascel in un musical firmato dai maestri Garinei e Giovannini. Da allora è l'uomo macchina di successi come "Caro Petrolini", "Cyrano", "I sette re di Roma".
Indimenticabile la sua interpretazione di Nerone. Al cinema, nell'ippodromo di "Febbre da cavallo" e de "La Mandrakata" accende, con un altro interprete della comicita' romana, Enrico Montesano, un altro faro sul carattere del paese, i suoi azzardi, i suoi vizi, frizzi e lazzi. Tutto sull'impronta di Steno e dei Vanzina, veri studiosi dell'antropologia di un paese mai cresciuto fino in fondo.
Proietti fu un mattatore totale, fu attore, cantante, ballerino, regista, barzellettiere, cuoco e cameriere di se stesso, one man show al servizio di un solo padrone, il suo pubblico.
La carriera
Artista geniale, istrionico, poliedrico. Gigi Poietti oggi, 2 novembre, avrebbe compiuto 80 anni, dei quali ne ha passati più di 55 passati sui palcoscenici di tutta Italia. Una vita da 'Mandrake'. Non solo il suo indimenticabile personaggio nel film "Febbre da cavallo", ma prima ancora (e forse soprattutto) il mattatore in frac, panciotto rosso e cilindro del classico teatrale "A me gli occhi please".
Attore sopraffino, regista e cantante, Proietti inizia a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo gia' quattordici anni quando viene scritturato come comparsa nel film 'Il nostro campione', diretto nel 1955 da Vittorio Duse, per poi interpretare un altro piccolo cameo in 'Se permettete parliamo di donne' di Ettore Scola nel 1964. Tuttavia è nel 1966 che debutta contemporaneamente sul grande e piccolo schermo.
In ogni caso il suo primo ruolo, per una curiosa coincidenza, è quello di un maresciallo dei carabinieri, lo stesso che trent'anni dopo lo porta alla grande notorietà con 'Il Maresciallo Rocca'.
Icona del teatro e dello spettacolo italiano, Proietti in un'intervista rivela di non essere stato inizialmente interessato al mondo del teatro: "Assolutamente no! A teatro non c'ero mai stato e poi non ero figlio di attori". Iscrittosi per caso al Centro Teatro Ateneo, studia con personaggi di spicco come Arnoldo Foà, Giulietta Masina e Giancarlo Sbragia.
Da li' la scalata verso il successo teatrale che arriva per la prima volta nel 1970 quando viene chiamato a sostituire Domenico Modugno, nella parte di Ademar nella commedia musicale di Garinei e Giovannini 'Alleluja brava gente'. Negli anni '70 arrivano anche i ruoli da protagonista nei film 'Gli ordini sono ordini' (1970), 'Meo Patacca' (1972), 'Conviene far bene l'amore' (1975), 'Languidi baci, perfide carezze' (1976). L'artista romano passa con incredibile disinvoltura dalla commedia, al ruolo impegnato, dal dramma erotico al film grottesco, quindi partecipa a film di Bolognini, Monicelli, Petri e Magni.
Sbarca anche oltreoceano e recita in alcune pellicole dirette da registi di prestigio come Sydney Lumet, Robert Altman e Ted Kotcheff, ma la grande consacrazione cinematografica arriva nel 1976 con il cult 'Febbre da cavallo' di Stefano Vanzina in arte Steno, nel quale Proietti veste i panni dello sfortunato scommettitore Bruno Fioretti, detto Mandrake. Nel cast anche Enrico Montesano.
Alla radio riscontrò un notevole successo nella celeberrima trasmissione 'Gran varietà', dove partecipa durante le stagioni 1973-1974 interpretando il personaggio di Avogadro il ladro (insieme con il suo complice Cicerone progetta furti che non vanno mai in porto) e in quella del 1975-1976, dove e' un irresistibile conquistatore femminile che a parole (e con tre ipotesi) è infallibile, e alla prova dei fatti accumula continui disastri, ma non si abbatte mai, come canta inesorabile accompagnandosi alla chitarra alla fine dei suoi sketch.
Personaggio tra i più azzeccati della sua carriera, lancia un tormentone di successo ('Invidiosi!') destinato a rimanere nel ricordo.
Due anni dopo, nel 1978, assume insieme a Sandro Merli la direzione artistica del Teatro Brancaccio di Roma, creando un suo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche per i giovani attori che segnera' l'esordio di tanti futuri volti del mondo dello spettacolo, tra cui Flavio Insinna, Giorgio Tirabassi,
Enrico Brignano e Gabriele Cirilli. In quegli anni inizia anche a cimentarsi con successo nel campo del doppiaggio e nel 1976 presta la voce in 'Rocky' all'esordiente Sylvester Stallone.
Il successo riscosso negli anni al cinema, in teatro e in tv raggiunge l'apoteosi nel 1996 con la serie televisiva 'Il maresciallo Rocca'. La serie conquista subito i favori del pubblico fino a superare agevolmente i dieci milioni di telespettatori a sera; l'ultima puntata del 12 marzo 1996 registra il record di quasi 16 milioni di spettatori permettendogli di vincere il Premio tv come personaggio maschile dell'anno. Nel 2002 il ritorno al cinema con il sequel 'Febbre da cavallo - La mandrakata', diretto dal figlio di Steno, Carlo Vanzina.