AGI - Il 17 settembre debutterà nelle sale 'La piazza della mia città - Bologna e Lo Stato Sociale', documentario diretto da Paolo Santamaria che, partendo dal concerto della band bolognese a Piazza Maggiore nel giugno del 2018, racconta Bologna e il concetto stesso di piazza.
"Facevamo il nostro sul palco, che poi è stato usato come pretesto per costruire una storia più ampia" a presentarlo così ad AGI è Alberto Cazzola, uno dei membri della band che attorno ad un evento che ha cambiato un po' la propria storia ha visto nascere una narrazione più ampia della città alla quale i cinque ragazzi sono molto legati.
"Il nostro manager di Garrincha Dischi - ricorda Cazzola - ha pensato di riprendere tutto il concerto per fare un documentario rock sull'evento. Dopodiché, dopo aver coinvolto il regista Paolo Santamaria, con il quale collaboravamo già da un po', è venuta fuori l'idea di ampliare il documentario, di utilizzare il concerto come pretesto per raccontare la piazza e anche Bologna. Così sono venuti tutti gli ospiti e le interviste, per cercare di dipingere un quadro della piazza di Bologna come centro della vita cittadina".
Un ricco carnet di artisti anagraficamente variegato che hanno deciso di partecipare con la propria testimonianza: da Gianni Morandi a Luca Carboni, da Matilda De Angelis a Luis Sal. Ed è proprio tramite questi ricordi che anche i ragazzi de Lo Stato Sociale sono riusciti a scoprire qualcosa in più della loro città.
"Si, però molte cose sono censurabili - commenta ridendo Alberto Cazzola - è chiaro che abbiamo notato una certa somiglianza nell'approccio umano, che ci ha confermato quel tipo di convivialità tipica di Bologna, quell'atmosfera che si crea nel raccontarsi certe cose e la voglia di condividere sempre"; specie quando a raccontare e condividere sono artisti che hanno vissuto in prima persona e da protagonisti un periodo particolarmente fervido della storia della città.
"Si, era un periodo vivo, più di quanto lo è adesso probabilmente, anche se poi sono cose cicliche, che vanno e vengono, però si, il fermento degli anni '70 e '80 aveva molta molta base creativa ma anche un riscontro violento in altri casi. Ora invece c'è molto più benessere, si sta molto meglio, e anche l'arte ne subisce le conseguenze, diventando un po' più normale, ma noi siamo sostenitori del fatto che la storia migliori e non peggiori la condizione di vita dell'uomo, siamo progressisti fino al midollo".
Bologna è una città che è stata posta totalmente al centro dell'immaginario creativo dell'opera de Lo Stato Sociale, "Una città viva che non imprigiona e protegge. Ed è un crocevia culturale, vuoi per l'università, per la posizione geografica, è un posto che attira le creatività"; una città che verrà raccontata attraverso un concerto che ha riempito Piazza Maggiore, un vento paradossalmente al momento letteralmente irripetibile.
"Viviamo con difficoltà questo momento contrario ai nostri principi, ma ci dobbiamo adeguare. Questo documentario, anche se è stato girato due anni fa, possiamo dire che racconta un tempo che non c'è più dal punto di vista dei concerti, ma ho speranza che si tornerà, non è una previsione ovviamente. Spero che sia una testimonianza di com'era, di come non è adesso ma di come tornerà ad essere".