“Oltre allo schema del mio programma, l’emergenza coronavirus mi sta spingendo a cambiare l'approccio alla professione e a ricentrarmi sul suo senso più profondo. Ho la sensazione di avere un servizio da fare e, soprattutto, che sia finito il tempo delle chiacchiere e dei teatrini nei talk show”. Myrta Merlino, conduttrice de L’aria che tira il talk politico ed economico quotidiano della mattina de La 7, racconta all’Agi come sono cambiate le due ore e mezza del suo programma in diretta dalla 11, e come è cambiata lei da quando, con l’emergenza coronavirus, si è trovata ad affrontare quello che definisce “il racconto dell’apocalisse”.
E dal punto di vista tecnico-organizzativo, cosa è cambiato a L’aria che tira?
“Ho dovuto prima fare a meno del pubblico, provando un gran senso di solitudine, poi degli ospiti in studio. Viene soltanto, mantenendo sempre la giusta distanza qualche collega amico fidatissimo, tipo Antonello Caporale o Massimo Giannini. Ai politici in studio ho rinunciato perché la loro vita li rende più esposti e vulnerabili, partecipano alla trasmissione in collegamento. Anche il gruppo di lavoro si è assottigliato. Adesso posso contare sul 50 per cento dei colleghi (tecnici, cameraman, autori): la tv è un grande gioco di squadra, ora la mia, dovendo tenere conto delle regole di sicurezza e delle esigenze dei lavoratori si è ridotta ma, in accordo con la rete, abbiamo scelto di rimanere a oltranza”.
E’ complicato?
“Sì è complicato, ma infinitamente meno rispetto a ciò che fanno ogni giorno medici, infermieri e anche le cassiere dei supermercati. A pare qualche sparuto “zainetto” per gli inviati, i collegamenti con gli ospiti e gli esperti sono soprattutto via Skype. Spesso si inceppano, non sono perfetti, ma in questo momento me ne infischio, ogni testimonianza ha il suo valore. A partire da quelle che alimentano la mia nuova rubrica “Dillo a Myrta”.
Racconti.
“Per raccogliere racconti, storie, video, foto ed emozioni in tutta Italia, ho dato vita a un indirizzo mail (dilloamyrta@la7.it) che è diventata in fretta un canale aperto con i telespettatori. Ci ho pensato perché sento che c’è molta voglia di parlare, di condividere, di tenerci uniti e vicini, insomma. Dopo pochi minuti del via all’indirizzo mail ne erano arrivate 400 , in una settimana erano 30 mila. Dentro c’è un po’ di tutto, la ragazza che si laurea a casa via Skype, l’ostetrica che racconta come infonde coraggio a chi mette al mondo un figlio in questo momento, senza partner in sala parto. Molte storie che scelgo di approfondire in studio arrivano da lì”.
Tra le difficoltà con cui si misurano i conduttori in questa tv della pandemia, non ultima c’è quella di trovare i toni giusti per raccontare tragedie pubbliche e private…
“Mi sono data la regola di pormi in diretta esattamente come mi sente sul momento: trasmetto la mia commozione (mi è successo davanti alla disperazione degli imprenditori che hanno perso tutto, a quella dei parenti che non hanno potuto abbracciare i loro cari morti in ospedale e anche davanti alla tristezza dei nonni separati dai nipotini), le mie emozioni e se c’è anche la mia allegria”.
Come affronta lo tsunami di fake news sul coronavirus?
“Altro imperativo-guida dell’”Aria che tira” ai tempi del coronavirus è la chiarezza. Lavoriamo sui messaggi utili, ad esempio con il poliziotto che spiega i divieti o con l’esperto che smaschera le fake news: la gente ha bisogno di capire cosa è vero e cosa è falso, hanno il desiderio di approfondire, non solo per capire bene il virus ma per riappropriarsi del senso critico”.
Quando si tornerà alla tv della normalità, all’Aria che tira cosa resterà di questa esperienza?
“La fuffa e le polemiche inutili con mi interessano più, punto a conservare il senso di solidarietà che stiamo riscoprendo anche nel mio studio. Dal punto di vista tecnico invece, sono intenzionata anche nel futuro a tenere qualche collegamento via Skype, perché mi piace questa tv un po’ on the road, sporca, è un linguaggio televisivo che funziona”.
Come sta vivendo questo momento nel privato?
“L'unico lato positivo di questa emergenza sanitaria è il poter stare un po’ di più a casa con i miei tre figli i due gemelli di 23 rientrati dall’estero e l’altra di 18. Spesso cucinano loro, si respira un senso di famiglia. Marco (il suo partner Tardelli, ex calciatore della nazionale ndr) non vive come me e con la limitazione agli spostamenti ci vediamo ovviamente meno. Ma faccio mio il detto di mia nonna, sicura che “Quando i sentimenti sono forti la lontananza li fa crescere”. Ci stiamo tutti abituando a una vita diversa, credo che, come dice il Papa dobbiamo impegnarci per usare bene questo tempo”.