S e il coronavirus ci costringe a restare a casa, non è detto che tutto ciò debba necessariamente diventare un incubo. Restare a casa potrebbe anche essere una buona occasione per rilassarsi dalla vita frenetica e recuperare un buon film, o libro, o disco o appassionarci a quella serie tv della quale abbiamo sentito parlare così tanto ma che non abbiamo ancora avuto il tempo di guardare.
Se, com’è giusto che sia, restiamo in pena per chi in questo momento sta soffrendo e lottando anche per noi, contro questo brutto virus, rilassare la mente, nutrirla con una buona dose di cultura, non può che far bene. Questa, ad esempio, è una piccola guida di sopravvivenza domestica. Un film, un libro, un disco e una serie tv. Tenteremo di proporvi titoli alternativi, “minori”, proprio per provare a regalarvi il piacere della scoperta.
Il Film: “Santa Maradona”
Un piccolo cult. Andrea e Bart, rispettivamente Stefano Accorsi e Libero De Rienzo, condividono un appartamento in una Torino mai inquadrata con tale fascino dal talentuoso Marco Ponti. Portano avanti la propria vita galleggiando, dribblando gli impegni, la ricerca di un lavoro stabile e cullandosi sulle proprie discussioni di stampo vagamente tarantiniano. Poi però Andrea conosce Dolores (una splendida Anita Caprioli) ed è costretto a cambiare rotta. Il ping pong tra commedia intellettuale, specie per la sceneggiatura, firmata sempre da Ponti, e il grido di aiuto di una generazione di looser, risulta altamente intrigante e coinvolgente.
Il libro: “Come diventare buoni”
Un'opera fondamentale nella carriera di Nick Hornby, un po' perché l’ultimo romanzo dello scrittore inglese ai livelli dei piccoli capolavori “Alta fedeltà”, “Febbre a 90” e “Un ragazzo”, un po' perché è la prima delle sue storie dove protagonista è una donna, e la cosa, per chi conosce la narrativa di Hornby, che più di tutti nei suoi romanzi ha raccontato le divertenti controversie dell’animo del maschio, tra musica, calcio e paura per la propria evidente invalidità sentimentale, non è una così irrilevante.
Katie è un medico, ha un marito e due bambini, il suo status la convince del fatto di essere una brava persona, specie in confronto a Dave, l’uomo con la quale ha creato una famiglia, perennemente arrabbiato col mondo. Ma poi un giorno Dave, dopo l’incontro con una sorta di santone, ribalta la propria vita e tutte le certezze di Kate, finiscono per crollare. È un libro divertente, in puro stile Hornby, che ti costringe alla riflessione sulla relatività del concetto di giusto e sbagliato, di buono e cattivo.
Il disco: "Un paese ci vuole"
Nel 2015 l’Italia, soffocata dai talent musicali che sfornano a profusione artisti usa e getta, scopre l’indie. Molti all’inizio lo identificano addirittura come un genere e hanno torto fino ad un certo punto se ammettiamo che un genere musicale si chiama genere perché rispetta certe caratteristiche. I cantautori indie hanno uno stile di scrittura del tutto innovativo, incespicano nelle intonazioni, i dischi sono prodotti in maniera goffa, portano avanti insomma un nuovo stile del tutto imperfetto.
Mentre si odono i primi echi della rivoluzione che sarà, esce “Un paese ci vuole” di Dimartino, disco che consacra il talento del cantautore palermitano che si era già fatto un nome con il precedente “Sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile”. Dimartino si conferma cantautore di rara poesia, non è un caso che già da anni moltissimi big della musica italiana si rivolgano a lui per i testi, questo perché la sua scrittura è visionaria, eterea, e al tempo stesso solida e strutturata.
Degne di note, in particolare, sono “Come una guerra a primavera”, “Niente da dichiarare”, “L’isola che c’è”. Ma anche i duetti magnifici con Francesco Bianconi in “Una storia di mare” e con Crisinta Donà per la meravigliosa “I calendari”; ma soprattutto per “Case stregate”, forse una delle più belle canzoni scritte nella nostra lingua.
La Serie TV: “Il metodo Kominsky”
Ripropone un Michael Douglas che così in forma non lo si vedeva da “Traffic” e “Wonder Boys”, e parliamo del 2000, quindi vent’anni fa. Interpreta Sandy Kominsky, un attore con un glorioso passato nella old Hollywood che in tempi bui si è riciclato come coach e insegnante di recitazione. Sorretto da uno strepitoso Alan Arkin, che interpreta il suo agente e migliore amico, Douglas mette su dialoghi di una sagacia e di un cinismo che fanno il giro e diventano quasi poetici.
Quello di Sandy Kominsky è certamente uno dei personaggi più romantici scritti per la tv degli ultimi anni. La serie è divertente e amara, il black umor nei confronti di argomenti “pesanti” come la vecchiaia, le malattie e, naturalmente, la morte, viene controbilanciata da una satira impietosa ed esilarante nei confronti del meccanismo che regola la Hollywood contemporanea.