Squilla il telefono. «Pronto mammà, ma che te sei scordata qualcosa sulla tomba de’ nonno? Ah, l’ombrello? Lo sai che s’arabbia se je famo disordine attorno...» Franca Valeri è sintetizzabile in questa battuta: ironica, caustica, sintetica, leggerissima quanto profonda. Talmente intelligente da spiegare, in un’intervista ad una emittente cattolica, cose sulla vecchiaia che a sentirle sembrano una lettura da Papa Francesco. Con cui lei invece si è messa a polemizzare, tempo fa, per via della Legge Cirinnà.
Un tipo complesso, perché complessa è la vita di chi arriva ai 98 anni e le ha viste tutte: leggi razziali (il papà era ebreo), guerra, ricostruzione, boom economico. Il teatro milanese, la televisione romana: macchiette e sceneggiati, grandi classici e Alberto Sordi. Totò e Giovanni Testori. Miscela di alto e basso, miseria e nobiltà, Cultura e pop ante litteram.
Una borghese piccola piccola
Non a caso insieme ad Alberto Sordi interpreta in un piccolo (o misconosciuto) capolavoro di Mario Monicelli, “Un eroe dei nostri tempi”, che certifica la trasformazione del suo partner nel personaggio che gli resterà appiccicato addosso tutta la vita (Sordi non ne sarà per niente dispiaciuto). Lui cialtrone e casinista, un arrampicatore, un arruffone; lei un misto di ingenuità, concreta voglia di tirare avanti e sogni rincorsi dal passato. Un Paese che si risveglia negli anni ’50, magari leggendo la “Piccola Posta” in fondo a un settimanale femminile.
Con Sordi la si ricorda in un altro must della commedia all’Italiana: “Il vedovo”. Lui sempre uguale a se stesso, lei più se stessa di prima: milanese, borghese, poco cortese (“Che fai, Cretinetti?”). Una fortunata variante della sua Signorina Snob meneghina, che questa volta ha preso marito e immancabilmente ha preso quello sbagliato.
No, non recita in romanesco, Franca Valeri, perché in fondo resta troppo colta e troppo milanese per fare concorrenza ad Anna Magnani. Eppure alla radio e alla tv sfonda anche con la Sora Cecioni, splendida sintesi di romanità indolente e superficiale, la cui visuale sul mondo si ferma ad un rapporto soffocantemente restrittivo con una madre dalle caratteristiche della divinità: invisibile ed immanente.
Dove si posa la felicità
Da qualche anno Franca Valeri non recita più, e gliene dispiace. Pare che la vista si sia parecchio indebolita, e lei non scrive più le sue sceneggiature: le detta. Perché la testa è stata allenata fin dalla più giovane età alla lettura di Proust come di Manzoni. Ma non ci si stupirebbe di scoprire anche di testi che di sacro hanno ben poco, ma in compenso sono ben più vicini al comune sentire della gente comune: se vuoi farti capire devi prima capire tu gli altri. Anche Fermi faceva le parole crociate.
Non stupisca allora se, dopo il teatro d’avanguardia interpretato a Parigi negli anni ’50, nel 1973 ci sia una comparsata in “Ultimo tango a Zagarolo” e roba di questo tipo. In fondo, che male c’è? Il mondo come volontà (la sua, di affermarsi) e rappresentazione (teatrale, televisiva, radiofonica): ecco Franca Valeri, Che allo scoccare dei 98 anni si guarda attorno e dice: “Non c’è modo di sapere dove si posi, la felicità. Io ormai la trovo soprattutto nei libri perché persino Manzoni conosce l’ironia. La risata poi è misteriosa. Anche perché in fondo poche cose fanno ridere davvero”.