Q uando è stata annunciata la line-up sono stati tanti quelli che hanno storto il naso alla lettura di certi nomi. Il quesito era sempre lo stesso: non c’è troppo poco rock per un Rock In Roma? E allora via all’amarcord, ovunque in rete sono state postate testimonianze del Rock In Roma che fu, quando su quel palco suonavano personaggi del calibro di Sean Paul, Peter Gabriel, Jamiroquai, Anastacia, Massive Attack, Placebo, Steve Vai, Robert Plant, Duran Duran, The Cranberries, ZZ Top, Korn, Dream Theater, Chemical Brothers, Jack Johnson, Moby, Cypress Hill, Snoop Dogg, The Cure, Lenny Kravitz, Radiohead, Green Day, Iggy Pop, Arctic Monkeys, Bruce Springsteen, The Smashing Pumpkins, Mark Knopfler, Blur, Deep Purple, The Rolling Stones, Arcade Fire, Metallica, The Black Keys, Paolo Nutini, Mumford & Sons, Noel Gallagher, The Muse, David Gilmour, Red Hot Chili Peppers e Marylin Manson.
Nell’edizione di quest’anno, sulla carta, i nomi erano inferiori ma, soprattutto, ritenuti, come già detto, troppo poco rock. In realtà le risposte a queste domande, veri e propri “J’accuse!” anche piuttosto violenti alle volte, sono arrivati ben prima che gli haters potessero scatenarsi (tanto poi si sono scatenati lo stesso): il “Rock” di Rock In Roma, secondo i fondatori del Festival Maxmiliano Bucci e Sergio Giuliani, non si riferisce esattamente al genere musicale, ma “Per rock intendiamo tutta la musica”.
Una scommessa, su questo non c’è dubbio, che andava decisamente incontro ad un pubblico certamente più giovane e vasto, che però oggi, giunti quasi alla fine del festival, quando già è possibile cominciare a tirare le somme, non si può definire che vinta.
Prima di tutto è stata premiata l’idea della suddivisione delle location, quest’anno infatti il Rock In Roma si è sparpagliato per la città arrivandosi a stiracchiare fino al Teatro Romano di Ostia Antica e la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica.
Ma è all’Ippodromo delle Capannelle che tra palco principale e il nuovissimo “Red Stage”, allestito in uno spazio più ridotto, il pubblico è accorso più numeroso per gli eventi principali del festival. Le danze sono state aperte dall’evento “Roma Liberata”, che ha riscosso un sorprendente successo considerato che il cantautore partenopeo incappucciato non ha svelato, se non qualche giorno prima, la location del concerto, che non era stato annunciato nel calendario ufficiale del festival.
Se ti do la mia vita in mano giura che poi tu, me la tratti bene bene... .#carlbrave #vita #rock #rockinroma #nottibrave pic.twitter.com/UKMtLtheP2
— Davide⚽ (@DavidePart9810) July 18, 2019
Per lui 25 mila spettatori, il massimo possibile, sold out, come ripeteranno nella stessa location Carl Brave e il portoricano Ozuna. Solo un passetto più indietro Salmo che si è fermato a quota 20 mila regalando però un’esibizione da star pura, “rockstar” in effetti. Importanti anche i numeri riscossi sul palco più “piccolo”, dove a portare pubblico e fare festa c’hanno pensato Capo Plaza, Franco126 e Ketama126. Una formula che anche se poco popolare, ma rispetto solo ad una categoria specifica di ascoltatori, quelli forse un po' più vecchi ed esigenti, costringe ad un ragionamento estremamente più interessante sul panorama musicale italiano.
Il Rock In Roma quest’anno ha soddisfatto qualsiasi tipo di esigenza, compreso il rock (Thirty Seconds To Mars, Skunk Anansie, Nick Mason's Saucerful Of Secrets, solo per citarne alcuni).
L’organizzazione del Rock In Roma ha annunciato di essere già al lavoro per l’edizione 2020. In realtà lo aveva già dichiarato in sede di presentazione di questa undicesima edizione.