R ock in Roma prende parola, lo fa con un video di un minuto e mezzo che dovrebbe essere un teaser, si, ma in realtà altro non è che una risposta a tutti coloro i quali, e sono davvero tanti, hanno commentato la line-up 2019 definendola troppo poco rock per un festival che porta quella parola proprio nel titolo.
Hanno ragione? Se si pensa che questa estate il primo grosso evento di Rock in Roma è il concerto di Calcutta e l’ultimo che andrà a chiudere la rassegna, al Circo Massimo, sono i Thegiornalisti, effettivamente qualche dubbio viene. In realtà ad aprile, quando nella Sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini venne presentato il cartellone, Sergio Giuliani, uno degli organizzatori del RIR, lo aveva preannunciato: “Per rock intendiamo tutta la musica”, ed effettivamente l’offerta è varia, il punto però pare sia un altro.
Rock in Roma è sempre stato un appuntamento fisso per gli amanti di un genere che nel tempo, dalla prima edizione del 2002, ha abituato il pubblico a concerti di un certo tipo e, soprattutto, di un certo spessore. In quell’anno, nel 2002, le serate del RIR erano solo due: una prima con i Banco del Mutuo Soccorso e gli Elettrojoyce e una seconda con Franco Battiato.
Poi negli anni il festival è andato crescendo diventando un vero e proprio colosso, un cartellone che copre due interi mesi, giugno e luglio, offrendo il meglio della musica mondiale, artisti e band del calibro di Sean Paul, Peter Gabriel, Jamiroquai, Anastacia, Massive Attack, Placebo, Steve Vai, Robert Plant, Duran Duran, The Cranberries, ZZ Top, Korn, Dream Theater, Chemical Brothers, Jack Johnson, Moby, Cypress Hill, Snoop Dogg, The Cure, Lenny Kravitz, Radiohead, Green Day, Iggy Pop, Arctic Monkeys, Bruce Springsteen, The Smashing Pumpkins, Mark Knopfler, Blur, Deep Purple, Rolling Stones, Arcade Fire, Metallica, The Black Keys, Paolo Nutini, Mumford & Sons, Noel Gallagher, Muse, David Gilmour, Red Hot Chili Peppers e Marylin Manson. Giusto per fare qualche nome.
Non è poi che non si fosse trovato spazio anche per esibizioni più smaccatamente commerciali, ma l’anima del Rock in Roma, anche quando gli headliner non c’entravano niente col rock, erano comunque nomi di primo piano della scena musicale mondiale. Andando a spulciare la pur varia offerta del 2019 un ascoltatore di bocca buona dovrà accontentarsi giusto dei tedeschi Kraftwerk, e del ritorno dei Thirty Seconds To Mars e Ben Harper.
E il resto? Molto molto indie e rap italiano, come se Rock in Roma fosse una versione più stiracchiata del Concertone del Primo Maggio di Roma (perlomeno delle ultime edizioni), che comunque è tutt’altro genere di manifestazione. “Se c'è un movimento così importante è giusto che noi gli prestiamo la giusta attenzione” disse sempre alla presentazione del cartellone Maxmiliano Bucci, altro fondatore del festival, ma così a quanto pare è troppo e il pubblico non ha affatto gradito.
“Mi spiegate cosa c'entra questo festival col Rock? Non fate la parte delle vittime. Sono 3 anni che avete cambiato stile! Farete più soldi sicuramente, ma siate onesti con voi stessi e togliete la parola rock!” scrive Vincenzo, “Una Line-Up succhia soldi per ragazzini, avete solo seguito la moda del momento e vi siete dimenticati che nel vostro nome c’è la parola Rock” gli fa eco Federico, “Il 90% della line up non è rock. Chiamatelo Music in Roma e vedrete che nessuno vi offende” prosegue Valerio, “Mi fate salire il crimine, rock in Roma de che???” commenta Erika, “è solo una presa in giro” scrive Marco, “Per me è no” risponde Valentina; e questo per citare solo i commenti delle ultime 24 ore consoni ad essere citati in un articolo.
Commenti pesanti, alle volte esagerati, perfino ingiusti, nella programmazione si possono contare infatti concerti di artisti di tutto rispetto: Franco126 ha scritto uno degli album più interessanti della stagione, The Zen Circus quest’anno arrivano ai 25 anni di una luminosa carriera, Salmo ha sfasciato ogni record con il suo piccolo capolavoro “Playlist”, i Subsonica sono indiscutibilmente una delle più importanti realtà musicali del panorama italiano forse di sempre, gli Ex-Otago una band divertente, i Negrita una certezza assoluta, così come i Marlene Kuntz e gli Skunk Anansie, che almeno una volta nella vita, anche solo per sentire dal vivo la voce di Skin, andrebbero ascoltati.
La qualità non manca, la sensazione è che manchi soprattutto la ciccia, l’evento musicale vero, il concerto memorabile, che, a prescindere dal successo, che certamente avrà, non può proprio essere quello dei Thegiornalisti, in quel Circo Massimo che solo una manciata di mesi prima ha ospitato Mr. Roger Waters. Troppa la differenza di spessore.
Tra dare attenzione e dare la parte da protagonista assoluto, di mezzo c’è un oceano di svariate opportunità che non sono state colte. Così da dare ragione a chi, educatamente, rimanda al mittente il termine “Rock”. È musica, anche bella musica, il Rock, nessuno ce ne voglia, è tutta un’altra cosa. Poi, è chiaro, dev’essere stressante anche solo provare ad immedesimarsi nella figura dell’organizzatore di un tale evento e le dinamiche che si celano dietro la costruzione di una line-up per un festival, specie se enorme con il RIR, sono inimmaginabili, ma poi è anche vero che l’ultimo giudice è il pubblico e le reazioni all’edizione 2019 ci sembrano più o meno unanimi. Un motivo ci dovrà pur essere e chi organizza l’evento farebbe bene a fermarsi qualche minuto a rifletterci.