I l 1996 era un periodo culturalmente molto differente da quello di adesso, normale. Non esisteva ancora la famigerata rete, accentratrice solo pochi anni più avanti di tutto ciò che ci circonda. Le generazioni nate a metà degli anni ’80 invece avevano la Tv, che esattamente come internet oggi, aveva fatto in modo di mettersi talmente al centro della scena che niente pareva esistere se non passava attraverso quel caleidoscopio rettangolare.
Appunto importante sotto molteplici punti di vista, ci renderemo conto crescendo. Anche, certamente, musicale. C’era la radio si, ma l’avevamo già messa da parte, così anche la musica doveva passare dalla tv. Mtv quindi, ovvio, ma anche la superclassifica della domenica mattina su Canale 5.
Una sorta di imposizione subliminale su ciò che doveva piacerti a tutti i costi, perché di classifica ce n’era una. Le hit di quell’anno viaggiavano tra il rap morbido di Coolio al pop da boy band dei Take That, Elio e Le Storie Tese avevano appena perculato “La terra dei Cachi” al Festivàl di Sanremo, la versione di Killing Me Softly dei Fugees ci faceva scoprire cosa fosse la malinconia e a bilanciare Alexia cantava ancora in inglese che “The summer is crazy”.
La pubblicità della Superga
Un salottino piuttosto tranquillo insomma, dove un giorno, da un momento all’altro, irruppe una pubblicità destinata a fare storia. Più o meno ciò che venne raccontato in un minuto esatto di spot era questo: un ricco e serioso signore a bordo della sua macchina di lusso guidata dal suo autista si ritrova nel bel mezzo di una rivoluzione. Scene apocalittiche: le guardie sparano lacrimogeni, i protestanti, che portano pittoresche maschere di animali feroci, rispondono all’offensiva; cavalli vengono abbattuti, volano manganellate, agenti prendono fuoco, un elicottero atterra per strada per portare in salvo feriti.
Ad un certo punto, sul cofano della macchina del ricco e serioso signore si abbatte un manifestante con una maschera da coniglio. Il coniglio e il ricco e serioso signore si guardano negli occhi, poi un agente afferra il coniglio e lo porta via, nella colluttazione il coniglio perde una scarpa, che resta lì sul cofano, e scappa via così, correndo sull’asfalto bagnato dagli idranti della polizia con un piede scalzo. È una Superga, l'azienda di Torino che ha commissionato la pubblicità alla mitica Lowe Pirella, la stessa azienda che aveva partorito tormentoni come “Nuovo? No! Lavato con Perlana” e “O così o Pomì”.
Il ricco e serioso signore rientra a casa e una volta a tavola con la sua famiglia, anch’essa dall’immagine evidentemente altrettanto seriosa, nel raccogliere un giornale caduto a terra si accorge, osservando sotto il tavolo, che la sua ricca e seriosa (nonché bellissima) figlia, ha un piede scalzo e con l’altro indossa la stessa scarpa bianca.
Il coniglio era lei. “Superga – era lo slogan – O si ama o si odia”. Capolavoro di pubblicità che forse non si sarebbe potuta considerare tale senza una colonna sonora capace di partecipare alla narrazione in maniera così complementare, totale, espressiva. Firestarter appunto, la hit dei Prodigy che sta spopolando in quel momento in Europa.
Per approfondire: Firestarter ha cambiato il modo di ascoltare la musica di una generazione
In un clima che oscilla regolare tra Sanremo e Festivalbar quella musica così estrema, così ansiogena, così meravigliosamente fastidiosa, riecheggiava nelle case degli italiani come un pugno sul petto. L’Italia la accolse con curiosità, certi azzardi musicali dalle nostre parti sembravano giungere da Marte tanto li sentivamo lontani.
L'Italia si accorge di Keith Flint e dei Prodigy
Così su Mtv comincia a girare anche il video e la curiosità nei confronti di Keith Flint non può che crescere. I capelli di un colore indefinito che varia tra il rosso spento e il verde melma alzati ai lati a formare due corna da diavolo impertinente, il trucco agli occhi che ne evidenzia una vena di ipnotizzante follia, l’anello al naso, alle orecchie, i movimenti netti e squilibrati dovuti al suo immenso talento da ballerino.
“Sono l’iniziatore dei guai” diceva subito, insomma: o con me o dall’altra parte. E tu che eri appena appena adolescente, troppo annoiato per ascoltare la musica dei tuoi genitori e troppo giovane per apprezzare quella degli amici più grandi, ti trovavi di fronte ad una scelta che ti sembrava così netta. Cosa ne avresti fatto della tua vita? Saresti diventato il signore ricco e serioso della pubblicità o la figlia rivoluzionaria che corre per strada con un piede scalzo? Non è che il resto della tv, calda e familiare e ma che al tempo stesso si avviava ad essere ruffiana e scosciata, ti ponesse chissà quale altro dubbio esistenziale, la comunicazione era piuttosto imperativa: guardi quello che vogliamo noi, mangi e bevi quello che vogliamo noi e ti diciamo pure come preferisci debba essere tua moglie.
Invece poi ti spuntava sullo schermo Keith Flint, che da un altro pianeta, ti diceva che esisteva anche una vita fatta di guai, ribellione a ciò che non ci piace, “dolore intossicato”, “dipendenza dalla paura” e “incendiario”.
Firestarter, appunto. E tu lo sentivi quel rumore che ti accendeva qualcosa dentro, quella musica elettronica così diversa dalla schitarrata di Battisti, che ti faceva smuovere il petto, che ti rompeva qualcosa nello stomaco, che cresceva vibrante e stravagante lungo la colonna vertebrale fino a costringerti a muoverti, non semplicemente ballare, muoverti.
Accenderti. E quel tizio, il Firestarter, che per quanto potevi saperne, viveva in quel tunnel del video, guardando dentro la telecamera e che ti trascinava verso un futuro che non avresti mai immaginato.