AGI - Si intitola “La mia Voce vol. 2” il nuovo EP di Fabrizio Moro, altri sei brani che completano questo ritorno sulle scene del cantautore, diventato anche regista, ma soprattutto icona di una scena autorale romana capace di raccogliere un’eredità complessa utilizzando un linguaggio efficace, ficcante, attraverso canzoni che diventano immediatamente dei cult, sempre così significative per il proprio pubblico, con il quale si instaura un rapporto morboso, un amore autentico, pulsante nei live e che non è possibile vedere replicato in altri ambienti musicali.
In queste sei nuove tracce Fabrizio Moro si denuda anche ben oltre il sentimentalismo già ampiamente espresso in carriera, si rende vulnerabile alle orecchie dell’ascoltatore, azzarda armato del solo puro istinto, portandosi a casa una serie di brani azzeccati e che confermano il suo status artistico.
Hai scelto di presentare questi nuovi brani in anteprima durante questo tuo ultimo tour nei teatri, com’è andata?
È stata un’esperienza tremenda, canti pezzi che cantano tutti e poi apri questa finestra con i pezzi che non conosce nessuno, una cosa che mi incute timore, non è una cosa che ripeterò (e ride).
Esperimento bocciato quindi?
"Assolutamente si. Molto interessante la canzone “Dove”, prima di tutto per il sound che ammicca un po' ad un parlato che è quasi rap… Si, ma io ho sempre fatto qualcosa del genere, come in “Pensa”".
Dal punto di vista sonoro è una delle cose più interessanti, per realizzare questa seconda parte del disco, a differenza della prima, siamo stati diverso tempo in studio. …E poi perché scrivi che tra le ultime canzoni è una di quelle che ti rappresenta di più; è un invito ad andare, tu in questo momento, artisticamente, sai dove stai andando? Quale sarà il tuo futuro? Che direzioni può intraprendere la tua strada?
"Questa è un po' la filosofia con cui mi sono approcciato per questo canzone. È importante sapere da dove parti ma non voglio scoprire dove devo andare, è logorante, sono un eterno improvvisatore; l’anno scorso ho fatto un film, ora sono tornato alla musica, da fine settembre girerò il secondo film".
In questo disco si percepisce una forte intimità nelle canzoni, la domanda allora è: Quanto le canzoni riescono ad esorcizzare sentimenti cupi dei quali uno scrive?
"Mi viene in mente “Tutte le parole”… Li esorcizzano nel momento in cui le vai a riascoltare, fai pace con quell’emotività, che sia positiva o negativa, fai pace quando scrivi una bella canzone; ma non riescono ad esorcizzare del tutto un certo tipo di esperienza, funziona così anche per l’ascoltatore".
Quanto ci si sente nudi e vulnerabili quando ci si regala al pubblico in maniera così totale?
"Nel momento in cui le canzoni si fanno ascoltare al mondo esterno io non mi sento assolutamente nudo; mi sento nudo quando le canto dal vivo, quindi vivo quello che ho scritto e mi sento nudo. Specie durante questo tour, la sensazione è stata abbastanza forte, ho raccontato Fabrizio Moro a 360 gradi ed è stato difficile, diciamo che c’è voluto un po' di vino (e ride)".
Stai diventando l’artista che volevi diventare quando hai cominciato?
"Si, assolutamente si. È una domanda che mi faccio spesso, perché a volte ho perso la bussola, a volte sono andato fuori strada, però negli anni, aldilà dei piccoli o grandi sbagli fatti, sono sempre stato coerente con il mio pensiero, è un pilastro della mia personalità cercare di essere attinente a quello che sono, quel filo che c’è tra la canzone e quello che realmente sono non l’ho mai spezzato".