Daniele Silvestri – “Scrupoli” : Riascoltando l’EP “Scrupoli”, che ci offre altri due nuovi assaggi del prossimo album, ci si palesa violentemente dinanzi agli occhi la fortuna che abbiamo avuto noi quarantenni a ritrovarci Daniele Silvestri come punto di riferimento musicale. Sembra un discorso da vecchietti imbruttiti dalla vita pronti a bucare i palloni che arrivano nel nostro giardino, ma noi possiamo dire ai nostri genitori ciò che i nostri figli non potranno dire a noi: di aver avuto una scena cantautorale autentica, artigiani della musica e della parola che ci hanno raccontati con la poesia che le nostre emozioni meritavano, così innalzandole, celebrandole, glorificandole, anche quando estremamente drammatiche. In “Scrupoli” ritroviamo il Silvestri che duella con noi armato di sillabe che pungono in punta di fioretto, che gioca con il suono delle parole, creando un labirinto accogliente dentro il quale perdersi è magnifico, come se quel disorientamento rappresenti la più credibile delle mappe che ci ritroviamo per provare a decifrare ciò che viviamo fuori, per le strade di questo mondo caciarone. “Il talento dei gabbiani” dimostra ancora una volta quanto Silvestri sia capace di entrare in sintonia con i colleghi, come riesca a trascinarli dentro i propri colori, la propria storia, la propria scrittura, in questo caso parliamo dei sempre bravissimi Selton, brasiliani di adozione milanese che ben accostano la propria morbidezza a quella di un artista incapace di smentirsi, regolarmente contemporaneo, mai sazio dell’ispirazione che proviene dalla lettura della propria profonda umanità, mettendosi così in condizione di raccontare la nostra, fino in fondo, senza sconti, con canzoni che sono carezze alle quali affidare le nostre risate più sincere e i nostri pianti più disperati. Insomma, un gigante.
Max Gazzè feat. Frenetik&Orang3 – “Riviera” : Controhit che mette insieme Max Gazzè, aristocratico nomade sperimentatore del cantautorato italiano, uno che sta bene letteralmente su tutto, e Frenetik&Orang3, due dei musicisti e producer più illuminati della scena musicale italiana contemporanea. “Riviera” è divertente e complesso, le sonorità ultracontemporanee architettate con il supporto di un’altra cintura nera di producer come Dade, sono bilanciate dalla poetica visionaria di Gazzè, da quelle immagini scaraventate dentro i pezzi come istantanee che ritraggono alla perfezione non solo una scena ma anche ogni possibile declinazione di emozione che quella scena potrebbe mai suscitare; per questo le sue canzoni saziano con tale soddisfazione, come se oltre quello che sentiamo non ci fosse davvero nient’altro da dire.
Pinguini Tattici Nucleari – “Rubami la notte” : Due ragazzi si innamorano mentre sono in fila per entrare in un club, la narrazione è affidata più al sound che al testo, c’è questa musica che pulsa, che materializza in note un’eccitazione che strappa via un pezzo di fiato, mentre questi due parlano senza dirsi niente, come se le parole fossero intrattenimento banale o un modo come un altro per legarsi in attesa che succeda ciò che la musica promette. Non dovrebbe più stupire la capacità di Zanotti e soci di maneggiare con tale dimestichezza la composizione, il loro essere così centrati nel portare a termine l’obiettivo che si impongono; eppure uno ascolta e la reazione è sempre la stessa: wow.
Gazzelle – “Dentro” : Gazzelle che cresce, che continua a rappresentare il sentimentalismo, un po' cupo, decisamente liberatorio in un’epoca di invincibili da social, di un’intera generazione; Gazzelle che non nasconde nulla, che vive di questo strip musicale integrale e, nonostante ciò, capace di proporre anche delle hit pronte ad esplodere nei live, uno naturalmente in particolare, quello del prossimo 9 giugno allo stadio Olimpico di Roma. “Dentro” che non è un titolo scelto a caso, “Dentro”, probabilmente per mettere in evidenza quanto in fondo si sia scavato per raggiungere questo risultato, la composizione di un disco senza sbavature che, soprattutto, pone Gazzelle su un piano del tutto diverso rispetto ai procacciatori di stream, a quei colleghi che non cercano di raccontare qualcosa ma solo una formula facile facile per accumulare consenso e visibilità, senza dire niente, come drogati da quei 15 minuti di notorietà e di quelli, e solo quelli, campare. Gazzelle ha invece raggiunto, grazie ad una narrazione sempre coerente, uno status tale che può anche disinteressarsi di ciò che va oggi, ma stiracchiare il proprio talento in totale libertà, nella direzione che più preferisce, che porti a collaborazioni con Thasup o con Noyz Narcos o con Fulminacci, così come succede in questo nuovo lavoro, e riuscendo ad incastrarsi con serenità, forte della naturalezza e autenticità del suo modo di concepire la musica, che non si alimenta di furbizia ma di necessità e racconto. Insomma, roba seria.
Fabrizio Moro – “La mia voce vol.2” : Onesto come sempre, intimo, forse, come mai; Fabrizio Moro è una delle icone di una scena autorale romana capace di raccogliere un’eredità complessa utilizzando un linguaggio efficace, ficcante, attraverso canzoni che diventano immediatamente dei cult, sempre così significative per il proprio pubblico, con il quale si instaura un rapporto morboso, un amore autentico, pulsante nei live e che non è possibile vedere replicato in altri ambienti musicali. In queste sei nuove tracce Moro si denuda anche ben oltre il sentimentalismo già ampiamente espresso in carriera, si rende vulnerabile alle orecchie dell’ascoltatore, azzarda armato del solo puro istinto, portandosi a casa una serie di brani azzeccati e che confermano il suo status artistico.
Motta – “Anime perse” : Una piccola grande opera, drammatica nelle movenze, nel racconto, abbandonata alla rassegnazione nelle parole, che poi è una delle caratteristiche che ci ha fatto innamorare di Motta, per la quale lo consideriamo eccellenza del nostro cantautorato moderno, capace di recuperare in questo brano una sorta di maggiore verità, di visione nitida di dove vuole andare a parare. “Anime perse”, che segna il ritorno di un artista del quale abbiamo un catastrofico bisogno, ci immerge in una storia tossica, mortifera, che in qualche modo ti riempie, ti ingozza di un dolore che fa il giro e diventa rigenerante, ossigeno puro, un caleidoscopio cupo attraverso il quale guardare la propria vita per restituirle il colore che le togliamo con le nostre depressioni ad orologeria.
Carl Brave – “Lieto fine” : Roma ne ha ricevute di serenate sotto il balcone e la cosa stupefacente è che ogni soffio di ispirazione che scompiglia i capelli di un cantautore poi alla fine risulta una visione sempre nuova e sempre onesta. “Lieto fine” parla di un amore smisurato e terreno, quasi pop, con la propria città, Carl Brave si conferma artista solido e producer dalle infinite qualità, ha un orecchio per far suonare le canzoni che se non ci fosse dovrebbero inventarlo.
Ariete – “Un’altra ora” : Ariete in questo nuovo divertente singolo gioca con sonorità smaccatamente anni ’80, si diverte, è evidente, così anche la tematica amorosa assume connotati chiari, sereni, luminosi, lontani dai drammoni indie ai quali siamo abituati. Il pezzo infatti funziona che è una meraviglia, procede liscio dall’inizio alla fine e poi alla fine ti rimane in testa e nel cuore. Brava, come sempre.
Emis Killa – “Effetto notte” : Si salva davvero poco di questo “Effetto notte” di Emis Killa, che suona come un compitino semplicemente eseguito, senza alcuna particolare ispirazione o slancio in termini di contenuti o guizzi esaltanti. Si accerchia di alcuni dei migliori colleghi rapper e producer della scena, da Neima Ezza a Salmo, fino a Ernia, Coez e Lazza (non citiamo Sfera Ebbasta e Guè, che ci sono, ma non riteniamo nemmeno lontanamente tra i migliori rapper italiani); al banco regia sono stati convocati Voluptyk, Don Joe, 2nd Roof, Charlie Charles, Sick Luke, Boss Doms, Andry The Hitmaker….ma i pezzi non decollano mai; così il disco sembra una festa molto figa, in un posto molto figo, dove ci sono tutti i più fighi, ma poi viene servita solo birra analcolica, che sa di birra ma mica è birra veramente. Così le cose migliori in realtà le percepiamo quando Emis Killa si ritrova da solo, in brani come “Sonny” e “Attori di strada”, ma anche lì: niente di memorabile, niente che possa risultare significativo per nessuno che abbia superato il terzo anno di liceo.
Sixpm feat. Guè e Ghali – “Puta” : Esercizio di stile riuscito, non si può certo dire che si tratti di un brutto brano; certo, tra un buon esercizio di stile e un pezzo capace di imprimersi nella memoria e spiccare in questa giungla discografica, al netto dei nomi coinvolti, che sono enormi rispetto la scena italiana, diciamo che, ad esser buoni, ce ne passa. “Puta” mette in mostra le capacità di producer di Sixpm, che comunque che fosse bravo lo abbiamo sempre saputo e questo pezzo non sposta di un millimetro il nostro parere su di lui. Ma non convince fino in fondo, mancano pennellate spettacolari, invenzioni geniali, qualcosa che ne evidenzi l’esistenza.
Dargen D’Amico – “Pelle d’oca” : L’ironia, i colori sgargianti, a sto giro pure le corde indiane a reggere le fila del pezzo e un poco vago reggaeton di base; insomma, Dargen D’Amico puro, che sbrilluccica di nuova energia, che ipnotizza con acume e colpi di tacco in questo nuovo singolo schizofrenico e intrigantissimo.
Rosa Chemical – “Bellu Guaglione” : Rosa Chemical è un artista dall’inventiva straordinaria, utilizza il sample di “O’ Sarracino” di Renato Carosone filtrandone il trash per raccontare la storia di un ragazzo che conserva la disperata speranza nel cuore di vivere un futuro in cui le libertà individuali verranno rispettate in scioltezza, senza dietrologie politiche o buonismi di facciata, un mondo in cui la libertà è la normalità. Si, il pezzo esplode in una cafonaggine indubbia, ma è la cifra stilistica, diremmo di più, cantautorale, del bravo Rosa Chemical, che regala la solita interpretazione precisa al millimetro, che vive di tonalità più che di inutili vocioni; bravo. Yeah.
Rondodasosa feat. NLE Choppa – “We On Em” : Drill di livello, purtroppo non supportata da un contenuto che non richiami a quegli snervanti cliché legati al genere, quindi la vita di strada raccontata in un certo modo, così come le droghe, le donne…tutto già sentito, tutto molto noioso. Ma la produzione di Nko e l’intervento di NLE Choppa sono veramente da far rizzare peli che non sapevi nemmeno di avere.
Management feat. Mobrici – “Iperfelice” : L’amore, la gioia, semplice, come una malattia per infelici, per arrendevoli, per buoni cronici, per chi mette sconsideratamente il bene degli altri dinanzi al proprio. I Management e Mobrici, eccellente formazione dell’ei fu indie, compongono un pezzo molto accessibile, pop lontano dagli standard della band, ma che viene rimasticato in modo tale da dare un taglio quasi ironico, il che lo rende davvero molto interessante. Da due realtà come Management e Mobrici ci si aspettava tanto, loro sono andati oltre. Evviva.
Maria Antonietta – “Viale Regina Margherita” : Maria Antonietta ti inchioda lì dove sei, perso tra parole consumate dalla bellezza, specie quando a metterle in ordine, con lei, c’è Francesco Bianconi, che riesce a trasformarle sempre in definizioni, nel senso di definito ma anche di definitivo, oltre certe parole non c’è niente. “Viale Regina Margherita” ti solleva da terra, ti porta in quel posto dove vivono i ricordi, la nostalgia, il nucleo di ciò che siamo, attraverso una storia dura e meravigliosa, molto femminile, come lo sono tutti i brani di Maria Antonietta, ma anche molto molto appassionante. Quanto è bella la musica quando è bella.
Bud Spencer Blues Explosion – “Vandali” / “Stranidei” : I Bud Spencer Blues Explosion sono necessari, non al pubblico mainstream, non faranno magari stridere le corde vocali alle ragazzine, non alimenteranno i sogni erotici di casalinghe annoiate, non vinceranno Sanremo e non li vedremo nemmeno nella top ten di Spotify, ma c’è gente là fuori, e anche qua dentro, che ha bisogno di musica fatta come si deve, di musica fatta con l’amore che solo la musica sa spremere da chi la ama. Non siate ingordi, avete tutto: radio, talent, ogni genere di piattaforma, ogni genere di classifica, l’Arena di Verona, il Forum D’Assago…pardon, i Bud Spencer Blues Explosion ce li teniamo per noi, come chicca inarrivabile dai semplici di spirito, dai televotanti, dagli inesperti di bellezza. Ad ognuno il suo.
Giancane – “Voglio morire” : Semplice, diretto, distruttivo; Giancane così è sempre stato, questa è la ricetta della sua grandezza come artista e del suo impegno come uomo. Il cantautore romano torna ad affrontare temi serissimi, in questo caso l’eutanasia, con la sua attitude ironica, con le parole che ti arrivano come cazzottoni allo stomaco, una sorta di saggezza punk della strada, di chi la fa semplice perché è come se avesse sempre negli occhi, nel cuore, tra le mani, il peggio. “Voglio morire” è semplicemente la declinazione musicale di ciò che passa per la testa a uno che, di martedì, vuole morire, niente che non sia venuto in mente a chiunque conservi un minimo di decenza, un minimo di pensiero rispetto alle vomitevoli diramazioni della vita; così il dramma si colora di poesia, come in un canto antico, come quando la bellezza del gesto, del pensiero, viene onorata.
Peter White – “Foto mosse” : Pezzo che richiama ad una tradizione songwriter americana, con una chitarra che tiene alta la tensione, la voce intima di Peter White come se fosse la voce off di una scena che questa bella canzone ti fa materializzare davanti agli occhi. Eccellenza pop. Bravo.
Angelina Mango – “Voglia di vivere” : Questo primo EP non fa che dimostrare ciò che era facilmente intuibile già guardando “Amici di Maria De Filippi”: Angelina Mango è l’unica, perlomeno di questa edizione, con i numeri per poter trasformare il sogno in un lavoro. “Voglia di vivere” non ci restituisce nulla che non abbiamo già sentito e che non sia già in qualche modo presente sul mercato, lei va un gradino sopra (ma non due) la semplice intonazione, ha la capacità di fare arrivare con la sua interpretazione ciò che canta a chi ascolta. Bene. Semmai il problema è che ciò che canta è un pop piuttosto generico, ma comunque, c’è da sottolinearlo, ottimamente scelto; avevamo già ascoltato “Ci pensiamo domani” scritta con Fulminacci, la sorpresa del resto del disco, cioè degli altri cinque pezzi, è “Eccetera”, scritta con Anastasio, che è cantautore assai bravo. Noi vi invitiamo a non perdervelo, potrebbe essere il miglior pezzo di un disco di uno appena uscito da “Amici di Maria De Filippi”. Fate voi.
Matteo Paolillo - Icaro – “Come te” : Un disco per accontentare più gente possibile, i fan di “Mare fuori” su tutti, è chiaro, tant’è che il nome da cantante di Paolillo sarebbe Icaro, ma non lo usa nessuno, perché per tutti è il ragazzo di “Mare fuori” e non vogliamo confonderli, già hanno visto tutta la fiction, non sarebbe carino sfidare oltremodo la sorte; vorremmo fornire più dettagli, dire “è quello che fa…”, “è quello che interpreta quel personaggio che..” ma, orgogliosamente, non ne abbiamo visto un minuto nemmeno per sbaglio, per cui speriamo che abbiate capito di chi parliamo. L’album copre dal pop più commerciale al cantautorato tech napoletano, una versione musicale della bottega al paesino della casa al mare dove andavamo da piccoli e che si chiamava “Di tutto un po'”. Non un brano in grado di rimanere impresso nella nostra memoria ma, c’è da dire, se in tanti hanno trovato interessante “Mare fuori” a tal punto da sviluppare questa smodata mania per questo ragazzo, una di quelle manie che te lo fa risultare credibile, sbrilluccicante, in qualsiasi veste, allora qualcosa ci dev’essere di speciale; niente che ci convinca a guardare, anche solo per sbaglio, “Mare fuori”, né a rimettere su, anche solo per sbaglio, “Come te”, ma se qualcuno lo farà (e certamente lo faranno in tanti) noi non staremo lì a giudicarli. Non platealmente perlomeno.
AVA feat. ANNA e Capo Plaza – “Vetri neri” : Non c’è mai Mike Tyson che ti strappa le orecchie a morsi quando serve.
Rhove – “Whip Whip” : Dalla street credibility alla star credibility è un attimo, a noi non frega né dell’una né dell’altra, a noi interessano i brani, le opere, l’arte, ma questa non è arte e Rhove non è un artista ma solo la punizione che ci meritiamo quando ci lasciamo incantare da sciocchi tormentoni; finisce che poi sti ragazzi ci credono e partoriscono pezzi come questo “Whip Whip” che altro non è che una bavosa ed inutile manifestazione di egocentrismo: “Ciao rapper, sai, ti sono mancato/Sette mesi che non rappo e tutti i topi ballano/Io stavo solo firmando un nuovo contratto/Universal mi fa subito un bonifico istantaneo, non cado/Se esco io quеl giorno gli altri rapper vanno in para/Hanno tutti da dire alla minima cazzata/Non vedono l’ora che Rhove sbaglia/La mia faccia al Time Square gli ha cambiato la giornata, eh”. Si. Certo. Come no. Sicuro.
Mario Venuti feat. Lucariello, Fabiana Martone e Neney Santos – “Napoli – Bahia” : Mario Venuti non è nuovo a certi sound di matrice latina, noi meno, ma per chi trova in quell’ambient la spensieratezza giusta per affrontare la vita con un passettino un attimo più allegrotto, “Napoli – Bahia” sarà una gustosa sorpresa, servita da un artista sempre estremamente centrato.
Zero Assoluto – “Sardegna” : “Sardegna” non è un brutto brano, funziona, peccato che la bolla indie sia scoppiata ormai anni fa, quando pensavamo che gli Zero Assoluto, riposti con cura nell’angolo più oscuro della mansarda, non sarebbero più ricomparsi. Invece ti ricicciano fuori come delle Paola & Chiara qualunque, riproponendo la stessa poetica di vent’anni fa, proprio come se niente fosse successo nel frattempo, puntando su un effetto nostalgia efficace, se non fosse che per certa musica non proviamo affatto nostalgia.
Michael Sorriso – “Parole sante” : Le sonorità classiche del rap sulle quali il bravissimo Michael Sorriso ci appoggia le sue barre dure e, soprattutto, credibili. Si tratta di un disco cupo e bellissimo, che invita all’introspezione con il raziocinio lineare e diretto della strada, dell’hip hop autentico, quello con i piedi per terra e il futuro che ti esplode nelle mani. Bravissimo.
Kaufman – “Piazza Repubblica” : In barba ai reggeaton man portoricani, in barba ai cacciatori di hit, in barba ai tormentoni annacquati, i bravissimi Kaufman raccontano l‘estate pianoforte e voce, sbloccandoci odori, sensazioni, visioni, pregni della nostra umanità, di un tempo in cui qualsiasi piccola cosa era tutto e noi eravamo imperfetti e felici, su una giostra di periferia e nessun problema domani. Maledetti bravissimi Kaufman.
Tommy Dali feat. NDG – “Miss” : Tutto talmente superficiale e ammiccante, tutto così povero di fantasia, di visioni, di scosse, che non è che il brano, semplicemente, non ci è piaciuto, ci ha proprio messo tristezza e tolto speranza sul futuro dell’umanità.
Iside – “In memoria” : La provincia e la memoria, attimi di vita bloccati in dodici pezzi azzeccati, contemporanei, vivaci, anche meravigliosamente deprimenti e anche carichi del vigore con il quale sono impastati i nostri ricordi. Gli Iside fanno musica vera e quella propongono, non spot di se stessi, non mirabolanti iperproduzioni per ingannare contenuti troppo leggeri; portano a casa un discone da artisti veri che pulsa della necessità di raccontarsi, di decifrare i propri limiti, le proprie sensazioni, di decodificare la propria terra, il proprio ruolo come uomini, con una poetica che affonda la lama nella carne, che fa male, che ferisce, che sgorga sangue che non ti permettono di non guardare voltando le orecchie altrove. Gli Iside, senza annoiare, senza alcuna ambizione verso il cielo stellato del cantautorato classico, anzi, con una modernità famelica, sono capaci con le loro canzoni di illuminare angoli bui, di costringerci al confronto con noi stessi e a risolverci in qualche modo. Grande lavoro.
Deddy feat. Paps’n’Skar – “Balla (come la domenica)” : L’ex “Amici di Maria De Filippi” Deddy, accompagnato dai Paps'n'Skar, duo dance italiano che il nostro cervello, probabilmente per proteggerci, aveva totalmente rimosso, ci prova con un tormentone estivo; ma quello, cordialmente, rifiuta. Brano talmente brutto che meriterebbe, per commemorare il momento, il conio di un nuovo sinonimo di “brutto” sul dizionario.
Ceneri – “Porta” : La porta come ultimo ostacolo rimasto tra il restare e l’andare, tra il passato e il futuro, ceneri con il suo cantautorato adagiato su un beat persistente che non disdegna accenni di esaltante pop, ci trascina dentro un’ansia, dietro le quinte di una scelta, una di quelle che farà male in ogni caso, una di quelle che ti smontano di fatica e che, per farla breve, meritano una bella canzone. Lei invece la fa bellissima.
Ettore Giuradei – “Nevrotica|Politica” : Scovare dischi di questa qualità ci fa sentire fieri di noi, ci aiuta a sopportare la fatica di tutti quegli ascolti sbagliati che affaticano le nostre orecchie nel weekend. Vorremmo che aveste il tempo per ascoltare un album così bello, dall’inizio alla fine, che lo faceste respirare, in poltrona, cuffioni in testa, alla vecchia maniera, concentrandovi sulle parole, sui riferimenti che speriamo riusciate a cogliere; come ormai non si fa più, perché questo è un disco come ormai non se ne fanno più, ed è un vero peccato, perché senza l’introspezione, non solo intima, ma umana, sociale, che propongono certi artisti in certi album, cosa ne sarà di noi, cosa ci ricorderemo di questo tempo? Quattro bulletti che rappano il disagio sociale di un paese dai quali li separa un intero oceano? L’elementarità di un pop stantio? La celebrazione del nulla cosmico? La musica innocua, che non ti dice niente, che non ti disturba mai, che arriva subito e con estrema facilità svolazza via sulla prossima stazione radio mentre te ne vai al mare? Ce ne vorrebbero 40 all’anno di dischi come “Nevrotica|Politica”.
Dile – “Ti capita mai” : Idea niente male, non ci aspettavamo nulla di meno da dile, pura voce del verbo pop, capace di schizzi efficaci, di impennate di gusto dai colori perfetti. “Ti capita mai” è un brano estremamente terreno, alcun ghirigori poetico, il che ci sta, anche se noi in realtà adoriamo i ghirigori poetici.
Tony Boy – “Diretto al top” : Ci piace la produzione minimal, ci piace il taglio dato all’interpretazione, ci piace la street credibility rievocata e non scimmiottata. Insomma: ci piace.
Senza_Cri – “Non ti sopporto più” : Rabbia da Gen Z, la bravissima Senza_Cri sbatte i piedi contro la maledetta nostalgia e lo fa con una tale onestà e convinzione che, nonostante il sound non ci arrivi proprio nuovo nuovo, ci crediamo e pensiamo al considerevole, sempre più considerevole, numero di nostre nostalgie per le quali ci vorrebbe una canzone. Mamma mia. Ottima intuizione. Brava.
/handlogic – “Esseri umani perfetti” : Delicatezza ed incisività, raffinatezza e libertà extraterrestre, sono queste le lenti attraverso le quali i bravissimi /handlogic, una delle più belle sorprese degli ultimi mesi, fanno a pezzi e vivisezionano i nostri umanoidi sentimenti; con la flemma dei giusti, di chi sa dove vuole arrivare, di musicisti che vivono il proprio tempo senza lasciarsi andare alla semplicità dilagante e senza, dall’altro lato, battere gratuitamente strade troppo complesse. L’autenticità. Eccellente.
Effenberg – “Incredibile” : Il bravissimo Effenberg mette in musica un’energia antica e semplice, un’energia, appunto, incredibile, quella che pulsa dalla terra e che ci da la forza, anche, di affrontare degli occhi “troppo belli da dimenticare”. Un brano davvero notevole.
Alex Fernet – “Lucidanotte” : Queste chitarre funky, italo disco fatta come si deve, quella stroboscopica e trascinante; in un panorama musicale mortifero per quel che riguarda l’inventiva, “Lucidanotte” è un disco che vive di sobbalzi, di sussulti, di raffinate capriole mortali; e poi una voce sottile, quasi fredda, come se venisse da lontano. Un album buono per le notti più lunghe.
Ralph P – “Noi ce la siamo cavata” : Il brano è stato scritto per il documentario dedicato ad “Io speriamo che me la cavo” quella perla di film firmato da Lina Wertmüller e che mostra, forse per la prima volta in maniera così onesta e allo stesso tempo fiabesca, una realtà così difficile; così “Noi ce la siamo cavata” non possiamo separarlo dal film che rievoca e, in qualche modo, completa. Perché fa piacere che alla fine i protagonisti di quella storia se la siano cavata, fa piacere alle volte, in un mondo così oscuro, che esistano ancora dei lieto fine, e questa canzone lo è sicuramente. Un lieto fine moderno, è chiaro, che non deve nascondere le ferite, che non deve più ricercare una comunicazione in lingua italiana con tanto di dizione, dato che il rap napoletano ormai si è conquistato, con merito, l’intera nazione. No, non è mica commozione pensando a quell’ultimo bellissimo tema, quello del bulletto della classe, letto da Villaggio sul treno che lo riporta in Liguria, nell’ultima scena, e che si conclude con il titolo del film. No, è solo una cosa nell’occhio, ma ora passa.