AGI - Il rapper milanese, detentore della Targa Tenco per il miglior album (“Noi, loro, gli altri”), presenta “Marrageddon”, due eventi, il 23 settembre a Milano all’Ippodromo Snai La Maura e il 30 settembre a Napoli all’Ippodromo di Agnano, che vengono proposti come il primo grande festival rap italiano.
Possiamo considerare “Marrageddon” un nuovo traguardo per il rap in Italia?
Questo è il mio scopo, è quello che vorrei che fosse. Una celebrazione di questo nuovo status raggiunto dall’hip hop italiano che è sotto gli occhi di tutti. Attraverso il premio Tenco, Salmo a San Siro, i rapper a Sanremo, tutti questi sono segnali forti che questo genere ha finalmente messo le radici stabilmente in questo paese. È un modo oltre che per portare l’hip hop dove non è mai stato - perché questo è sicuramente l’evento hip hop più grande della storia di questo genere in questo paese - è anche un modo per celebrarlo, per festeggiarlo.
È stata questa dunque l’esigenza che ti ha spinto a mettere la faccia su un progetto enorme che riguarda te, è chiaro, ma che poi rappresenterà qualcosa di significativo per tutta la scena italiana…?
Questa secondo me è stata anche una delle fortune dell’hiphop, questo senso comunitario e questa cosa di spingere tutti in una direzione anche attraverso metodi diversi. Perché è la spinta di tutti che ha generato questo grande riscontro che questa musica ha avuto in questo paese. Io vengo da un tour nei palazzetti che è stato di incredibile successo e prima di farne un altro mi piaceva l’idea di avere un altro disco, ho pensato “come fare un evento ma coinvolgendo altri artisti?”. È anche un modo per rivisitare la mia carriera visto che il mio tour precedente riguardava gli ultimi due album. Mi avevano proposto di fare anche San Siro, era però una cosa già vista e a me piace sempre scardinare un po’ le regole, in più la cosa degli stadi mi piacerebbe farla magari con un disco fuori, in un tour più grosso, con più date. Questa idea del festival invece viene anche dal fatto che mi sono chiesto come mai nessuno in Italia abbia mai fatto una cosa del genere, visto che è una mancanza che si sentiva. Il festival incontrava tutte e due le mie visioni: essere presente quest’anno sulla scena ma anche riempire un vuoto che mancava da troppo.
Hai già annunciato i principali ospiti dei due eventi ma hai anche annunciato delle sorprese, potrebbero essere presenti anche artisti espressamente più pop…?
No. Ci sono già dei festival che mischiano le cose, o magari dei festival forti ed accreditati in Italia dove invitano anche dei rapper. Non è quello che volevamo fare, l’obbiettivo è di fare il festival hip hop che ancora non c’è e dimostrare che non c’è bisogno di avere una contaminazione pop o di altri generi giovanili per riempire o fare uno show degno di questo nome. La scommessa è anche quella, dimostrare che l’hiphop si regge anche da solo, che è in grado di portare uno show che non ha niente da invidiare a quelli di altri generi.
Ti faccio una domanda che credo di poter fare esclusivamente a te: percepisco un distacco da tutta una categoria di rapper, magari non ugualmente fortunati come voi in termini numerici, ma assolutamente in termini qualitativi, che non vengono presi in considerazione e, per dire, mancano nell’elenco degli ospiti, perlomeno finora…mi riferisco ai Caparezza, ai Rancore, ai Mezzosangue, ai Willie Peyote, ai Nayt, solo per citarne alcuni…che tra l’altro, e qui mi prendo una libertà, io ritengo molto vicini a te in termini di contenuti, sono quelli che avvicinano molto il rap al cantautorato impegnato, che comunque è la direzione che tu hai preso. Come mai succede questo? Perché questa divisione netta nella scena?
Secondo me sono anche loro che si pongono come una cosa a parte, penso in particolare a Caparezza che io conosco, rispetto e condivido con te che sia molto capace. È lui per primo che da sempre ha preso molto le distanze dal movimento rap, anche un po’ per tutela, perché soprattutto anni fa era un genere molto severo nell’accettare o non accettare. Caparezza, che ha una certa età e viene da quella scena molto rigida, fin da subito ha messo le mani avanti dicendo “io non sono un rapper, non appartengo a questa scena, faccio la mia cosa”. Poi sono anche le collaborazioni che fanno una scena, con Rancore e anche con Dargen D’Amico feci questa collaborazione tempo fa molto interessante, ma anche in quel caso è stato un po’ lui a tenersi in disparte. Non lo so, hai ragione da un certo punto di vista, ma credo che loro si siano tenuti alla larga, non abbiano fatto scena. Guarda Madame, è direttamente ispirata a De Andrè ed è molto cantautorale, ma mi sembra più inserita, attratta dalla scena. A volte c’è dello snobbismo, io ad esempio non snobbo un rapper diametralmente opposto a me, mi piace e ne riconosco la bravura nel suo ambito.
Tra le sorprese non ci saranno dunque nomi di questa “categoria”, anche se il termine “categoria è detestabile?
Si anche perché è una “categoria” ampia, metto tra quelli un po' miei “figli” anche Massimo Pericolo, che invece è uno con cui collaboro e potrei chiamare. Con i rapper che hai citato non ho contatti, a parte Caparezza che ho incontrato più volte, conosco e rispetto, ma non credo sarebbe interessato. Gli altri non li conosco, non abbiamo fatto praticamente mai roba assieme, è un po’ quello poi; ad esempio Mezzosangue non l’ho mai conosciuto, non ci siamo mai scritti e le cose succedono un po’ da sole.
Citavi prima i traguardi raggiunti dal rap in Italia, il tuo premio Tenco, Salmo a San Siro, Lazza a Sanremo, le classifiche dominate da voi e ora questo tuo festival; mi chiedo quale sia il prossimo passo, cos’altro il rap può raggiungere?
Le seconde generazioni secondo me, i figli degli immigrati, loro sono la prossima cosa interessante, la cosa che forse ancora manca. C’è Ghali che ha raggiunto il successo nazionale, forse è il primo. Credo che ci sia tutta una nuova scuola di questi ragazzi che hanno tanto da dire, anche con le loro controversie, perché mi rendo conto che sono “minacciosi”, molti vedono i video e si spaventano, ma è una cosa con cui si deve fare i conti e prima lo facciamo, nella maniera più umana e comprensiva possibile, e meglio è, perchè altrimenti ci scontreremo con questa cosa. Penso che anche nelle loro controversie sono espressione di un disagio e di un incuria dello Stato che è interessante. Capisco che possano fare paura, ma è una realtà che c’è e di cui va presa coscienza. Ce lo insegnano anche gli altri Paesi e l’Italia non può pensare di non fare i conti con questi movimenti migratori. Secondo me quella cosa lì sarà la prossima cosa interessante.