AGI - Lucio Dalla avrebbe compiuto 80 anni. Il 4 marzo 1943 è una data che è riuscito a imprimere nella storia della musica con un brano eterno. Il primo di marzo del 2012 invece, un infarto lo stroncò mentre si trovava all'Hotel Plaza di Montreux, cittadina svizzera sede di uno dei festival musicali più importanti al mondo, il Montreux Jazz Festival, dove si era esibito la sera precedente.
Tre giorni dopo avrebbe festeggiato il suo 69esimo compleanno e invece verrà celebrato il suo funerale, recepito da tutti come un po' il segno di un tempo che fin troppo presto è giunto, quello in cui la musica di Lucio Dalla, così significativa per il vissuto di chi ha più di 40 anni. Le canzoni di Dalla fanno parte di un patrimonio cantautorale intramontabile.
Ad ascoltarle oggi parlano di noi, ancora raccontano il nostro paese, con quel piglio futurista, visionario, avanguardista, che non gli è mai mancato. Si può parlare di passato quando su Spotify, piattaforma che comincerà ad operare nel nostro paese nel febbraio del 2013, quindi meno di un anno dopo la sua scomparsa, e che oggi è il miglior termometro per la misurazione della musica a livello mondiale, un artista, dieci anni dopo la sua dipartita, raccoglie oltre un milione e mezzo di ascolti mensili? Se oltre 30 milioni di persone hanno rievocato nelle proprie orecchie “L’anno che verrà”, canzone più cliccata sul profilo di Dalla, possiamo considerare chi la interpreta davvero scomparso?
“L’anno che verrà” naturalmente è solo uno degli evergreen firmati dal cantautore bolognese che ancora oggi sono ascoltati e riascoltati, “Anna e Marco” arriva a 29 milioni, “Piazza Grande” a 26 milioni; tutti brani che esistendo consegnano a chi li ha ideati una speciale patente di immortalità.
Su YouTube Lucio Dalla, solo con il proprio canale ufficiale, ha toccato quota 250 milioni di views per i suoi contenuti, a riprova del fatto che è impossibile dimenticarci, mettere da parte, nonostante la confusione che regna sovrana nella musica di oggi, qualcosa che fa parte del nostro DNA culturale.
Giovedì sera si è conclusa la 1ª edizione di “Ciao – Rassegna Lucio Dalla, per le forme innovative di musica e creatività”, un premio necessario affinché non solo Lucio Dalla venga omaggiato così come è doveroso fare, ma soprattutto perché non si perda lo spirito curioso e, si, innovativo, con cui il cantautore bolognese si approcciava alla produzione dei brani.
Perché Lucio Dalla è quello dei grandi classici, è chiaro, ma è anche quello che arriva al pop partendo da una formazione jazz, è quello che impone da subito, quando era quasi fantascienza, un’immagine del tutto controcorrente rispetto alla bellezza quadrata degli interpreti di allora; è quello di “Com’è profondo il mare”, un album che illuminò una zona d’ombra della musica italiana di allora (siamo sul finire dei ’70), una zona musicale complessa, azzardata, nella produzione e nelle intenzioni, ma che risulta anche immediatamente accessibile al largo pubblico, con cui stabilisce un rapporto che non avrà tempo e confini.
Tra i premiati della rassegna “Ciao” c’è anche Cesare Cremonini, citato per un duetto virtuale organizzato in occasione del suo tour della scorsa estate negli stadi e, dopo, inciso anche e distribuito sulle varie piattaforme.
Si tratta di una nuova versione di “Stella di mare”, un duetto impossibile, non solo considerata la scomparsa di Dalla, ma perché parliamo di un brano inciso nel 1978 e, soprattutto, proposto ad un pubblico, quello di Cremonini, che, per quanto eterogeneo, è cresciuto solo relativamente con un certo tipo di classici della nostra canzone; ed è stato accolto, così come ha raccontato lo stesso Cremonini più volte, con il calore che provocano quei brani che istintivamente si battezzano come superiori, eterni, senza tempo.
Resta il rimpianto, è chiaro, di cosa ci avrebbe offerto Lucio Dalla in questi undici anni, con quale poesia avrebbe raccontato la sua maturità, che canzoni che ci siamo persi, ma si tratta di barocchismi di affetto nei confronti di un uomo che difficilmente riusciremo mai ad amarlo declinando il nostro sentimento al passato.