AGI - “Diamanti” è un album meraviglioso, Ginevra una delle pochissime cantautrici capaci di maneggiare con autenticità questo pop elettronico che tanto va negli ultimi tempi. I dodici pezzi del disco non sono solo un agglomerato di parole che accompagnano un sound dalle tonalità chillout, ma un forte inno di libertà, che poi è il tema principale attorno al quale orbita la costruzione di “Diamanti”.
Una costruzione solida, una narrazione pulita e lineare, inequivocabilmente contagiosa grazie ad un modo di accarezzare la musica da parte di Ginevra etereo ma deciso. Non un solo brano sbagliato, non una sola nota fuori posto, anzi, tutto talmente corretto che l’ascolto dell’album potrebbe riallineare le vostre percezioni, i pezzi mancanti del puzzle della vostra vita potrebbero rimettersi al posto giusto magicamente.
Un disco utile, dunque, oltre che molto molto bello, molto molto piacevole all’ascolto. Ginevra è una delle più interessanti voci femminili del nostro panorama musicale e questo disco ne è la prova.
Nelle note scrivi “Immaginate di chiudere gli occhi, di meditare profondamente e di riuscire a raggiungere il vostro nucleo, la parte più intima e segreta che vive dentro di voi”. In pratica dai le istruzioni per l’ascolto dell’album…
La musica è bella quando ognuno la apprezza e se la vive come vuole, quello che volevo fare io era suggerire questo imprinting molto meditativo, perché il messaggio centrale di questo disco è: trovare la caratteristica che ci rende speciali e andarne fieri; volevo proprio che tramite il disco ci si potesse interfacciare con le caratteristiche che ognuno di noi ha.
Scrivi anche “La consapevolezza che ognuno di voi brilla come un diamante, che ognuno di voi è unico in tutte le sue sfaccettature”. Tu in cosa ti senti unica? Cosa credi di poter dare alla musica italiana…?
Io quello che vorrei dare alla musica italiana è certamente un racconto veramente sincero e di cuore, raccontando di cose che mi rappresentano e mi riguardano. Ovviamente spero che arrivi il messaggio che questo è un disco di canzoni, perché per me la canzone è importante, nonostante io sono una sperimentatrice e l’imprinting del disco guarda anche a cose che succedono fuori dall’Italia; quindi la mia ambizione è che sia recepito come qualcosa di fresco, per non dire innovativo.
A questo proposito, te lo sei scritto ed interpretato quasi tutto da sola, cosa ormai assai rara nella musica italiana.
Per me è fondamentale e non lo dico per manierismo o per arroganza, ma semplicemente perché ho sempre fatto così, anche da piccola. Ho sempre collaborato con altri, ma per me scrivere canzoni è sempre stata una valvola di sfogo, un modo che ho io di raccontare delle cose di me che difficilmente riuscirei a dire in altro modo.
Si percepisce una perfetta intesa artistica con Mahmood, che ha scritto con te “Asteroidi”…
Lavorare con Alessandro è stato estremamente stimolante, perché lo stimo tantissimo. Penso che la cosa fondamentale di questa collaborazione è che oltre al rapporto umano ci unisse una stima profonda che ci ha permesso di lavorare in maniera fluida.
Nelle note hai scritto di Asteroidi “A livello di sound, come forse tutto il disco, risente molto degli anni ‘90, con rimandi un po' a Madonna e un po' alle All Saints”. Le All Saints, hai sbloccato un ricordo a tutti quanti…
L’ho sbloccato perché effettivamente è così, non l’avrei messo lì se non ci fosse un rimando effettivo in “Asteroidi” a quel mondo lì. Anche in “Limbo” c’è un rimando a Madonna, che poi queste reference fanno sorridere perché non sono le mie canoniche…
Le All Saints non lo sono ormai più per nessuno penso…
…si infatti, sono reference inconsce! Gli anni ’90 sono i miei anni, poi torniamo sempre lì, perché invece le influenze vere, come Massive Attack, sono tutte personalità forti che hanno contraddistinto fortemente gli anni ’90 e sono parte di noi nel midollo.
“Anarchici” è una canzone che parla di libertà, più che altro di autoaffermazione, che credo che per una cantautrice esordiente è un tema importante. Ti sei sentita in qualche modo condizionata dalle regole che impone la discografia? Tipo “scrivi così”, “usa questo sound”, “va questo”, “comunica in questo modo”, “vestiti così”…?
Sicuramente questa cosa esiste, ma nel mio caso non intendevo in senso discografico, sono sempre stata appoggiata nelle mie idee, anche quando anticonformiste, e ho avuto un team che mi ha spinta e supportata in tutte le mie scelte, compreso questo disco, che non è realizzato in maniera canonica, non ci sono feat. Il mio è più un discorso generale, tipo che sono una ragazza ed è un momento storico particolare in cui i diritti civili hanno un peso, siamo bombardati dalla necessità di autoaffermazione. Sono tutte queste cose che mi hanno spinto a fare un punto, inconsciamente (perché me ne accorgo sempre quando il pezzo è finito) a parlare di queste cose. “Anarchici” infatti è uscito durante la settimana del pride e sono stata taggata in migliaia di storie, quindi parlavo proprio di una libertà più profonda, non necessariamente connessa al mondo musicale. Io discograficamente mi prendo delle libertà, me ne rendo conto, ma questo per me è l’unico modo di dire quello che penso, il messaggio infatti è importante e “Anarchici” è il brano del disco più importante a livello comunitario, spero che arrivi forte e chiaro.
Ti sei invece mai trattata in maniera diversa perché donna? È un mondo accogliente per le donne, quello della discografia?
Il tema è molto delicato, infatti è sempre difficile trattarlo bene. Io penso che in generale nel mondo, non solo quello della musica, abbiamo un’impostazione culturale per cui la figura dell’uomo ha sempre un peso maggiore, chiaramente questo ha un suo risvolto anche nel mondo discografico. Io penso che nella mia storia, perché poi ognuno ha il suo percorso, io sono stata molto fortunata fino ad adesso. Ho un team che mi supporta, è a predominanza maschile ma non potrei mai dire che mi abbia mai messo i bastoni tra le ruote, anzi, ho sempre trovato un grande supporto. Poi chiaramente questa situazione si è creata perché c’è, penso comunque che sia un momento florido, in cui progetti femminili ce ne sono tanti, penso che questa pluralità si stia effettivamente sviluppando e spero che ci sia sempre più spazio e però non ci sia la tendenza a ghettizzare la categoria, questa è una cosa che mi spaventa, non mi piace la line-up fatta di sole donne, queste cose le trovo controproducenti; non dovrebbe nemmeno porsi il problema. Io poi vivo nelle mie utopie e poi faccio parlare la musica.
Questo disco in che modo ti mette a fuoco come artista? È questa l’artista che vuoi essere o lo prendi come un primo passo, ti consideri in costante evoluzione, sapendo che poi magari ci potrebbe essere qualcos’altro, potresti azzardare di più o magari anche meno…?
Rispetto la mia storia questo disco è già un’evoluzione, ovviamente andando avanti col tempo non posso non evolvere. Ginevra Lubrano, ancor prima di Ginevra, evolve, cresce, e ovviamente succederà anche nella musica e in realtà questa cosa mi rasserena molto, se restassi sempre nel punto dove sono sarebbe un problema, infatti sto già pensando alle cose da fare in futuro. Mi piacerebbe sperimentare tantissimo, nel prossimo potrebbero esserci cose più acustiche, cose ancora più elettroniche, non voglio darmi paletti.
Strana la scelta di rinunciare ai feat., anzi, di questi tempi è quasi eroica…
Sicuramente da parte sia mia che di tutto il team c’era la volontà di mettere questo mattoncino e vedere cosa sarebbe successo. Anche perché le collaborazioni che sono presenti all’interno del disco sono nate da un rapporto umano e naturale, onestamente trovo forzate le tracklist dove ci sono tanti feat., io faccio fatica perché per me la canzone è un racconto, ha un cuore pulsante, e ci sta che ci sia una collaborazione ma non deve nemmeno diventare dispersivo.
Uno dei tuoi progetti in cantiere, da sola o in coppia, potrebbe essere Sanremo?
Sicuramente in futuro succederà…oppure no, non lo so, non è una priorità in questo momento, quindi navighiamo a vista, vediamo cosa succede, non abbiamo fretta di forzare delle cose e passare per forza da quel semaforo in questo momento. Vediamo, vediamo cosa succederà, siamo tutti consapevoli del peso che ha in questo paese però tempo al tempo.
Una volta entrata in maniera più solida nel game discografico, che ti sentirai, immagino, un po' più consacrata al mestiere, la musica ha cambiato in qualche modo significato? Immagino che una cosa sia stare in cameretta a sognare che una cosa accada e un’altra è quando la cosa accade veramente…
Sicuramente la mia vita ruota intorno alla musica ed è quello che sognavo da ragazzina e sogno ancora adesso di portare avanti in modo sempre più professionale. Ovviamente è diventato il mio lavoro in questo momento e la mia percezione è cambiata, ci sono veramente dentro e ci sono dinamiche che magari non vorrei conoscere e vorrei mantenere sempre vivo l’atteggiamento naif degli inizi. Farlo h24 non mi fa pensare che ce l’ho fatta, ma mi rende molto felice ed è comunque un grande traguardo. Ogni tanto nelle fasi più difficili mi dimentico che c’è qualcun altro che nella mia stessa fase della vita magari sta sognando quello che sto facendo io, il che è paradossale perché io guardo sempre avanti e voglio arrivare sempre più in alto. Sono già in una situazione privilegiata e ogni tanto bisogna ricordarselo, ma non mi sento consacrata.