AGI - Il caldo avanza, le nuove uscite anche. Anche questa settimana piuttosto breve la lista degli album, contiamo solo tre nomi: Jovanotti, che alimenta l’estate a suon di nuove uscite come si fa con un falò a ferragosto; Alex Britti, che propone un bellissimo album strumentale e poi il giovine trapper Neima Ezza. Più lunga la lista dei singoli, molto ben fatto e divertente quello che mette insieme TROPICO, Cesare Cremonini e Fabri Fibra, bene anche Francesca Michielin, Tananai e Malika Ayane. Male male, quasi da ridere, il nuovo singolo di Arisa, sempre più esagerata in questa affannosa rivoluzione d’immagine. Chicca della settimana: il duetto tra Marco Castello e Fulminacci.
Jovanotti – “Oasi”
Mentre il Jova Beach Party prosegue additato (ingiustamente, di certo esageratamente) come se fosse l’origine di tutti i mali dell’universo, Jovanotti continua a fare uscire materiale; come se volesse marchiare a fuoco questa estate con il suo faccione sempre felice, con quegli occhi buoni da cucciolo di labrador. L’EP “Oasi” contiene ancora brani dall’intento dichiaratamente danzereccio, perfetti per esplodere nelle spiagge italiane (capisci amme'), e pregni di quella filosofia spicciola da Hare Krishna che in realtà, con questo caldo, mentre il Covid torna a bussare alla porta, il mondo si sta sciogliendo e la terza guerra mondiale non è più quell’incubo assurdo che pensavamo, ti stimola solo a strapparti la pelle dalla faccia a mani nude.
Detto ciò, pur venendo a mancare quella poetica così efficace dei pezzi classici del suo repertorio, negli ultimi anni Jovanotti si è molto concentrato sui suoni, in particolare quelli contemporanei, come colto da una sorta di crisi di mezz’età musicale, e quasi sempre ci azzecca. In questo EP per esempio molto interessante questa “In viaggio”, lavorata con il bravissimo Afrotronix.
TROPICO feat. Cesare Cremonini e Fabri Fibra – “Contrabbando”
Una hit estiva? Chiaro che le tempistiche di uscita e il mood ritmato ci dicano che si, a quel campionato questa “Contrabbando” intende iscriversi, solo che, a differenza della stragrande maggioranza delle altre hit estive, stavolta coinvolti ci sono tre cavalli di razza, che chiudono un pezzo che trasuda il divertimento nel realizzarlo, tre che non lavorano più riferendosi ad altro che non sia la propria storia, la propria evoluzione, così ritrovarli in queste vesti è spiazzante e divertente allo stesso tempo. Il brano è uno spasso, suona benissimo, con una mano ti intrattiene, con l’altra ti colpisce. Ottimo.
Irama – “Pampampampampampampampam”
Non è che abbiamo mai trovato nulla di particolarmente erotico nel twerk, niente che ci accendesse diciamo, e men che meno nei ritmi latini e nemmeno per il lavoro di Irama abbiamo mai provato chissà quale interesse, se proprio vogliamo essere sinceri. Questa “Pampampampampampampampam” però, nonostante il titolo sia chiaramente da arresto immediato, da ergastolo, da tortura medievale, sembra messa al mondo con un costrutto un po' più solido, con un orecchio più raffinato, per quanto possa risultare raffinato un brano che parla di quanto è bello quando una signora ci ancheggia flirtante dinanzi.
Il che non sarà raffinato ma certamente piacevole, per chi gradisce la cosa è chiaro, anche più piacevole del pezzo di Irama, che comunque resta un pezzo di Irama, che ci sembra uno dei rari casi di artista in evoluzione, anche se lenta. Poi dove voglia andare a parare, speriamo lontano da queste atmosfere reggeaton, è un altro paio di maniche, ma ha fatto un buon Sanremo, il disco non sta andando peggio di tutti i dischi usciti in Italia negli ultimi tempi e di questo tormentone si fa già un gran parlare. Potrebbe anche stare.
Francesca Michielin – “Bonsoir”
Brano interessante, discretamente complesso, la Michielin, per quella che su Instagram ha definito una “nuova era”, sceglie di farsi accompagnare da due autori d’eccezione: Dardust e Lorenzo Urciullo, che poi è Colapesce. Quello che viene fuori da questo mix non solo è accattivante ma ci indica chiaramente la direzione artistica che la Michielin intende intraprendere. Ed è una strada nella quale hit e cantautorato di livello si ritrovano nelle tonalità pop di un’artista che più passa il tempo e più in lei sorge spontanea la volontà di dare significato a ciò che fa.
E se pensate che questo sia da tutti vi sbagliate di grosso, nella maggior parte dei casi, stringi stringi, si scopre come far soldi, fama e followers e finché funziona resti inchiodato lì, poi quando smette di funzionare se sei bravo ti inventi qualcosa, altrimenti resti lì e smetti di esistere. La Michielin fa parte di una categoria di artisti, gli ex concorrenti di un talent, che è come la mafia: nella maggior parte dei casi ci esci solo con i piedi davanti; lei è riuscita, pur non ottenendo i risultati dei Mengoni e dei Maneskin (che sono casi davvero limite) a costruirsi una carriera credibile e se c’è riuscita è solo grazie al duro lavoro, alla volontà di inseguire un intento artistico. Per questo, ma anche per il pezzo, merita un brava.
Shade feat. J-AX – “Tori seduti”
J-AX di featuring così ne ha fatti tanti negli ultimi tempi, si tratta di un usato sicuro perché pochi come lui si portano a casa regolarmente la pagnotta dimostrando di saper unire all’acume delle barre, la contemporaneità dei contenuti e l’orecchiabilità del suono. “Tori seduti” suona molto bene infatti, ma alla fine non resta granchè, sa di già strasentito.
Luchè feat. Paky – “Che stai dicenn”
Brano abbastanza insipido nonostante sia frutto della collaborazione di tre ragazzi in gamba: Luchè, Paky e Sick Luke, che ne ha curato la produzione. Ma non decolla mai, la distanza generazionale tra i tre avrebbe potuto (dovuto) accendere la miccia, creare una sorta di corto circuito, far esplodere un confronto tra modi di fare musica diversi, invece non accade alcuna magia. Peccato.
Malika Ayane – “Una ragazza”
Il pezzo è divertente ma Malika Ayane lo è di più, il pezzo suona bene, ma lo canta Malika Ayane, che farebbe suonare bene anche un rutto. Ecco, è un pezzo abbastanza strutturato, scritto con cognizione e furbizia, riprende quello stile retrò che tanto funziona per ora, ma a salvarlo da un sicuro dimenticatoio è certamente ed esclusivamente Malika Ayane.
Tananai – “Pasta”
Puro stile cafonal confezionato con evidente divertimento, con quel finto distacco che sta diventando una cifra stilistica ben precisa di questo artista strambo, scoordinato, spreciso, eppure innegabilmente simpatico e trascinante. Nonché molto bravo eh…anche se lavora più di istinto, più di pancia, che di bisturi; ma la sua capacità di funzionare è a tratti addirittura esaltante. Sono molti i ragazzi che settimanalmente ci scrivono per chiederci cosa serve per farcela, noi rispondiamo sempre la stessa cosa: onestà e carattere, inteso come qualcosa che ti distingua in maniera fulminante. Ecco, Tananai non canta come Baglioni, non scrive come Capossela, non balla come Heather Parisi, non esce da un talent, ha fatto Sanremo ed è arrivato trionfalmente ultimo; ma ha una personalità fortissima, schiacciante e contemporaneamente accogliente. Punto.
Alex Britti – “Mojo”
Manco a dirlo si tratta di un lavoro di rara raffinatezza, un disco strumentale che ascolteremo in quindici, così poco abituati come siamo a musica di tale livello, così troppo abituati a musica didascalica, che ti spiega tutto nei minimi particolari, rifiutandoci di regola a concederci una mezza riflessione, a superare quello scalino, anche se porta in un posto bellissimo. “Mojo” per esempio è un posto bellissimo, un album che trasuda la volontà di Britti, arrivato ad una certa età ad un certo status, di fare il cavolo che gli pare.
Emis Killa – “Lucifero”
Se risulta apprezzabile l’efficacia della narrazione, soprattutto nelle strofe, quando nel ritornello si smarca il reggaeton avresti voglia di indossare una tutina nera e cominciare a colpirti ripetutamente come Tafazzi, ma senza sospensorio.
SLF (MV Killa, Yung Snapp, Lele Blade e Vale Lambo) – “Millionaire”
I ragazzi del collettivo SLF (Solo La Fam) sono tutti degli artisti eccezionali, ma a ‘sto giro si sono messi in testa di portare a casa un tormentone, inteso come pezzo che, sulla carta, deve necessariamente funzionare. Il pezzo infatti funziona, se non fosse che è un tormentone e a noi i tormentoni, infatti non ha anima, è un brano che si lascia trascinare dal ritmo senza la pretesa di raccontare alcunché, e allora che stiamo qui a fare? A ingollarci l’ennesima spagnoleggiante tortura estiva? Anche no.
Spiace assai, ma questa “Millionaire” non passa, è un’inutile cafonata che, tra l’altro, fa intravedere anche il talento nel tocco musicale, il che altro non fa che convincerci che fosse precisa intenzione fare un pezzo brutto, proprio loro che li fanno quasi tutti belli. Allora, di nuovo, no, ci sembra una presa in giro, un tradimento del proprio immenso talento. Fosse un pezzo di Fred De Palma faremmo spallucce, ma loro sono bravi veramente, tutto ciò è indecoroso.
Arisa – “Tu mi perdicion”
Noi siamo favorevolissimi all’evoluzione degli artisti, anche se rappresenta comprensibilmente un rischio. Noi, dunque, non vogliamo più la Arisa di “Sincerità” o del capolavoro “La notte”, nonostante sia la nostra Arisa preferita, perché siamo fortemente convinti che la staticità sia uno dei nemici giurati dell’arte. Certo, però, questa volontà nel volersi scrollare di dosso l’immagine di cantante pulita e perbenino ad Arisa sta sfuggendo decisamente di mano.
Questa “Tu mi perdición”, deriva spagnoleggiante dagli intenti romantici, presentata su Instagram con una foto osè ultra photoshoppata, evidentemente photoshoppata, non ci racconta un cambiamento, non ci ispira malizia, seduzione, femmefatalismo, ma giusto un po' di pena per un’artista dalla tecnica centratissima, forse la migliore voce in assoluto del panorama pop italiano, dispersa in una tempesta di emozioni che evidentemente non è in grado di gestire, per le quali ha evidentemente sofferto e che la popolarità ha evidentemente reso esponenzialmente più gravi.
Arisa è una cantante eccellente e per questo e solo per questo dovremmo riconoscerla; se sei una cantante eccellente, scrivi il tuo nome su Google e ritrovi solo ed esclusivamente articoli da rivista patinata, da parrucchiere di provincia, allora c’è qualcosa che non va. In Arisa negli ultimi anni c’è certamente qualcosa che non va e a noi dispiace tanto; ma quando a luglio ci arriva tra le mani “Tu mi perdición”, romanticismo spicciolo servito in versione tormentone anni ’90, cosa dovremmo fare? Non di certo applaudire, solo scuotere la testa pensando “Poverina!”. Ma Arisa merita molto più di questo.
Nayt – “Paraguai”
Quadro meraviglioso di un pittore rap meraviglioso, Nayt è tra i più bravi artisti a trattare la parola in Italia; nei suoi brani la narrazione non copre mai la tecnica compositiva, letteralmente la sequenza di parole scelta per raccontare ciò che desidera raccontare, disciplina nella quale è un genio totale.
Close Listen feat. Side Baby e gIANMARIA – “Amore Spray”
È molto complicato far suonare in maniera dignitosa lo stile di artisti come Side Baby e gIANMARIA, perché con quel fastidioso sbiasciare e la quasi totale incapacità di intonazione, di sicuro una mano non te la danno. Il bravo Close Listen ci riesce; riesce, come forse ancora mai nessuno c’era riuscito, a valorizzare due ragazzi che si ritrovano nel mondo della musica evidentemente per sbaglio, uno in quanto metafora, con la sua Dark Polo Gang, del decadentismo mortifero, strutturale e animistico della musica italiana, l’altro per un talent, altrimenti non ne avremmo mai sentito parlare.
Ludwig feat. Boro Boro – “Tropicana”
Un brano talmente orrendo che Stan Lee si sarebbe dovuto inventare un supereroe ad hoc per combatterlo.
Neima Ezza – “Giù”
Neima Ezza fa quello che fanno praticamente tutti quei ragazzini che hanno la pretesa di chiamarsi artisti e che orbitano la periferia milanese, solo che lo fa, oggettivamente, un po' meglio. “Giù” è un disco senza esagerazioni, senza particolari estremità machiste, inciso anche una certa delicatezza nella descrizione delle situazioni, nel racconto delle storie che lo popolano; ma è anche tremendamente noioso, piatto, poco originale, privo di un carattere riconoscibile. Lungi da noi menarcela con tiritere sull’autotune, ma questa diavoleria fa diventare davvero ‘sti ragazzini indistinguibili l’uno dall’altro, così ascolti mezzo pezzo e sei apposto per una settimana.
Marco Castello feat. Fulminacci – “Magari”
Un brano che rappresenta un incontro artistico tra due dei maggiori interpreti del nuovo cantautorato italiano, quello più sbrilluccicante, più intenso, più esaltante in prospettiva futura soprattutto. “Magari” suona con quella leggerezza un po' anni ’70, la volontà inattaccabile di mostrare la fusione tra due identità ben definite e che perfettamente si incastrano nel loro essere giovani ben poco interessati a ciò che propone la musica giovane. Non che gli altri siano troppo giovani e loro già dei vecchi dentro, intendiamoci, ma l’attenzione con la quale curano, in maniera professionale, seria, i propri percorsi artistici, è esemplare. E poi così quando queste due strade si incrociano, naturale che scatti una scintilla e questa “Magari” sbrilluccica così.
Nerone – “B.U.F.”
“B.U.F.” sta per “Basta un fischio”, effettivamente il pezzo è talmente tosto che se lo meriterebbe proprio un bel fischio, di quello da cartoni animati old style, seguito da ripetute martellate in testa.