AGI - “Che vogliamo farci? È fatto così il mondo”, Caparezza la prende con filosofia e all’AGI conferma quanto già chiarito tramite una nota stampa ufficiale qualche giorno fa: non si ritira, l'acufene non gli permette di esagerare con i concerti, tant’è che non ci sarà un tour invernale di “Exuvia”, ma è ben lungi dall’addio.
“Questa cosa che è avvenuta è tipica di internet – spiega - mi è capitata diverse volte; prima mi avvelenavo un po', ormai ho capito che anche una notizia su interne fallisce nel giro di 6-7 ore, poi ne arriva un’altra” e aggiunge che la notizia di un ritiro definitivo dalle scene “è talmente eclatante che credo l’avrei detta chiaramente e comunque non avrei utilizzato un’intervista per dirla ma l’avrei comunicata sui social. Poi uno che da l’addio alle scene deve avere una motivazione valida, io ho sicuramente problemi di udito di diversa natura, ma come vedete sto facendo i concerti, quando un giorno il medico mi dirà di smettere allora prenderò una decisione ma per il momento non c’è pericolo”.
La strada intrapresa da Caparezza in realtà è tutt’altra, è quella di un cambiamento che lui stesso celebra direttamente sul palco del suo show, una carriera portata avanti con dei punti fermi: “Se segui la moda fai la fine della moda, cioè dopo un po' vai fuori moda. Se invece segui la tua strada sei fuori dalle mode”, per questo brani come “Vieni a ballare in Puglia” o “Vengo dalla luna” puzzano ancora di attualità.
“Ho cercato sempre di fare musica a modo mio e penso che sia una cosa che mi ha premiato sul lungo termine, perchè sono qui a parlare da 22 anni”. “Non voglio essere il Caparezza di dieci anni fa – aggiunge - il mio primo album come Caparezza è del 2000, siamo nel 2022 ed io non assomiglio per niente a quell’album là, ogni album è come se fosse una fotografia e perché questo avvenga io non devo essere vestito e avere le sembianze della stessa persona, noi quando vediamo le foto siamo noi ma abbiamo altre cellule, altri pensieri, quello che voglio fare io è questo: farò dischi sempre diversi perché saranno concepiti da una persona diversa”.
Caparezza dunque ha raggiunto una maturità totale, appare del tutto centrale nel suo ruolo di artista, potremmo tranquillamente dire che ha lasciato la sua exuvia, cioè ciò che resta di un esoscheletro dopo la muta, “Già Prisoner 709 era un disco personale ma era più ibrido, c’era ancora la mia voce nasale…mentre Exuvia è un disco sbilanciato verso Michele, mancano proprio delle caratteristiche tipiche mie del passato che mi sono levato di dosso tranquillamente e simbolicamente questa cosa avviene sul palco, perché io ad un certo punto sono trasformato in lumaca e mi tolgo di dosso questo guscio pesante che metaforicamente simboleggia il passato".
"E per passato – prosegue - non intendo tanto gli anni che passano ma anche il ruolo che hai; mettersi in discussione aiuta sempre nella vita, perché se ti fissi su un ruolo arriverà per forza il momento in cui questo ruolo ti darà fastidio, ti scoccerà, o sarà più difficile portarlo avanti, devi adattarti al cambiamento, non farti schiacciare dal cambiamento, ma essere consapevole che il cambiamento c’è, è inevitabile, che siamo morti tante volte, altrimenti io sarei qui a guardare i Teletubbies. Exuvia è un’ode al cambiamento”.