AGI - “Storia breve” è un EP, no, meglio, un cortometraggio. Anche Frah Quintale decide di affrontare l’estate, ma quella vera, non quella sole/cuore/amore/cocktail/mare/spiaggia/sorrisoni, una stagione che altera i nostri sensi rendendo epica ogni singola storia. Infatti quella di cui parliamo è appunto una storia, breve, raccontata in quattro passaggi cardine, dalla conoscenza e l’innamoramento e la passione e la dipendenza e quella affascinante forma di paradisiaca serenità, alla rottura, il dolore, la consapevolezza e infine l’accettazione. Tutto molto ben fatto, tutto molto coinvolgente.
Che periodo della tua carriera stai vivendo?
Sto bene, è un periodo figo, un pò di consapevolezza secondo me, sto capendo tante cosa sul mio progetto e, aldilà delle cose che sto capendo sul mio progetto, sto capendo che il mio progetto si sta sempre di più avvicinando alla persona che sono e quindi mi sento a mio agio con quello che esce nelle canzoni, perché ci sono dentro io e mi sembra che questa cosa esca. Anche a livello collocazione nel panorama italiano, c’è stata un po' la ricerca di questa cosa nell’EP.
Effettivamente è un discorso interessante quello riguardante la tua collocazione sul mercato, parti come conscious rap ma raggiungi il successo inserito nella scena indie, poi la sperimentazione R&B e oggi un disco in cui si sentono forti delle note pop…
La visione mia è quella che comunque siamo un po' delle mosche bianche e siamo una realtà indipendente a tutti gli effetti, perché Undamento è una realtà indipendente, quindi veniamo davvero dal basso, ma non dal ghetto, siamo persone appassionate di questa roba e facciamo questa cosa come valvola di sfogo, senza compromessi. Mi sento di dire che la cosa che facciamo è vera, aldilà del riscontro che riceve, è figo restare teste dure su delle cose, anche un po' outisider, ma credo che piano piano stiamo costruendo una nostra nicchia con un genere molto personale e che ha ispirato anche delle altre cose, che sono diventate più commerciali e più grosse, ma mi sento originale in quello che faccio e mi sembra che comunque piano piano stiamo costruendo un nostro genere, una cosa totalmente mia che non è dipesa dalla moda del momento, ma solamente dalla voglia di buttarsi in studio e uscire fuori con qualcosa di inaspettato. Noi per primi ci diciamo “entriamo in studio e vediamo cosa succede”, mi piace questo modo di far musica come un gioco ed io spesso mi guardo intorno e molta gente ha trasformato questa roba in un lavoro, per me non lo è, è ancora un gioco, nonostante comunque abbia ovviamente delle parti lavorative. Ma mi sembra di riuscire a starci dentro e farlo sembrare ancora un gioco per me e mi sembra che in questo modo arrivi anche agli altri.
Come mai questo passaggio al pop? Forse considerato l’argomento hai sentito l’esigenza?
Stiamo lavorando su tante cose, io sono entrato in studio con la band dopo il tour estivo dell’anno scorso, ci siamo presi delle settimane per lavorare a un po' di pezzi, abbiamo fatto diverse session, abbiamo individuato queste quattro tracce che mi sembrava fossero una bella uscita per l’estate e raccontano in quattro fasi diverse una storia d’amore, e da lì ho cominciato un po' a ragionare sull’estetica, ho disegnato la copertina, ho scritto la trama dei video….per quanto riguarda il sound, delle cose sono partite da bozze mie, altre da session con la band, quindi è stato bello anche il fatto che ognuno ha portato la sua influenza sul progetto e ne è uscita una cosa coloratissima, molto imprevedibile, e abbiamo veramente spaziato tra tante cose. È stato figo l’approccio perché, essendo un po' outsider del pop, c’ho anche messo un po' il cuore in pace sul “Dobbiamo fare la hit” o “Dobbiamo fare la roba che piace”. No, dobbiamo fare la cosa che piace a noi; quindi, essendo questa la prima regola che vigeva, alla fine ha fatto si che veramente sperimentassimo e andassimo in varie direzioni. Per me entrare in studio era come arrivare con un blocco di marmo da scolpire e ognuno col suo martello e il suo scalpello dava una martellata, così abbiamo scolpito questa cosa tutti insieme e secondo me il risultato si sente.
Come mai la scelta di raccontare una storia d’amore? Ascoltando l’EP si percepisce un’urgenza reale di raccontare questa storia…
Si, diciamo che ho avuto delle esperienze negli ultimi anni sulla questione, quindi l’ho sviscerata sempre un po' nei pezzi, ma è stata una cosa naturale. Ad un certo punto mi sono reso conto che tra tutte le tracce che avevo c’erano queste quattro che messe in quest’ordine qua si uniscono i puntini. Io ho sempre scritto tanto d’amore.
Questa storia d’amore non parte con dei buoni presupposti dato che la prima traccia si intitola “Quando finisce”…
Si, è strano che sia uscita per prima, a me piacciono queste cose strane, ma non l’ho fatto apposta.
Tu hai fatto un disco di canzoni d’amore, che è l’argomento più usurato della storia del pop mondiale, ma nel 2022 l’amore in musica viene declinato in maniera violenta, specie nell’ambiente rap, che poi è anche un po' il tuo…può essere oggi ancora argomento d’ispirazione?
Per me l’amore è una parte fondamentale della vita, sono supersensibile per queste cose e in generale a me piace raccontare le cose tramite mie esperienze o punti di vista. E l’amore è una cosa che fa moltissimo parte della mia vita, è anche una cosa che mi arrovella rispetto quello che vivo, per me avere una relazione, rispetto al tipo di vita che faccio, è molto difficile; magari sei molto in giro e non puoi dedicarti ad un’altra persona. Nel mio caso è una tematica un po' calda, perché c’è sempre la scelta amore/carriera e quindi ho pari amore sia per l’amore che per la musica che faccio, quindi è sempre una fonte di problemi da risolvere o anche solo domande da porsi, quindi per me viene davvero naturale la tematica. Poi sono un non violento e parlare di roba un po' più trap non mi riuscirebbe, preferisco parlare della vita, di quello che vivo e negli ultimi anni ho vissuto il tema amore ponendomi un sacco di domande, non solo riguardo l’amore in sé ma anche rispetto la relazione, il lavoro e l’amore, la vita da solo o la vita in due, quindi è un tema così antico e ancora così attuale perché ha un milione di sfaccettature secondo la vita di ognuno.
Come vedi adesso la scena rap? Sia per quanto riguarda i contenuti che per l’esplorazione musicale…
Secondo me, banalmente, sono cambiati i codici. Alla fine anche nel rap con cui sono cresciuto io le tematiche erano diverse, lo spirito era diverso, ma si parlava di temi che ci erano più vicini e avevamo un nostro codice per parlare di quella roba. Secondo me il mondo intorno al rap è cambiato e la figata del rap è che è un genere di cronaca, alla fine il rap di una volta non c’è più, ma non solo perché sono cambiati i rapper ma perché è cambiato tutto un ecosistema attorno alla musica, attorno alle cose che succedono ai giovani. Ci sta che si sia evoluto anche in un’altra direzione, è giusto anche che ascolti e pensi che c’è tanta violenza, ci sono tante cose sbagliate, cose che dici “boh, noi non le avremmo mai dette”, ma alla fine se sono dette è perché loro vivono così adesso. Poi ci sono delle cose che si ripetono perché è una questione di linguaggio, alle volte non lo trovo condivisibile, ma trovo giusto che sia cambiato.
Sei d’accordo che il rap è il nuovo cantautorato?
Credo che il rap sia il nuovo pop, ma mancano un po' ancora delle penne secondo me, siamo cresciuti tanto negli ultimi dieci anni a livello musicale, di produzione e stilistico, ma secondo me mancano delle belle belle penne, c’è ancora un po' di strada da fare.
Cosa ti aspetta nel prossimo futuro?
Il 24 giugno inizia il tour, noi abbiamo già cominciato ad aprile a vedere com’è questa ripresa, siamo molto contenti. Poi abbiamo ancora tanto lavoro da fare a livello discografico, abbiamo fatto questa uscita perché mi piace avere canzoni per l’estate e spero di rimettermi sotto per un progetto un po' più corposo, magari fine di quest’anno o l’anno prossimo, dipende da quanto tempo avremo per stare in studio.