AGI - Settimana ricca di nuove uscite, diremmo particolarmente, ma ormai è diventata una folle prassi. Detto ciò, tra i nuovi album segnaliamo l’ottimo EP di Frah Quintale, il buon debutto di Rhove, il felicissimo ritorno dei Management e i due magnifici dischi dei Raphael Gualazzi, i Calibro 35 e gli Almamegretta. Nella sezione singoli bocciamo Ramazzotti ed Elodie, si ripete l’invasione estiva dei lavori di Takagi&Ketra e Manuel Agnelli ci illumina da solista con un brano ferocemente bello; diversi anche i featuring azzeccati, come quello tra Franco126 e Loredana Berté, quello tra Jake La Furia, Paky e 8blevrai e quello tra Alborosie e Neffa. Chicca della settimana: il bellissimo album di Whitemary.
Eros Ramazzotti – “Ama”
Inno all’amore libero, al fregarsene dell’incomprensione gretta di chi ci circonda. Tutto esatto, figuriamoci, se non fosse che il brano è decisamente sciapo, il testo (che vanta la firma di Mogol Junior) didascalico, spiattellato quasi senza cura, la musica priva di guizzi, se non sul finale in cui esplode una sorta di pop dance che tra l’altro ci risulta anche un po' fuori luogo, un po' disturbante, che confonde ancor prima di arricchire. Spiace, aspettiamo il disco di settembre mantenendo intatte le nostre aspettative, considerando che parliamo di uno dei nostri più preparati maestri del pop. Ma questa “Ama”, spiace, non passa.
Takagi&Ketra feat. ThaSupreme e Salmo – “Bubble”
Non è che ci stupisce che l’universo assolato di Takagi&Ketra incroci quello certamente più articolato, più cupo, più tecnico dei ThaSupreme e dei Salmo, tra l’altro non è nemmeno la prima volta che succede e quel tocco di sanissimo pop che la premiata ditta di producer è in grado d regalare spesso risulta necessario oltreché azzeccato. Ciò che convince meno in questo brano è la smaccata intenzione di puntare sul cafonal dance estivo, che oscura e ammoscia la tecnica chirurgicamente precisa messa in atto per il lavoro.
Ecco, diciamo che senza quell’esigenza danzereccia a tutti i costi il brano avrebbe potuto anche semplicemente farsi ascoltare, invece più che altro sembra direttamente consegnato nelle mani di un dj da lido estivo, il che svilisce il talento di quattro artisti veri, ognuno a suo modo. Quindi si, ma anche forse, ma anche no.
Manuel Agnelli – “Proci”
Un’intera opera dentro un brano, punk furioso, berlinese, contaminato dalla melodia, dalla dolcezza di un pianoforte che tira le fila del pezzo mentre distorsioni extraterrestri intercettano il tuo ascolto, ti regalano vibrazioni incontenibili; quindi sale l’ansia, come quando guardi un film dell’orrore e la colonna sonora ti anticipa che sta per succedere qualcosa. Anche qui succede qualcosa: musica, di qualità, senza compromessi, facendo il dito medio al mercato, alle classifiche, agli stream, alle views, a tutte quelle diavolerie che ci distraggono giornalmente dal succo del discorso. La musica, appunto, intesa anche come semplice narrazione, una narrazione che Agnelli in questa “Proci” rende provocatoria, a tratti teatralmente violenta. Abbiamo già l’acquolina in bocca per questo disco solista di settembre.
Elodie – “Tribale”
Effettivamente, come hanno commentato in questi giorni in molti, si tratta di puro concentrato di Paola e Chiara, senza però quell’innocenza trasgressiva, quell’inquietudine trasognante, quell’atmosfera smaccatamente anni ’90 a fare da scenografia. Elodie è un’ottima artista pop, il perché abbia deciso di indirizzare la sua carriera esclusivamente verso hit radiofoniche oneshot sempliciotte e dimenticabili, è inspiegabile, avrebbe i numeri e il sex appeal per creare qualcosa di innovativo, audace, grandioso, e invece si accontenta di essere sparata a palla nelle autoradio delle macchine dei tamarri di periferia, di sostare per un mesetto scarso nell’alta rotazione delle radio locali di provincia, anticipando lo spot dell’ottica sul viale dello struscio. Oh, contenta lei. Questa “Tribale” è veramente una parodia.
Franco126 feat. Loredana Bertè – “Mare malinconia”
Un pezzo composto con l’evidente volontà di prendersi una fettina della torta estiva italiana, ma che poi si arena, al contrario, nel mare aperto del talento di Franco 126, che non può proprio fare a meno di risultare meravigliosamente malinconico; così il romanticismo che ci regalano le immagini, sempre ottimamente concepite dall’emo indie rapper romano, che disegnano i tratti di una donna che affida all’orizzonte blu gli angoli più oscuri della propria intimità, viene smontato dall’andatura da mojito del brano. In un certo senso l’operazione tormentone fallisce, in un certo senso fallisce anche l’operazione brano nostalgico, ma, in tutti i sensi, ad avercene di proposte estive di questo calibro.
Frah Quintale – “Storia breve”
Un EP, no, meglio, un cortometraggio. Anche Frah Quintale decide di affrontare l’estate, ma quella vera, non quella sole/cuore/amore/cocktail/mare/spiaggia/sorrisoni, una stagione che altera i nostri sensi rendendo epica ogni singola storia. Infatti quella di cui parliamo è appunto una storia, breve, raccontata in quattro passaggi cardine, dalla conoscenza e l’innamoramento e la passione e la dipendenza e quella affascinante forma di paradisiaca serenità, alla rottura, il dolore, la consapevolezza e infine l’accettazione. Tutto molto ben fatto, tutto molto coinvolgente.
Jake La Furia feat. Paky e 8blevrai – “L’amore e la violenza”
Un bellissimo brano in cui la strada non viene solo raccontata con onestà, che poi alla fine stucca anche l’onestà se la storia, seppur autentica, resta sempre la stessa; ma anche con poesia, in un testo cupo, a tratti quasi commovente, che scandisce le sequenze di un modus vivendi che ti resta dentro qualsiasi roseo destino sia stato architettato per te. Jake La Furia mette in riga due bravi personaggi della scena contemporanea come Paky e 8blevrai e il risultato è davvero esaltante.
Boomdabash feat. Annalisa – “Tropicana”
Un inseguimento affannoso al tormentone, la replica della replica della replica della replica di un brano che ci ha stufati già leggendo il titolo. Come potrà mai essere un pezzo che esce a metà giugno, che si intitola “Tropicana”, scritto dai Boomdabash, che prevede il featuring con Annalisa e prodotto da Takagi&Ketra? Dai, su, provate ad indovinare. Ecco, appunto.
Rhove – “Provinciale”
Eccolo il biglietto da visita del giovane Rhove, il nuovo fenomeno del rap all’italiana. Si tratta di un EP con sette pezzi in cui il ragazzo classe 2001 si presenta a petto in fuori dinanzi al mercato internazionale, alternando i suoi brani a quelli con colleghi francesi come Sasso e Timal. Un disco carico di sonorità che si distaccano, e non poco, anzi, mai più di così, dalle produzioni italiane, e da quell’idea che si sta calcificando nella nostra discografia riguardo non solo il sound ma anche i contenuti. Rhove spariglia le carte, gioca con le metriche, con i ritmi, con le intenzioni e anche con le narrazioni, solcando una via ancora mai battuta con la determinazione di un cavallo costretto a guardare avanti. Il suo rap infatti è decisamente avanti.
Alborosie feat. Neffa – “La più bella del mondo”
Il fascino del reggae old school di Alborosie che torna più vivo che mai, più dei tempi dei Reggae National Tickets forse, sospinta questa sonorità com’è da ciò che sta accadendo nel mondo della musica oggi in una versione però decisamente cafonal. “La più bella del mondo” invece suona del tutto naturale, come se fosse un riflesso dell’aria, e poi c’è Neffa, che renderebbe preziose anche le previsioni del tempo.
Raphael Gualazzi – “Bar del sole”
Don’t Call Me Cover. Sarebbe un po' riduttivo limitare al concetto di cover il lavoro svolto da quel geniaccio assoluto di Raphael Gualazzi per “Bar del sole”, disco in cui il jazzista di fama mondiale ricostruisce con il suo tocco unico dieci capolavori assoluti del repertorio italiano. “Bar del sole” è uno di quei dischi che metti play e lasci andare i pensieri, li sguinzagli canticchiando ogni singolo pezzo (anche perché sono pezzi che tutti noi conosciamo) e godendoti tutti i guizzi che Gualazzi ci ha riservato; piccoli tuffi al cuore, piccole perle che brillano per sua mano. Categoria: imperdibile.
Management – “Ansia capitale”
I Management, preservando il loro stile, rastrellano in un disco i pensieri e le preoccupazioni di un’intera generazione. Non poteva esserci titolo più azzeccato di “Ansia capitale”, perché è questa la sensazione che pervade il disco, l’ansia di un domani così incerto, per tutte le sfighe che hanno tagliato in due una comunità di giovani che in pratica arrancano alla rinfusa come zombie in cerca di sopravvivenza, non potendo aspirare a nulla di più. La schietta umanità che i Management mettono in scena in forma di rock nudo e crudo in questo disco è semplicemente disarmante, fa diventare la musica un modo come un altro, ma particolarmente efficace, di raccontare, analizzare, denunciare, confermandosi così una band non solo di ottima fattura ma addirittura necessaria.
Ginevra – “Anarchici”
Una delle più interessanti voci femminili del new pop ci propone un singolo futurista, nel senso che, se siamo fortunati, sarà questo il modo in cui le prossime generazione concepiranno il sound del cantautorato italiano. Ginevra è tra quegli artisti che ci sono arrivati decisamente in anticipo e questa “Anarchici”, nonostante venga sviluppata con l’eterea e affascinante leggerezza alla quale la giovane artista ci ha abituati, ha un intento quasi punk: a quel paese le regole, a quel paese chi ci vuol diversi da come siamo. Brava.
DrefGold – “Battiti”
DrefGold si spoglia di tutti quegli inutili barocchismi legati al mondo del rap per mostrarci l’anima in questo brano che suona come una confessione. La melodia al centro, l’intenzione romantica, facciamo quasi fatica a riconoscere l’autore di “Snitch e Impicci”; diciamocelo, una gran bella evoluzione, perché da questa piccola rivoluzione non ne esce addomesticato, ma sereno, così come serena ci arriva questa voglia di esplorare circuiti musicali diversi. Ottima idea.
Donatella Rettore feat. Tancredi – “Faccio da me”
Sarà che la Rettore fa sbrilluccicare qualsiasi cosa sfiori come un luminoso vestito di paillettes, ma il brano è molto divertente, ammicca quanto può, senza spingersi troppo in là, con garbo, sostenendo nel testo, e noi ci troviamo perfettamente d’accordo, che se l’amore deve diventare una guerra costante, meglio fare da sé. Il brano procede senza banalità in un ritmo andante, minimal e mai cafone, quasi da farti alzare un braccio a dettare il tempo, tirandoti in una discussione a due dentro la quale è facile riconoscersi. Bravissimi.
gIANMARIA – “Non dovevo farlo”
Non è un pezzo brutto, anzi, interessante l’idea di celebrare la notte come una parentesi di tempo entro la quale domina una poetica sconcezza, entro la quale sembrano allargarsi i limiti del possibile, entro la quale il silenzio si fa finalmente morbido sottofondo e tutto prende un sapore epico. La realizzazione non è all’altezza dell’intento, ma solo perché desidereremmo dall’ex X-Factor un po' di variazioni sul tema in termini di sound, perché anche la ricetta più buona dopo un po' sdegna e questo stile strascicato e ultrateen ci aveva già stufati alla terza puntata del talent, sarebbe ora di crescere, non solo in ciò che si dice ma anche in come lo si dice.
Calibro 35 – “Scacco al maestro”
Un disco maestoso, intoccabile, una perla nel mare di rumori che ingolfano il mercato discografico odierno. I Calibro 35 se non ci fossero dovrebbero inventarli, la loro capacità di approcciarsi al suono, inteso proprio come materia prima elementare della musica, per costruirci sopra (in questo caso sulle fondamenta pensate dal maestro Ennio Morricone) una determinata epica vintage e profonda, è semplicemente unica.
Dovrebbe bastare “I Calibro 35 suonano Morricone” per convincerci a fermarci tutti per un po', giusto il tempo di ricaricarci le batterie con tale esercizio di maestria in musica. Magari ci ricordiamo proprio cosa vuol dire farla, e come, e perché…la musica.
Cmqmartina – “Ambigua”
Spinge forte cmqmartina, così si fa, con carattere, con pezzi che ti prendono per il bavero della giacca, senza inseguire ritmi spersonalizzanti, comuni, che vanno in classifica ma poi non ti portano da nessuna parte. Lei invece piazza sul mercato una mina assoluta, tutta da sparare al massimo ballandosela con gusto, con insistenza, uno di quei balli liberatori che ti fanno sbattere il ginocchio contro la cassettiera quando hai perso il controllo. Bravissima, moderna, cool: cmqmartina ha tutto.
Almamegretta – “Senghe”
Una meraviglia di album che segna il ritorno di una delle band fondamentali del sottobosco musicale italiano. Gli Almamegretta erano avanti e avanti restano, ma non solo nel contesto Napule's Power, ma proprio per quella loro concezione musicale che non ha mai fatto prigionieri, che ti ipnotizza dalla prima all’ultima nota, perché quell’attitudine internazionale, musicalmente poliglotta, che potrebbe essere world ma (fortunatamente) non è, perlomeno non esattamente, che potrebbe rimanere attaccata a Napoli e alla napoletanità come una chewing gum tra i capelli, e invece risulta comprensibile a chiunque; insomma, questa delicata cazzimma, questa capacità di far brillare la tua idea di musica, la tua voglia di andare oltre, o ce l’hai o non ce l’hai. E loro ce l’hanno.
Avincola feat. Alessandro Gori – “Letti”
Brano agrodolce, una sorta di tiro alla fune tra l’automatica simpatia e leggerezza che ci suggerisce la musica del bravissimo Avincola e le parole cupe, le prospettive drammatiche, naturali, essenziali, eppure in qualche modo meravigliose, della penna di Alessandro Gori, che si concede per uno spoken word estratto dal suo ultimo libro “Confessioni di una coppia scambista al figlio morente”. Si tratta di un bellissimo brano, uno di quelli che ti tira dentro con la scusa del ritmo da hit estiva e poi ti schiaffeggia senza pietà provando a portarti verso orizzonti di sensatezza, quelli che solitamente decidiamo di far finta che non esistano. Lavoro eccellente.
Gaudiano – “100 Kg di piume”
Brano leggero dalle atmosfere funky che ci restituisce un Gaudiano più divertente, più accessibile, meno impegnato. Il timbro pulito guida il ritmo incalzante, estivo ma profondo, schietto e denso di carattere. Una canzone che si beve con gusto e che quando finisci di ascoltare hai voglia di rimettere.
Gazosa – “L’italiano”
Se vent’anni fa ci avessero detto che oggi saremmo stati qui ad ascoltare i Gazosa, non ci saremmo messi a ridere, anzi al contrario, ci saremmo figurati un futuro apocalittico, un decadimento socioculturale che gratta il fondo di un abisso…e ci avremmo praticamente preso. Infatti, più o meno parallelamente ad una pandemia e sull’orlo di una guerra mondiale, a riprova del fatto che piove sempre quando al male non c’è mai fine, ecco il ritorno dei Gazosa, per chi non se lo ricordasse, band di estremi minorenni vincitrice di un Sanremo giovani e di alcune chiacchierate hit; o, definizione altrettanto azzeccata: la peggiore idea mai saltata in mente a Caterina Caselli. Capite il nostro disagio, partire mentalmente da “Stai con me (Forever) “ e “www.mipiacitu” non permette facilmente al nostro cervello di accettarli in questa versione pretenziosamente rock ne “L’italiano”; anche se siamo filosoficamente contro il puntare il dito contro gli errori del passato, lo riteniamo concettualmente sbagliato, così ci addentriamo in questo brano come i ragazzini di “Stranger Things” nel sottosopra e, dobbiamo dirlo, la situazione è più o meno brutta in quel modo. La canzone infatti sembra una di quelle che arrivano da posti tipo la Bielorussia e che prendono in giro i nostri italioti cliché, una roba che ci fa perfino rivalutare “www.mipiacitu”, che ci fa venir voglia di tornare indietro nel tempo e concedere una carezza a quel bambino innocente, corrotto dalla musica pop scadente italiana già in tenera età. Quanta crudeltè.
Immanuel Casto – “Malcostume”
Quel geniaccio di Immanuel Casto propone un disco che va a celebrare quel suo stile dedito alla provocazione estrema, brani che risuonano nella testa come urla in chiesa, che sono artisticamente disturbanti, nel senso che quel disturbo, vago, sottile, profondo, è voluto, anzi fortemente ricercato. Il fascino dei suoi lavori col passare del tempo, invece di annoiare, aumenta; questo perché se viene meno la parte relativa allo stupore, quel domandarsi effettivamente quanto il cantautore ci sia e quanto ci faccia, le canzoni, per il mood con il quale sono confezionate, per i contenuti, che sono sempre più tirati verso l’estremo, si fanno ancor più intriganti.
“Malcostume” è certamente un passo avanti in una carriera che era già abbastanza avanti, Immanuel Casto cela dietro questi divertissment osé ragionamenti profondi che ci toccano tutti, serve attenzione per sgamarli, l’artista lascia a noi la possibilità di fermarci in superficie o pretendere qualcosa di più, se fermarci ad un sorriso imbarazzato o volerci portare a casa qualcosa di significativo da questo ascolto, ma, ve lo assicuriamo, noi che abbiamo scelto la seconda opzione, ne vale la pena.
Will – “Chi sono veramente”
Ex X-Factor, stella di Tik Tok, il nostro cervello lo aveva totalmente cancellato dal panorama musicale; oggi lo ritroviamo con questo EP e ci rendiamo conto che probabilmente il posto più adatto a lui era quello di prima, il nostro personalissimo dimenticatoio. Sei brani, non una sola nota originale, la solita sempliciottissima e orecchiabilissima concezione della forma canzone, niente anima, niente storia, tutto spiattellato, l’appeal è quello di una partita a poker a carte scoperte.
Whitemary – “Radio Whitemary”
Un disco talmente bello da riconciliarti col mondo, da farti guardare con speranza il cielo dietro la finestra. Whitemary non propone musica elettronica, propone una filosofia musicale che si esprime, in quanto fortemente contemporanea, tramite sonorità che non possono che essere elettroniche. Perché solo quel sound riesce a tradurre quell’affascinante disordine mentale, quella sbrilluccicante stravaganza, quella sensazione di trovarti su una montagna russa senza cintura di protezione. Cantautorato impegnato che non si esprime solo a parole, ma che viene supportato dal suono, dal basso che gira regolare ed esplosivo, dalla cassa in quattro, che trova rifugio intellettuale in quelle lande solitamente desolate di significato, ma che Whitemary fa letteralmente fiorire di colori dall’energia trascinante. Forse è un disco o forse è proprio l’inizio di qualcosa di travolgente.
Assurditè – “Perdo tempo”
Pop lavorato, iperprodotto, mescolato con delle tonalità soul particolarmente affascinanti; perdo tempo suona come una litania ipnotizzante, la colonna sonora perfetta per tutti coloro i quali sguinzagliano svogliatamente lo sguardo nelle piste tra una mattonella e l’altra, per chi riesce ancora ad abbandonare la testa nel palmo di una mano con l’impressione di non pensare a niente, quando in realtà tutto sta succedendo in quegli attimi. Ecco, questo brano di Assurdité, grazie soprattutto ad un tocco di voce di grandissima eleganza, succede, lì, davanti ai nostri occhi. Bravissima.
SVD – “Martina”
Un brano un po' immaturo, un po' scollato in certi punti, ma decisamente ben immerso in quell’atmosfera da teen drama che coinvolge proprio per quella malinconia di fondo che ne segna i tratti.
Liede – “Quando si mette male”
Brano estremamente intrigante, Liede ci offre un rifugio elettronico, una strada difficile ma che porta ad una sensazione di conforto praticamente totale. La musica, il ballo forsennato, dissennato, feroce, contro gli sgambetti della vita.
Giane – “Come vuoi”
Le dinamiche di coppia tradotte in musica con grande carattere e grande femminilità, con un brano ricco di guizzi, suggeriti più che altro dalle affascinanti dinamiche del timbro di Giane, cantautrice dal talento smisurato, con un orecchio fantastico per quel che riguarda il suono delle canzoni, sempre così chiaro, intenso, vibrante. Bravissima.
GLORIUS4 – “A 1000 all’ora”
La girl band a cappella siciliana in occasione dell’estate si butta su un ritmo che varia tra l’arabeggiante e lo spagnoleggiante, un mix che potrebbe risultare agghiacciante se non fosse che poi il brano esplode in un ritornello che ti si appiccica in testa con disarmante incisività senza lasciarti scampo. E se dobbiamo ballare, allora balliamo.