AGI - Quelli di Vasco Rossi non sono dei semplici concerti; mettendo da parte l’apparato musicale, un repertorio che conta, com’è noto, alcuni dei più importanti e iconici brani della storia della nostra musica, altrettanto fondamentale è la sensazione di comunità che si respira.
Il popolo del Komandante è estremamente variegato, durante le ore di attesa per la prova generale dell’apertura di Trento, cui visione è stata concessa gratuitamente a 15mila iscritti al fan club, incontriamo Amedeo, ascolano di adozione romana, 53 anni, all’AGI racconta che al suo primo concerto di Vasco nel 1981 erano circa 200, forse meno, fu suo zio a portarlo a San Benedetto del Tronto a sentirlo e da lì fu amore; sul polpaccio destro un tatuaggio con la copertina di “Nessun pericolo... per te”, l’album di “Sally” uscito nel 1996, per intenderci. “È un fratello maggiore, è la vita per me, siamo cresciuti insieme, ho imparato tanto da lui. Molti ormai lo ascoltano per moda – ammette – non lo ascoltano più veramente”.
Amedeo è solo uno dei tanti che seguirà Vasco in tutta Italia, in tutte e undici le date di questo tour, “è una grossa spesa, faccio l’operaio, sono separato da mia moglie e devo mantenere tre figli, ma a parte le sigarette è l’unico vizio che c’ho”.
Luigi nel 1981 non era nemmeno nato, ha undici anni, viene da Milano, è lì a Trento insieme al fratello poco più grande e ai genitori, sui loro avrambracci svetta ancora un tatuaggio con la scritta “Kom”; “Lo amo perché è il rock – dice all’AGI – gli vorrei dire che lo stimo”, questo per Luigi è già il quinto concerto, ne seguiranno altri tre del tour, Massimo, il padre, ci spiega che tra biglietti, viaggi e alloggio non si possono permettere di più, ma nemmeno di meno, perché Vasco “è una questione di famiglia”.
Anche per Luana, 67 anni, è una questione di famiglia, suo figlio ormai vive a Boston ma è forte in lei il ricordo di quando aveva 10 anni e lei lo portò di nascosto al padre al concerto di Vasco. Lei sostiene di aver assistito a circa 400 concerti del Komandante, in più non si nega lo sfizio di andare 3-4 volte l’anno a Zocca, sperando di incontrarlo; operazione che evidentemente riuscita almeno un paio di volte dato che sfoggia uno zainetto del merchandising di Vasco autografato in più punti.
Anche lei, come Amedeo, il primo live di Vasco lo ha visto nel 1981 e anche lei rimprovera un certo cambiamento nel pubblico, oggi in questo senso le è andata proprio male: è partita da Roma la mattina presto, era riuscita ad essere davanti a tutti all’apertura dei cancelli, ma quando si sono spalancati lei è inciampata e un’orda di fans l’ha travolta fino a calpestarle perfino il viso. È dovuta intervenire un’ambulanza per soccorrerla, è acciaccata, qualche livido sul braccio, una piccola ferita sul volto, ma sta bene ed è lì che fuma una sigaretta aspettando l’entrata del suo idolo indiscusso, ma dice “Una volta ci aiutavamo a vicenda, specie se c’era qualcuno che non ce la faceva”.
Le storie sono tutte così, estreme, pazzesche, magari incomprensibili, un occhio poco attento potrebbe definire la situazione come una sorta di apoteosi del fanatismo più talebano; poi Vasco Rossi intorno alla metà del concerto canta “Siamo solo noi”, e lo fa con un’intimità, un gioco di sguardi con chi ha di fronte, che lascia spiazzati; ci si accorge che quello al quale si assiste è il rito sacro di una comunità, una comunità magari di disillusi, di adulti ai quali è rimasta un’unica forma di rock nella vita, ed è quella di Vasco, di individui che cercano delle risposte e vedono in lui un profeta che all’ombra delle sue canzoni li raggruppa, li unisce in un pugno contro il cielo, un dito medio contro tutto e tutti.
Perché questo è quello che Vasco fa: mettersi lui insieme al suo popolo da una parte e tutti gli altri dall’altra, proponendo nelle sue canzoni quasi una prospettiva, la liberazione dagli schemi che attanagliano le nostre esistenze. In pratica, una sorta di salvezza. Forse un’illusione per chi pensa che la musica sia soltanto mero intrattenimento, ma non è questa l’aria che si respira a Trento e in tutti i concerti di Vasco Rossi, un uomo che da solo è stato capace di generare quello che mai nessuno in Italia è mai riuscito nemmeno ad immaginare.