AGI - È passato un anno dalla morte di Franco Battiato, è passato in fretta, perlomeno questa è la nostra percezione, distratti come siamo da pandemie, guerre e comunque in generale da uno stato di tensione costante, sempre guardinghi rispetto a ciò che ci aspetta, ormai convinti che tutto potrebbe succedere da un momento all’altro.
In un’epoca di incertezza così pressante, un pensatore come Battiato sarebbe stato certamente d’aiuto, e invece non c’è più; e sarebbe quasi confortante pensare che sia stata la sua scomparsa, un destino dalla logica incomprensibile, a negarci l’essenza della sua ricerca, come uomo e come musicista, una ricerca che poi si declinava in brani e diventava anche pop, alle volte perfino commerciale, in quanto facilmente vendibile, facilmente accessibile, fino naturalmente ad arrivare ad essere alto, elevato, solenne, definitivo nella sua poetica.
Ma non è così, il maestro Franco Battiato, titolo che non ha mai troppo apprezzato, ce lo siamo persi per strada molto tempo prima, quando il cantautorato italiano è stato massacrato dal mercato, dal feroce bisogno di trasformare la musica in un prodotto da impacchettare e vendere e non c’è più stato spazio per le idee, per chi non accontenta il pubblico in tutto e per tutto.
Non è stata colpa dei talent, perché Battiato è sempre stato apertissimo a chiunque si volesse affacciare, seppur in maniera scoordinata, al mondo della musica; non è stata certamente una questione anagrafica in quanto Battiato fu sempre così avanti che ancora nessuno lo ha ancora raggiunto, e chissà se succederà mai; non è stata colpa del rap, perchè non era nella natura di Battiato rifiutare ciò che era lontano da sé, anzi, lo ha sempre accolto, abbracciato, studiato e cantato.
È colpa nostra, che abbiamo permesso questo decadimento nei contenuti, siamo noi che abbiamo richiesto questa semplicità, che abbiamo voluto (e continuiamo a volere), fortemente, che la musica sia niente più che intrattenimento.
È colpa anche della critica musicale, è chiaro, che non è riuscita a far fronte comune, arginando quest’onda anomala di artistucoli più interessati agli effetti della musica piuttosto che alla musica in quanto necessità artistica; salvo poi riunirci in accorati post sui social, ricordarlo come un vecchio amico, compiendo doppie capriole mortali alla ricerca del citazionismo più sensazionalistico, appropriandoci di un contenuto per rifletterci sopra noi stessi, veri e propri mercenari della profondità altrui, ripagati in like e follower.
Franco Battiato sarà ricordato al Teatro Antico di Taormina con un concerto/evento dal titolo “Ciao Franco… Over and Over Again”, organizzato dall’amico tastierista Angelo Privitera, verranno proposti i classici del suo repertorio, interverranno dal vivo Carmen Consoli e Red Canzian, si collegheranno Vincenzo Mollica e il producer Ben Fenner; nel frattempo RaiUno trasmette il docu-film “Il coraggio di essere Franco”, altra commossa carrellata di volti del nostro showbiz che testimonieranno l’importanza che ha avuto Battiato nella storia della musica italiana, nelle loro vite e anche nelle nostre di vite, qualora l’ascolto di un qualsiasi dei grandi brani che ci ha lasciato non bastasse.
Tutto corretto, anzi, poco, l’omaggio a Battiato del Festival di Sanremo 2022, per dire, è sembrato quasi un compitino, un atto dovuto da piazzare in scaletta, ma realizzato senza alcun amore, confezionato con meno enfasi delle cartoline della Liguria con la sassarese Elisabetta Canalis.
La verità è che la morte di Franco Battiato ha creato un vuoto incolmabile nel futuro della discografia italiana, ci ha lasciato un tesoro di valore inestimabile ma che noi rispolveriamo, questa è perlomeno l’impressione, con disattenzione, come quando puliamo casa solo perché in attesa di ospiti, per fare bella figura, ad hoc, perdendone così di vista l’essenza assoluta.
Un valore riconosciuto all’unanimità, ci mancherebbe, ma che poi viene affogato goffamente nel turbinio del flusso che regola le nostre giornate in tv e sui social; mentre la discografia con una mano asciuga le lacrime del pubblico e con l’altra lo accoltella a colpi di reggeaton; che è sempliciotto, arriva a tutti, suona bene sia nei lidi che nei centri commerciali e non rompe le scatole a nessuno.
La musica è qualcosa in più, qualcosa di diverso, perlomeno può esserlo, e se volete una prova noi vi rispondiamo con un qualsiasi disco di Franco Battiato. Che probabilmente si sarebbe anche fatto beffe perfino di chi, come noi, insiste nel combattere una battaglia alla quale lui forse nemmeno pensava, preso com’era da qualcosa di nettamente più importante, ovvero quella ricerca di cui sopra, per illuminare angoli di mondo sconosciuti e pregni di poesia; la ricerca del bello, anche quando inspiegabile, inesplicabile, troppo alto per noi, ai suoi piedi, a bere al volo le gocce che colavano da quei versi, che non hanno storia.
Magari allora non è il caso di contare gli anni di assenza di Battiato, un countdown al contrario che non porterà a niente; sarà però la nostra stessa incongruenza a ricordarci l’avvenimento, sulle nostre bacheche, copy da intellettualoidi per accompagnare foto scosciate al mare, piatti di pasta e tramonti color smog. Battiato era molto di più, almeno questo certifichiamolo, salviamolo, rendiamolo un concetto inattaccabile.