Fabrizio Moro: il ritorno a Sanremo e il debutto da regista, “il film mi ha sbloccato”
AGI - Fabrizio Moro è uno dei sette componenti del cast del prossimo Festival di Sanremo a tornare da vincitore. Era il 2018, la canzone in questione si intitolava “Non mi avete fatto niente” e lui cantava in coppia con Ermal Meta, cosa che ha definitivamente fatto esplodere il successo, per lui, per Ermal Meta, ma anche per tutta una generazione di artisti, l’ultima a muoversi con le vecchie regole della discografia, prima che indie, rap, trap, invadessero definitivamente il mercato rivoluzionandone i meccanismi.
Ma il Festivàl della Canzone Italiana, si sa, è un luogo dove tutto arriva con qualche annetto di ritardo; per dire l’anno scorso, anno domini 2021, Amadeus ha organizzato il festival che in realtà, per stare al passo coi tempi, come minimo Carlo Conti avrebbe dovuto organizzare nel 2016.
Così noi oggi, con il televoto, il più grande errore del regolamento sanremese, ancora fulcro fondamentale del percorso di un artista all’Ariston, possiamo tranquillamente considerare Fabrizio Moro uno dei favoriti. Il suo è un pubblico eterogeneo e generalista, abituato a vederlo in tv, emerso proprio a Sanremo, un volto amico, faccia da duro e cuore di panna, brani ben strutturati, che arrivano dove devono dritti per dritti, comodi se vogliamo, perfetti per la performance televisiva dinanzi al pubblico ageè di mamma Rai.
Nel giro di un mese il debutto da regista e il ritorno a Sanremo…ti annoiavi?
Be, diciamo che siamo rimasti chiusi in casa tutto questo tempo e questa cosa ha influito tanto sull’umore, sull’ispirazione, su diverse componenti della nostra esistenza.
Ho scritto tanto, ho detto spesso che quello del musicista è come un secondo lavoro per me, io amo scrivere, ho scritto dei libri che non ho mai pubblicato, ho scritto dei film che ancora non ho diretto e ho scritto canzoni che non ho prodotto; ho scritto tantissimo e tra questi fogli aleggiava questa storia che avevo in testa già da diversi anni e che ho voluto poi portare a compimento in questo momento in cui sono stato lontano dal palco, soprattutto per non finire in depressione, perché per un musicista stare lontano così tanto tempo dal palco è una cosa più che drammatica. Quindi se non ci fosse stato questo progetto non so che cosa sarebbe successo.
Com’è nata l’idea del film?
Il progetto del film è nato e si è concretizzato in poco tempo, perché io e Alessio De Leonardis abbiamo finito la sceneggiatura in un mese, poi abbiamo coinvolto Vinicio Marchioni e Giacomo Ferrara con una telefonata, poi gli abbiamo spedito la sceneggiatura e hanno accettato subito di girare questo film, ci hanno dato subito fiducia, la produzione, la distribuzione, tutto il cast, la squadra…insomma in quasi sei mesi ci trovavamo sul set. Questa è stata una svolta anche per l’album, infatti dopo aver scritto la sceneggiatura di questo film mi sono sbloccato.
Solitamente dove prendi ispirazione per scrivere le tue canzoni?
Io ho preso sempre ispirazione dal palco, c’erano momenti che io stavo sul palco, mi veniva l’ispirazione, mi venivano in mente nuove canzone, perché mi domandavo in continuazione come avrebbe reagito la folla mentre gridavo quell’inciso o suonavo quel riff, per me è stato sempre un motivo di ispirazione enorme e da quando è scoppiata questa pandemia l’ispirazione ho dovuto trovarla in altre sedi e in questa sede, cinematografica appunto, ho scritto il nuovo album.
È arrivato il momento dunque per raccogliere tutto quello che abbiamo seminato, speriamo che questa rinascita possa segnare una linea definitiva rispetto a questo brutto momento che abbiamo vissuto e che possa rappresentare una vera ripartenza.
Sei più nervoso per il debutto da regista o per il ritorno a Sanremo?
Fino a ieri ero più agitato per il film, nonostante Sanremo faccia sempre molta paura, non c’entra quante volte hai partecipato, hai vinto, ogni volta è lo stesso tipo di paura. Poi la critica che l’ha visto mi ha fatto un sacco di complimenti, lo ha promosso, non me l’aspettavo, pensavo che l’ambiente del cinema fosse molto più radical chic di quello della musica, invece è stato accolto a braccia aperte e mi sento più rasserenato. Ora comincio ad avere paura del palco del festival, vedremo cosa succederà, perché sono molto emotivo, mi faccio un po' prendere, mi dicono di prepararmi ma è inutile che mi preparo, io vado lì a istinto, può succedere di tutto, posso cantare male, posso cantare bene, dipende dall’energie che si espandono in me in quel momento.
Quindi è la paura l’emozione che prevale in questo momento o ce ne sono altre?
Intanto quel palco fa sempre paura, in tre minuti ti giochi un progetto sul quale hai lavorato per due anni, come nel mio caso, o da una vita in certi casi; e poi stavolta c’è anche la responsabilità del film, legata a questa performance. Quindi c’è una grande responsabilità che cercherò di vivermi con serenità, perché sono un essere umano, cercherò di mettercela tutta e vedremo cosa accadrà. Io farò del mio meglio, non posso recriminarmi nulla in questi due anni di lavoro, abbiamo fatto tanta tanta fatica.
Mi racconti la tua canzone?
La canzone nasce nel momento in cui stavo scrivendo la sceneggiatura del film e mi è stata ispirata in primis dalla storia d’amore che il protagonista vive all’interno di questo racconto, su cui ho riflesso gran parte della mia vita. Poi in questi due anni c’è una persona che mi è stata particolarmente vicino e mi ha salvato dalla parte più brutta di me, dalla depressione e da tutto quello che è arrivato in questo momento di forte negatività. È la prima volta che riesco a fare una dedica d’amore così aperta e così trasparente, cosa che non avevo mai fatto, si vede che sto invecchiando, mi sto indebolendo (e ride)…oppure mi sto fortificando.
Come mai “Uomini soli” per la serata delle cover?
Intanto è un pezzo straordinario, uno dei più belli della storia della musica italiana, e poi mi riporta alla mia adolescenza, lo cantavo sempre ai matrimoni e mi chiedevano il bis. Quindi l’ho metabolizzato bene in questi anni, per questo mi da sicurezza, speriamo di cantarlo bene anche sul palco dell’Ariston perché lì c’è l’ansia da palcoscenico e Facchinetti che guarda.
Ma uno che ha già vinto Sanremo, quindi conosce la gioia del trionfo, quando torna al festival davvero non pensa minimamente alla competizione?
No, io non c’ho mai pensato. Mai. Perché se entro nel vortice della competizione è finita, mi prende un’ansia pazzesca. Io in quei giorni addirittura non ricevo messaggi, non voglio leggerli, tipo “Hai cantato bene”, “Hai cantato male”, “Sei primo”, “Sei secondo”, “Sei terzo”, non voglio sapere niente. Anche perché poi la vera vittoria avviene dopo se deve venire, si spera che il pezzo vada bene, che si facciano numeri ai concerti, tutto quello che accade dopo il festival, perché poi ci sono dei parametri di giudizio completamente diversi dopo il festival. Quindi non voglio farmi condizionare da una cosa che alla fine non conta nulla.
Che ne pensi del cast di quest’anno?
Sono veramente soddisfatto. Prima di tutto perché ci sono artisti che non avevano nemmeno bisogno di fare Sanremo, mi è piaciuta quella cosa che ha detto Gianni Morandi: “A me non me ne frega niente se arrivo ultimo o primo, di certo non sono questi tre minuti che vanno a compromettere una carriera”, e questa cosa qui è bellissima, vedere un grande artista che si mette in gioco su un palco così importante, mi fa riflettere, mi fa pensare che quel palco di Sanremo possa tornare a risplendere, come quando negli anni ’90 i big della canzone italiana andavano in gara. Quindi quest’anno troviamo sia dei big che non hanno bisogno di andare al Festival e poi ci sono dei ragazzi che io non so chi sono, mi sono anche trovato in difficoltà nel backstage…arrivavano questi ragazzi, tinti biondi, con i tatuaggi in faccia, si avvicinavano per presentarsi gentilissimi ed io dovevo chiedere a Irama, che stava lì accanto a me ed è più giovane, per evitare di fare brutte figure! In realtà questa è una cosa bella, Amadeus ha detto a tanti di noi: “Per me la cosa che conta non è solo il nome ma la canzone, io voglio dare importanza ai brani. Se ci sono artisti meno conosciuti ma hanno scritto dei brani che reputo belli io cerco di dargli più spazio possibile” e questa è una cosa giusta. Oggi il mercato è spezzettato in tanti frammenti, non ci sono più solo Vasco Rossi, Gianni Morandi e Ligabue, ci stanno anche Gazzelle, Calcutta, ragazzi che si sono fatti strada nel circuito indipendente, con tanta forza, con delle bellissime canzoni, stanno facendo un bellissimo percorso anche se alla maggior parte del pubblico restano ancora sconosciuti, perché ancora non hanno fatto il salto di qualità estetico, non artistico.
Ma chi non hai riconosciuto del cast?
Parecchi. Sinceramente parecchi. Sono io che mi sono sentito vecchio! Anche perché poi vai a vedere e sono ragazzi che hanno dei numeri straordinari!
Sulla tua pagina Wikipedia leggo che sei stato affetto in passato da “un temporaneo disturbo di tipo ipocondriaco”…sei ipocondriaco?
Lo ero, ora riesco a mantenere il controllo.
Sarà stato un periodo complesso allora, come hai affrontato questa pandemia?
Non so perché, forse per incoscienza mia, ma non ho mai avuto una particolare paura di prendermi un virus e morire, non ho mai avuto paura di questo. Io ho un altro tipo di ipocondria: non sapere se sto male. Io andavo a fare trecento analisi per vedere se nel mio corpo c’era qualcosa che non andava, la cosa che mi faceva più paura era non avere il totale controllo del mio corpo. I miei più grandi amici sono medici, te lo possono confermare tutti, io ho comprato una casa a Formello due anni fa, perché mi piaceva il posto e tutto quanto, è chiaro, ma anche perché il mio vicino di casa era un dottore; quando l’ho conosciuto mi sono convinto. Poi anche radiologo! Potevo chiamarlo in continuazione per dirgli “Oh mi fa male il braccio, fammi una radiografia!”. Questa paura qui mi faceva impazzire, non mi faceva dormire la notte, poi sono riuscito a tenerla sotto controllo quando sono nati i miei bambini, perché poi le paure le ho riversate su di loro, non mi preoccupo più per me, da quando sono nati questa cosa si è andata piano piano ad affievolire. Ma in questi due anni non ho mai avuto particolarmente paura del virus e infatti, forse per questo, non me lo sono preso.
Qual è l’ultima cosa che penserai prima di salire sul palco?
A mia figlia.