AGI - Moderna, incisiva, cool, Ditonellapiaga è certamente la migliore intuizione di Amadeus per la terza volta direttore artistico di Sanremo. La sua voce è ipnotica, sensuale, ti fa vibrare qualcosa tra lo sterno e lo stomaco, viaggia in scioltezza tra il più erotico degli R&B e la cassa dritta che ti fa fare si con la testa, fino a brani che richiamano al cantautorato puro, classico, di contenuto.
Nei brani si intravedono lampi di se stessa, ma allo stesso tempo disegna la condizione femminile come raramente sentiamo in Italia, con l’onestà di cantarne fragilità e onnipotenza, che poi è il mix che rende la donna, in assoluto, la più geniale invenzione del creato.
“Camouflage” è un album in 3D, nel senso che ti avvolge e ti costringe quasi alla partecipazione, il semplice piacevole ascolto non è contemplato, va sparato ad alto volume, ballato davanti allo specchio per capire in che modo questa sua cura nell’interpretazione dei brani si riflette sul nostro corpo.
Cosa è necessario sapere di Ditonellapiaga come artista?
Secondo me la cosa importante è sapere, prima dell’ascolto, che quello che c’è nella mia musica è imprevedibile, i miei pezzi sono come film, racconti. È giusto che gli artisti raccontino anche quello che vedono attorno a loro, io mi faccio ispirare molto dai suoni, che mi evocano delle immagini o dei posti, delle persone, che magari ho vissuto io o magari mi ci proietto semplicemente dentro e poi inizio a scrivere. Ma non è solo la mia vita e quello che sento, sarebbe anche più noioso per me da scrivere e anche da ascoltare, perché non è che c’ho questa vita pazzesca.
L’interpretazione è una caratteristica fondamentale del tuo fare musica…
Certo, è nostro compito non solo cantare bene ma anche veicolare il peso delle parole che ci portiamo dietro, motivo per il quale ci sono cantanti molto bravi che magari non diventano famosi o professionisti apprezzati, ci vuole qualcosa in più oltre alla voce. Poi magari ci sono cantanti che sono delle mezze campane, che tecnicamente non sono di un livello irraggiungibile, ma poi hanno qualcosa in più che trasmette un brivido o è semplicemente il saper raccontare un pezzo, saper fare arrivare la storia, saperla fare vedere. A me la cosa che diverte è proprio interpretare quello che scrivo, non mi limito mai a raccontare una cosa, mi piace vocalmente giocare con l’interpretazione del pezzo. “Prozac” per esempio è un pezzo molto potente a livello vocale, ma è un pezzo che racconta della paranoia, dell’ansia, di questi pensieri intrusivi e la soluzione per attenuarli è un uso spasmodico di questi psicofarmaci, che io non ho mai preso in vita mia; ho deciso di raccontarla in quel modo perché mi permetteva di giocare con un tipo di voce molto ariosa, molto ansiosa, ansiogena, e di utilizzare un certo tipo di linguaggio, ma principalmente il motivo è che potevo essere in quelle condizioni psicofisiche mentre la cantavo…
E questo si riflette anche sui generi, nell’album se ne trovano una gran quantità…
Io faccio la paracula e mi definisco pop, che adesso comprende tutti i generi (e ride). Mi piacciono tante cose diverse, poi questo è il primo disco ed è la sperimentazione più importante che ho fatto nella mia vita, ho fatto tentativi, ho spaziato anche per capire che strada prendere, magari in futuro elaborerò il tutto e farò una cosa meno schizofrenica…o magari no.
C’è una Ditonellapiaga che al momento ti convince più di un’altra?
C’è una Ditonellapiaga che sento più vicina a quella che sono veramente, quella che viene fuori nei pezzi più romantici, perché riconosco che sono emotivamente più veritieri. “Morfina”, “Vogue”…sono pezzi molto caricati dalla fantasia, sono cose delle quali mi piace molto parlare, che mi divertono, ma i brani che mi rappresentano di più sono quelli più intimi.
Una delle caratteristiche che più impressionano è quando Ditonellapiaga tira fuori la sua sensualità….
A me la sensualità affascina molto, mi piace molto affrontarla. Ci sono delle artiste che affrontano bene questa sensazione a livello internazionale ma spesso si scade nella volgarità, nello spiattellamento, una roba più sessuale che sensuale, come nella trap…e secondo me è meno interessante, è un po' banalotto. Mi interessa invece questa sfaccettatura più raffinata perché è anche più divertente da interpretare.
Visto il tuo passato nel teatro dobbiamo aspettarci qualcosa al Festival?
Io a livello fisico mi divertirò ad interpretare il pezzo, anche perché è un pezzo ballabile. Questa cosa verrà portata in scena con il corpo, non saremo semplicemente due pali che cantano.
Com’è nata la collaborazione con la Rettore?
Per alcuni lati della mia musica è stato sempre un punto di riferimento, un’ispirazione, specie per quanto riguarda il linguaggio. Quando ho scritto “Chimica” mi sono ispirata un po' a lei, a quel mondo sonoro, quando l’ho fatta ascoltare alla discografica mi ha risposto “Io ci sento molto la Rettore in questo pezzo, ti andrebbe di provare a contattarla per cantarla insieme?”, io ovviamente mi sono gasata. Da lì ci siamo incontrate, Donatella è molto simpatica, completamente pazza, ma pazza buona, mi vuole benissimo, siamo molto in sintonia; a lei il pezzo è piaciuto molto, si è molto rivista, il che mi ha fatto molto piacere…
Una favola…e la tua è davvero una favola, magari un po' retrò. Negli ultimi anni le strade per arrivare al successo sono due: o quella dei talent o quella del circuito indie con i live. Ma quella del circuito indie ti è stata negata dalla pandemia, quindi tu fai un passo indietro e in pratica come trampolino di lancio userai Sanremo…
In generale, escludendo talent e Sanremo, la strada giusta è quella dei live ma è faticosissima, perché escono un sacco di artisti ogni giorno e il premio della popolarità non lo da la casa discografica che crede in una voce ma la viralità, quindi non è detto che con quella strada classica riesci a emergere. Per quanto riguarda i talent, quando avevo 16 anni ho provato X-Factor e ringrazio il cielo che non mi abbiano presa; forse adesso è già diverso, anche perché adesso cercano già artisti fatti, ma il rischio è che se non hai un’identità molto forte, non sai perfettamente cosa vuoi fare, chi sei, ti appiccicano un’etichetta addosso. Sanremo io lo trovo un miracolo, un miracolo arrivato dalla potenza del brano e dalle interpretazioni, sono fiera della scrittura di questo pezzo ma sono consapevole che sia una grande fortuna. Spero che sia un trampolino di lancio soprattutto per fare ascoltare anche gli altri miei pezzi, di non rimanere “quella che ha fatto quella canzone di Sanremo”. Mi piace sperare che sia così.