AGI - Il ritorno degli ABBA con “Voyage” rappresenta un progetto ben definito, la riaccensione per qualche mese di una cometa che ha illuminato il pop mondiale, il canto del cigno per una band che ha clamorosamente conquistato il mondo e lasciato una traccia indelebile nella memoria di tanti appassionati.
Non è un caso se l’evento in programma a Londra il prossimo 27 maggio al Queen Elizabeth Olympic Park di Londra, costruito e ribattezzato per l'occasione ABBA Arena; un live del tutto particolare in cui una band di dieci elementi reale accompagnerà l'esibizione "digitale" di Agnetha, Bjorn, Benny e Anni-Frid, sia andato sold out in pochissimo tempo, con biglietti che al momento su Viagogo, il tanto discusso sito di bagarinaggio, toccano le 1.000 sterline, quasi 1.200 euro.
E non è nemmeno un caso se, al contrario, su Spotify, ormai la piattaforma sulla quale si misura il successo di qualsiasi progetto musicale in ogni angolo del pianeta, gli ascolti dei brani del disco siano stati pochini. “Sapevamo che se ci fosse stato uno show avremmo dovuto avere anche un paio di canzoni nuove da inserire in scaletta” ha detto Benny Andersson, insieme a Björn Ulvaeus vera anima degli ABBA, e su con quest’ottica va analizzato “Voyage”: un progetto ideato per spingere l’evento, esattamente al contrario del normale ingranaggio discografico, il disco che serve per sponsorizzare l’acquisto dei biglietti del concerto.
Così, se i singoli che hanno anticipato l’uscita di “Voyage”, “I Stille Have Faith You”, “Just A Notion” e “Don’t Shut Me Down”, sospinti dall’hype, come si dice in gergo, per il ritorno sulle scene di una band dal nome così universalmente riconosciuto, su Spotify hanno raccolto svariati milioni di stream, tutti gli altri brani del disco, 24 ore dopo l’uscita, vacillano vistosamente.
È certamente un progetto ambizioso quello di rispolverare un sound come quello degli ABBA, forse troppo in là con l’età per sfornare la classica hit internazionale, certamente se a qualcuno fosse passato per la mente di ritrovare quella stessa verve con la quale i quattro svedesi negli anni ’70 hanno sbancato le classifiche mondiali.
Così quello che resta è il sentore, la nostalgia, la stessa che si respira ascoltando “Don’t Shut Me Down” o “Just A Nation”, che sono sicuramente gli unici due brani del disco che provano a piazzarsi su quella scia. Gli altri otto pezzi invece puntano sul classico pop internazionale, anche vagamente agèe, giusto per provarci con quella fetta di pubblico ancora nemmeno nata durante i loro anni d’oro, senza negarsi quasi mai quella marcetta dancefloor tipica della loro produzione, provandoci pure con il canto di Natale (“Little Things”), ma restando su un terreno sempre un po' incolore, come se più che altro fossero stati pubblicati per “riempire” delle caselle.
La verità è che la spinta al nuovo successo degli svedesi è data da questo concerto che farà grande uso degli ologrammi, un live innovativo, che si spera non rappresenti il futuro come in tanti negli ultimi anni hanno ipotizzato, dalla curiosità di partecipare a quella che più che altro sembra una festa alla quale gli ABBA, anche se ci tengono a specificare saranno moralmente presenti sul palco, in realtà sono solo gli ospiti d’onore.