AGI - Sarà Torino la città in cui si svolgerà la 66esima edizione dell’Eurovision Song Contest, la gara canora che ha mandato letteralmente in orbita il successo dei nostri Maneskin che hanno vinto l’edizione 2020 a Rotterdam.
La finale di quello che si può considerare l'evento non sportivo più seguito al mondo si svolgerà al PalaOlimpico, una delle arene indoor più grandi d'Italia, il prossimo 14 maggio.
Grande soddisfazione da parte delle istituzioni cittadine, quelle che si giocheranno al ballottaggio la poltrona di sindaco, quindi dal candidato del centro-sinistra Stefano Lo Russo al candidato del centro-destra Paolo Damilano, e perfino da chi il prossimo 14 maggio, dunque, su quella poltrona non siederà più, il sindaco uscente Chiara Appendino, che ha seguito tutta la fase riguardante la candidatura della città, una fase non facile: molto alte e molto peculiari erano le richieste dell’organizzazione dell’evento.
Torino ha battuto la concorrenza di altre quattro città: Milano, Rimini, Bologna e Pesaro. Una vittoria, certo, che fa onore al capoluogo piemontese, ma che è fonte di interesse anche per gli introiti che potrebbe far confluire nelle casse del comune. Prima di tutto c’è da fare una valutazione dei costi: un Eurovision Song Contest costa circa una ventina di milioni di euro.
Naturalmente le spese possono variare in base allo stato delle strutture, per esempio nel 2012 l’Azerbaigian ha speso 60 milioni di euro, senza contare la costruzione da zero della Baku Crystal Hall, costata altri 100 milioni. Anche la Danimarca arrivò a 41 milioni, ma perché furono commessi degli errori di progettazione nella riconversione in arena della B&W Hallerne. C’è chi ne ha spesi molti meno, come la Svezia nel 2016, che tirò fuori appena 13 milioni di euro.
A ogni modo, i costi dell’evento sono solitamente spartiti tra la tv di Stato, che dovrebbe rientrare dell’esborso grazie agli slot pubblicitari di uno show televisivo che incolla davanti agli schermi con crescente attenzione oltre 200 milioni di spettatori, e il comune ospitante che, perlomeno sulla carta, dovrebbe avere enormi benefici alle attività locali. I dati snocciolati sul sito eurofestivalnews sono piuttosto chiari: la città ospitante ha sempre avuto enormi benefici sotto tutti i punti di vista, in special modo per quel che riguarda il turismo, rientrando appieno della spesa sostenuta dal comune.
L’Eurovision Song Contest infatti è macchina enorme che sposta migliaia di persone tra staff, delegazioni e giornalisti; ma tutto questo naturalmente prima della crisi sanitaria, tant’è che l’anno scorso quando l’Olanda si fece i conti in tasca per capire quanto “convenisse” ospitare la kermesse, scoprì che non sarebbe andata in pareggio. Ma il calcolo del fatto che la città candidata, Rotterdam, avrebbe avuto un ritorno in visibilità difficilmente calcolabile, ma che è traducibile in diversi milioni di euro.