AGI - Attraversare l'Italia, da nord a sud, pedalando per oltre 1.300 chilometri, nel momento in cui l'Italia è imprigionata in fasce di colore, in zone invalicabili a causa della pandemia. Farlo con un unico obiettivo: andare a scoprire la terra di un padre, deceduto 9 anni fa a causa di un cancro e, in qualche modo, riconciliarsi con lui, con la sua storia, con un'assenza che si è fatta sempre più pesante.
A compiere questo viaggio intimo, poetico, ma al tempo stesso sociale e politico, è Maurizio Carucci, frontman della band genovese "Ex Otago", che è anche scrittore, agricoltore e, appunto, viaggiatore. Il 6 aprile ha inforcato la sua bici e, insieme all'amico "Massi, il cuoco", è partito dalla Val Borbera, da Figino, destinazione Taranto. Quando AGI lo raggiunge al telefono è sera. Maurizio è in Abruzzo, a Giulianova, "in una modesta pensione, dove non manca niente. Detesto il lusso: amo le osterie, le trattorie, le piccole pensioni come questa" racconta.
"Questo momento, più che suggerire il viaggio, ovviamente lo ostacola. Se fossi partito in un periodo normale, sarebbe stata un'impresa sicuramente meno tesa, più semplice, più ludica - commenta - invece oggi è un viaggio in cui subentrano un sacco di dinamiche, di tematiche. Siamo sempre un po' "illegali" e, se il viaggio di solito favorisce l'incontro con le persone e le culture, ora la gente ha paura, è tesa, non fa domande, scappa. Questa non è una cosa che mi aiuta, la subisco. Ma sto dietro al tempo: se viaggio ora c'è un perché e, semplicemente, sto andando dietro a questo perché. Se l'Italia oggi è così, la faccio entrare, volente o nolente, dentro questo viaggio che non è una vacanza, ma un'esperienza profonda che ci fa perdere un po' la confidenza con la nostra storia e la nostra routine".
Carucci è solito viaggiare, soprattutto a piedi: "Parto da casa, in Val Borbera, e arrivo a Genova, a Torino, a Milano, a Piacenza. Amo viaggiare nel senso più autentico e viscerale del termine. In questo caso particolare, avevo una gran voglia di avere a che fare nuovamente con mio padre, perché purtroppo la vita non ci ha dato tantissime occasioni per approfondire il nostro rapporto. Quindi mi sono detto 'vado a Taranto', posto in cui non sono mai stato. Vado lì e cerco di dedicargli questo tragitto, questa traversata. Andrò proprio dove è nato - racconta - dove ha passato i primi anni di vita: cercherò di sentire i profumi, gli odori, anche quelli cattivi, del suo quartiere. Cercherò di contemplarlo e di celebrarlo in qualche modo".
"Quando ho una pulsione precisa verso qualcosa, mi ci infilo dentro, che sia un viaggio, una canzone, un cultura. L'agricoltura mi insegna sempre che quando è il momento bisogna farle le cose: quel momento ha una sincronia, dei colori tutti suoi. La cultura contadina dice 'in questa luna c'è bisogno di metter giù le patate' e bisogna farlo adesso se vuoi farlo bene. In qualche modo do seguito a questa cultura e faccio le cose quando le sento nel profondo". Ed è proprio la cultura contadina a dettare i tempi del viaggio: "Mi sono ritagliato questo lasso di tempo che va fino alla fine di aprile, perché la vite che coltivo dalle nostre parti, in Val Borbera, è ancora in un momento di stasi: arriverò quando la vigna avrà appena germogliato e, da lì in poi, comincerà la stagione impetuosa. Ma sarò più pronto perché dopo un viaggio torni alla tua realtà più fresco, più lucido".
Il bagaglio è soprattutto emotivo, spiega il cantautore: "Viaggio con una borsa da 16 litri e un'altra da 6, ma entrambe sono mezze vuote. Ho le scarpe, un paio di pantaloni per cambiarmi dalla tuta, tre magliette, due pile leggeri, un guscio leggero". Con Carucci ci sono i pensieri, la musica, i paesaggi di un'Italia talvolta inedita in questa fase pandemica: "Finora l'accoglienza è stata buona ovunque, perché ho scoperto che, in qualche modo, i ciclisti hanno un'aura quasi di invisibilità - dice sorridendo - non ci fermano, quasi non ci considerano, pensano che veniamo dalle vicinanze, invece magari abbiamo alle spalle già 300 km. Poi, quando qualcuno chiede spiegazioni, allora sì, rimangono tutti piuttosto stupiti".
Lo stupore deriva anche da quell'impresa compiuta in bicicletta, che trascina con sé anche uno "statement" politico: "In un mondo in cui la velocità è il primo dogma dei nostri tempi - spiega Carucci - io scelgo il viaggio in bici o a piedi: questo è per me denso di significati e di valore". L'impresa, oltre ad essere condivisa su Instagram, sarà poi raccontata su Radar Magazine, per cui il frontman degli Ex Otago scrive. Ma non solo: "E' un po' di tempo che mi propongono di scrivere un libro, non so se è ancora il momento: ho il lavoro in campagna che mi prende tanto, sto scrivendo moltissime canzoni che mi riascolto durante il viaggio. Ho sempre le cuffiette con me. Sicuramente questa traversata è un momento per mettere a fuoco le cose e mi sta aiutando tantissimo sui testi delle canzoni. Insomma, tutto ciò che uscirà dalla mia testa e dalle mie mani, sicuramente sarà favorito da questo viaggio".
Lasciamo Maurizio nella sua stanza di Giulianova, prima di affrontare altri chilometri verso un appuntamento che non può più essere rimandato: "Vado a trovare mio padre con la speranza di rivederlo, di parlargli ancora una volta e raccontargli quello che sto facendo, passare momenti semplici insieme, dopo cena, tra le voci della gente in lontananza e il mar Ionio, tra le nostre lacrime e le sue maledette sigarette", aveva scritto Carucci sotto la foto postata lo scorso 30 marzo su Instagram che lo ritrae bambino, con sua sorella e proprio suo padre. "Pà arrivo - si concludeva quel post - aspettami”.