AGI - Quella di Malika Ayane sarà la quinta volta al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, l’esordio all’Ariston nel 2009 con “Come foglie”, con la quale arriva seconda; l’anno dopo combina un disastro con “Ricomincio da qui”, una canzone talmente bella che quando viene mortificata con il quinto posto nella classifica finale l’orchestra per protesta straccia platealmente gli spartiti, quell’edizione la vincerà Valerio Scanu, poi scomparso dagli schermi, al secondo posto il trio formato da Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici.
Possiamo dire che “Italia amore mio” non è decisamente entrata nella lista dei capolavori imperdibili della musica italiana…insomma, nonostante il premio della critica e il successivo successo nelle radio, c’era di che arrabbiarsi. Nel 2013 torna al Festival con “E se poi”, e ancora nel 2015 con “Adesso e qui (nostalgico presente)” con la quale conquista il secondo Premio Mia Martini della sua carriera.
Artista di rara raffinatezza la Ayane, che non si è mai accontentata del successo pop, ma che ha sempre chiesto di più a se stessa e al suo pubblico, considerato che nelle sue corde ha sempre avuto anche il jazz, l’R&B, generi più ricercati, meno immediati e mai tenuti da parte, il tutto condito da un timbro assolutamente unico.
Cosa ne pensi del cast di questo Festival? Amadeus ha finalmente aperto le porte a questa nuova generazioni di cantautori, quelli che convenzionalmente chiamiamo “indie”, anche se sappiamo che ormai di indipendente c’è ben poco…
Io già diversi anni fa dicevo che era “Mainstream 2” perché i numeri, bene o male, erano tali e quali a quelli mainstream e addirittura in certi casi più grandi, si sviluppa semplicemente su canali diversi. Quindi sono molto contenta e trovo anche che chiamarla scena più giovane o usare il termine “ricambio generazionale” sia inesatto perché se penso a Dimartino e Colapesce, a Ghemon, Coma_Cose, Willie Peyote…sono tutt’altro che ragazzini.
Quindi è ancora più bello quello che ha fatto Amadeus, perché ha dato spazio a delle cose che esistono nel mercato musicale, non ha cercato dei nuovi Al Bano, è stato molto fedele alla musica che c’è oggi, non ne ha fatto una questione anagrafica. Poi per fortuna ci sono i 18enni, i 20enni, ma menomale, anche se in realtà è già successo che ci fossero ventenni…io ne avevo 25 quando ho fatto il mio primo, quindi ci sta anche che uno lo faccia a quell’età, ma il fatto è di scegliere delle cose così, più anche rischiose ma molto presenti, mia nonna se vedesse questo Sanremo le piacerebbe.
C’è qualcuno di questa nuova generazione, a prescindere dai partecipanti, che ti piace particolarmente? Che in questi anni ti ha colpito particolarmente?
Io sono troppo felice per Colapesce e Dimartino, ho letto che hanno un pezzo bellissimo, non mi stupisce. Ma poi c’è un mondo parecchio interessante là fuori, c’è una scena musicale che finalmente prescinde da tanti codici formali in cui ci si incontra previo appuntamento ufficiale, ci si incontra nei bar e questo mi piace.
Dicono che il palco di Sanremo sia il più pauroso della musica italiana, tu l’hai già vissuto quattro volte, stavolta cosa ti fa paura?
Guarda, la paura è sempre la stessa, di sperare di fare bene, di arrivare nel modo che più assomigli a quello che volevo fare, che si capisca il più possibile quello che intendevo io comunicare, che non succede quasi mai nella vita, in assoluto.
Perché Sanremo?
Quando ho pubblicato il mio penultimo disco, “Domino”, ho fatto un lavoro super sperimentale, abbiamo organizzato un doppio tour con sonorità completamente diverse, un lavoro di ricerca che è durato anni, un disco bello, complesso, io un po' con snobismo ho pensato di utilizzare la mia voce come uno strumento, intesa come parte del puzzle, e non lo presentiamo nemmeno a Sanremo…
E lì mi sono resa conto che quelli per cui io sono solamente quella di Sanremo, una della musica italiana, non cambieranno mai idea, allora mi son detta “tanto vale tornare a Sanremo”, tanto la qualità di quella che sono, se tanto non viene riconosciuta nella sua sfaccettatura, con chi non la vuole vedere non verrà intaccata se ci vado, chi ha il cuore di ascoltare la musica con un po' più di attenzione e profondità, a prescindere da dove arriva, lo farà lo stesso. Poi ripensando al fatto che ci sono un botto di persone chiuse in casa, la televisione in una situazione come questa, diventa la cosa più vicina ad un concerto, misto ad una carezza.
Quando si parla di artisti che nella percezione del pubblico vivono solo nella settimana di Sanremo capisco perfettamente quello che intendi, e in certi casi il pubblico ha anche ragione a pensarlo, ma non ho mai incluso te in questa categoria, tu senti di essere compresa?
Io vivo con un sacco di timori, di ansie e di insicurezze. Ma io mi riferivo non tanto ad un discorso di esistenza solo lì, quanto più di “fa la musica che può andare solo a Sanremo”, a parte qualche tormentone involontario. Ed è veramente un peccato, ma chi ha voglia di approfondire lo farà, chi non ha voglia mica lo posso forzare, spero che ascolti delle cose meravigliose…
Il tuo brano lo hai descritto così: “La mia canzone più che raccontare cerca di descrivere la sensazione che si prova quando ci si ritrova, ci si rivede e si sente un gran bisogno di esprimersi”…sembra perfetto pensando a questa edizione di Sanremo…
Quando ho scritto questa nota mi avevano fatto notare che il testo è un po' criptico, ma secondo me è chiarissimo, ma magari manca di slogan, non ho scritto “silenzi per cena” questa volta, però il motivo per cui non è successo è che il motivo, la melodia, l’intensità con cui la canto, il carattere c’era già in tutto quello che è venuto prima, dalla musica, che in questo caso è venuta prima.
Si, hai ragione, non c’è posto migliore di Sanremo perché lì puoi cantare, non so come sarà questa cosa dell’assenza di pubblico, però puoi trascinare tutti dietro come in quel bellissimo quadro della libertà che guida il popolo, puoi essere il tappo della bottiglia che salta fuori, una bomba…sento quella roba lì quando lo canto e spero tanto di fare arrivare questa cosa qui anche a casa.
Influirà la mancanza di pubblico?
Inizialmente mi ero fatto un’opinione, anch’io ero dell’idea “ok, noi stiamo lì per farlo per quelli che stanno a casa”, che parte dell’energia che ti galvanizzava, per cui ogni sera andavi in televisione a fare la stessa canzone per una settimana di fila con ritmi devastanti, era proprio quell’adrenalina che ti dava la gente, la presenza delle persone; anche ritrovarsi in una situazione simile a quando ero ragazza, cioè canti nei bar, la gente beve e mangia e non gliene frega niente di te, quindi se vuoi la sua attenzione te la devi guadagnare con l’intensità. Pensavo che quello aiutasse a mandare a casa un certo tipo di energia; però, non lo so, quando farò le prove ci capirò qualcosa di più, vivo di ipotesi, sempre paranoie nuove.
Tu hai ottenuto sempre dei risultati importanti a Sanremo, le tue non sono mai state partecipazioni in ombra, quest’anno quali sono le caratteristiche del tuo brano e cos’è che potrebbe piacere al pubblico?
Io penso che porti un po' sfiga vincere Sanremo, ne ho visti alcuni non fare delle fini proprio brillanti.
Però erano altri tempi…
È vero, negli ultimi anni hanno corrisposto a risultati commerciali reali…io spero proprio cinicamente, che persone nuove si facciano valere. Per me spero che questo sia il brano che mentre stai facendo benzina e senti in diffusione in una giornata che magari è così è così; spero capiti quella cosa di Hugh Grant in “Love Actually”, quella è una grandissima ambizione".
"Ho voglia di stimolare quell’energia, sarebbe fantastico riuscire a far stare sintonizzate le persone, ma senza commuoverle per forza…cioè, commuoverle è bellissimo, infatti poi c’è la serata della cover, e lì arriverò proprio con lo stiletto a fare del male a tutti, però riuscire ad essere presente, fare comunità con gioia, qualcosa che ti fa sorridere, ti fa sentire più leggera, è la mia ambizione più alta".