AGI - Gazzelle procede nello snocciolare brani del prossimo album, Lo Stato Sociale inaugura un progetto folle, quindi totalmente sulla loro linea d’azione. Torna Michele Bravi anche se il nuovo disco rischia di soffocare nel gossip di bassa lega, forse meriterebbe più attenzione verso ciò che canta. Chicca della settimana: l’esordio nel cantautorato di Clary insieme a Niccolò Fabi.
Gazzelle – “Belva”
La preghiera di Gazzelle in questo brano è tanto schietta quanto efficace, cantare d’amore non è cosa semplice, non devi solo dribblare una serie di cliché che rischiano di annoiare dopo due sillabe contate, ma devi anche trovare la declinazione temporale perfetta. Claudio Baglioni c’è riuscito perfettamente in un determinato frammento della sua carriera, talmente bene che quell’etichetta poi gli è rimasta appiccicata addosso per sempre, questa generazione sul tema non ha profeta più ispirato di Gazzelle.
È forse questo il segreto di questo ragazzo romano, uno dei protagonisti assoluti di quella rivoluzione musicale che ha sovvertito i connotati del panorama cantautorale italiano; o forse che le sue canzoni prendono l’autostrada, arrivano dritte dritte allo stomaco, la poesia convenzionale, di matrice strettamente romantica, incatenata a quel perbenismo insopportabile del quale proprio Baglioni fu accusato, viene messa da parte così le storie d’amore che racconta si trasformano in storie piene dell’umanità che noi tutti in qualche modo viviamo. E questo ce le fa sentire vicine, quasi addosso, ad accarezzarci come la copertina che teniamo perennemente sul divano durante l’inverno. Questo fanno i pezzi di Gazzelle, compreso “Belva”.
Lo Stato Sociale – “Bebo”
Lo Stato Sociale è un elemento necessario nel nostro panorama musicale. Possono piacere, non piacere, importa poco, ma ciò che fanno loro lo fanno esclusivamente loro. Certo, hanno assorbito di qua e di là, com’è normale che sia, indicazioni di altri progetti underground, impossibile ascoltare roba loro senza che vengano in mente gli Offlaga Disco Pax, per esempio, ma ciò che poi ne hanno fatto di tutto questo materiale, la declinazione non solo musicale ma politica, sociale, intellettuale che ne hanno fatto, sempre in maniera scanzonata ma diretta, è speciale.
“Bebo” è il primo di cinque EP che usciranno a scadenza settimanale, ognuno curato in particolare da un membro della band; questo probabilmente perché Lo Stato Sociale più che una band è un carnevale di suoni, di idee, di culture, di colori diversi, un collettivo di cinque artisti ben distinti tra loro che meritano una esplorazione più approfondita.
Nell’universo di Bebo troviamo tante parole, è come accompagnarlo in una passeggiata durante la quale srotola i suoi pensieri, ed è una passeggiata piacevolissima. “Fantastico!”, in cui vengono coinvolti I Botanici, è un brano/monologo imperdibile.
Michele Bravi – “La geografia del buio”
Si è scritto tanto di questo nuovo lavoro di Michele Bravi, in tutta onestà parlare di musica con la bava alla bocca, assetati di gossip riguardo i suoi guai con la giustizia, la sua storia d’amore con un altro ragazzo o tutti i dettagli della terapia che lo ha rimesso al mondo dopo quel dolorosissimo strappo, mette tristezza, non è nel nostro stile, ci frega fino ad un certo punto.
Forse per questo lo stesso Michele Bravi ha sbrodolato tutto subito, in modo tale da saziare immediatamente le fauci della stampa patinata e poter parlare invece della sua musica; che non è musica che ci fa strappare i capelli, che ci fa rizzare le carni, ma è senza alcun dubbio un disco pieno di carattere, in cui tutta la fragilità e il dolore dell’ex vincitore di X-Factor vengono fuori in paniera palese, senza scuse, Bravi si spoglia di ogni cosa e ne viene fuori un quadro di una delicatezza disarmante che viaggia sul filo della sua voce e di un pianoforte che la sorregge quasi accarezzandola.
Poi, ok, lo scritto puzza ancora di latte, diversi passaggi potrebbero risultare vagamente banalotti, ma importa davvero quando chi stai ascoltando sta raccontando una storia? È come se tu fossi al bancone del bar a raccontare ad un amico i fatti tuoi e uno sconosciuto si avvicinasse per dirti che potevi usare qualche congiuntivo in più, che a quel punto ci sarebbe stata bene una metafora, di anticipare un punto della storia, saltarne un altro, rivolgerti al tuo amico con un tono diverso, alleggerire il tutto con una battuta, metterci una pausa ogni tanto….ci gireremmo e lo inviteremmo senza troppa gentilezza a recarsi in fretta in quel paese non baciato dal sole.
E per “La geografia del buio” funziona più o meno così, è qualcosa di talmente intimo che nessuno ha il diritto di dire a Michele Bravi come raccontare la storia che vuole raccontare, c’è solo da premiare il suo coraggio nel volerla raccontare e, speriamo in tutta onestà per lui, esorcizzare.
Rancore feat. Margherita Vicario – “Equatore”
Rancore si conferma uno dei più interessanti rapper italiani, non solo perché bravo, ma perché quella sottile linea di rabbia che fa da sottofondo costante alle sue barre viene sempre incanalata in contenuti calibrati alla perfezione, i suoi pezzi non sono mai noiosissimi fuochi d’artificio di egocentrismo ma raccontano qualcosa; funziona così quando hai a che fare con un artista che ha qualcosa da dire.
Il brano, realizzato con il supporto della sempre più brava Margherita Vicario, è una sorta di dialogo tra due amanti che si urlano da una parte all’altra del mondo, divisi da un intero pianeta che non riesce a dividerli, che non riesce ad impedire a quel vento che trasporta le parole che hanno da dirsi di soffiare. Un piccolo cortometraggio. Bravi.
Psicologi – “Incubo”
Capiamo qual è l’essenza del progetto PSICOLOGI, alle volte però ci manca un po' la sostanza. È come guardare un cane con la testa rap e la coda pop, la insegue, qualche volta la acchiappa pure, e noi che lo guardiamo ci divertiamo…cinque minuti, poi comincia a sapere di già visto.
Questa miscellanea tra rap e pop dai tratti accattivanti funziona, impossibile negarlo, ammorbidisce la durezza del rap e indurisce il sentimentalismo del pop, ok, ma ne è uscita una quantità tale in una manciata di mesi che siamo già al punto che se vuoi acchiappare l’attenzione di chi ti ascolta è necessario inventarsi qualcosa per nobilitare la ricetta, altrimenti il pensiero vola altrove.
Emanuele Aloia – “L’urlo di Munch”
Emanuele Aloia con “I fiori di Klimt” ha rischiato di rompere l’internet; “L’urlo di Munch” è un’altra accozzaglia di romanticismo pop stantio, versi sempliciotti degni più dell’universo social network che di quello cantautorale. Poi questa linea di marketing legata ai dipinti risulta irritante, al prossimo giro cosa proporrà? L’occhio di Picasso? L’orecchio di Van Gogh? Per piacere…
The Kolors – “Mal di gola”
In tutta onestà sono anni che aspettiamo il giorno in cui questa band riesca a produrre musica degna di quel lume di talento che hanno sempre lasciato intravedere. Forse quel giorno è arrivato.
Clary feat. Niccolò Fabi – “La pioggia”
Uno dei maggiori producer romani, nonché fondatore dei mitivi Gabin, duo nu jazz, decide di aprire i cantieri del suo primo disco pop e il primo mattone è pesante, a cantare le sue parole convoca Niccolò Fabi, il brano in realtà è stato inciso circa sei anni fa, oggi vede la luce. Finalmente.
SANTACHIARA - “Sette pezzi - Frammenti”
Il panorama indipendente italiano dopo l’esplosione rischia di restare raso al suolo, si rischia che i primi ad averne fatta la fortuna abbiano, giustamente, già preso il largo ed ora non ne resti che un eco che sa troppo di già sentito.
Allora ben vengano gli esperimenti come quello proposto da SANTACHIARA, il suo primo disco è pensato, strutturato, sensato, ha una propria autonomia, dovrebbe muovere i primi passettini incerti invece se la corre che è una meraviglia infatti scorre e ti lascia qualcosa addosso. Ottimo.
Marta Tenaglia – “Ventilatore”
Marta Tenaglia ti gioca un brutto scherzo, credi che sia una cosa e invece è tutt’altro. L’urban influenza la parte pop, la parte pop influenza quella urban, il cocktail è gustoso, la sua voce poi è ipnotizzante.