L a discografia italiana aspettava evidentemente con ansia l’arrivo di questo 2021, tant’è che nelle prime tre settimane l’industria ha ripreso a sbuffare musica a ritmi serratissimi. Queste che seguono sono le recensioni delle più importanti nuove uscite delle prime tre settimane di questo nuovo anno, con la speranza che questa veemente voglia di produrre si traduca in un’esplosione di concerti, di live, di gioiosi assembramenti, al più presto.
Takagi & Ketra feat. Marco Mengoni e Frah Quintale: “Venere e Marte”: I brani ai quali il duo di producer dalle mani d’oro e dai numeri di platino ci hanno abituati non stanno certo all’interno delle nostre playlist, nella maggior parte dei casi anzi ci suonano e risuonano in testa come prodottini dove tutto sta al posto giusto, una cosa anche piuttosto irritante per chi nella musica cerca una sorta di illuminazione mistica, qualcosa di profondamente toccante. Con “Venere e Marte” invece ci stupiscono, non solo perché il pezzo funziona, d’altra parte se ne stiamo scrivendo oggi è perché dal 2014, anno in cui inaugurano la loro collaborazione, tutto ciò che toccano funziona, ma perché si percepisce dietro un’onestà di intenti che in pezzi come “Ciclone”, che prendiamo ad esempio per il successo e perché l’ultimo in termini di cronologia, ci mancava. Forse è anche che a sto giro i due non hanno convocato davanti al microfono starlettine mordi e fuggi alla Lorenzo Fragola o Tommaso Paradiso, ma due artisti bravi davvero che riescono ad incastrarsi alla perfezione per mettere su qualcosa di artistico, quel qualcosa che spesso sentiamo manchi nelle loro produzioni. È pop eh, ma fatto con gusto, con professionalità, molto bene.
Emma Marrone e Alessandra Amoroso – “Pezzo di cuore”: Troviamo sempre enorme difficoltà nel distinguere Emma Marrone da Alessandra Amoroso quando cantano, è un nostro limite, non possiamo farci nulla, questo forse perché, anche se la cosa le innervosisce parecchio, è indubbio che vengano fuori dalla stessa fabbrica, quella del talent di Maria De Filippi, uno show televisivo che fino a dieci anni fa, di fatto, imponeva la propria musica al mercato mainstream, motivo per il quale tra l’altro, non si offenda nessuno, parliamo del decennio più triste e decadente forse dell’intera storia della discografia italiana. Ecco, questa “Pezzo di cuore” ci arriva come eco di quel pop da teeneger che speravamo di esserci messi alle spalle, quel vacuo pop che non sfonda alcuna porta, che non dice niente che tu non abbia già pensato mille volte, che non ti smuove cuore e muscoli di un centimetro; un brano che nemmeno l’intervento di un genialoide come Dardust riesce a rendere anche vagamente distinguibile dalla precedente produzione delle due cantanti. Francamente ignoriamo il motivo per cui un esercito di giovani fan invocava da anni questa collaborazione tra le due, se non che in fondo parliamo di giovani fan.
Madame ft. Fabri Fibra – “Il Mio Amico”: Intrigante esperimento da parte della giovane Madame, una delle più interessanti figure femminili della nuova discografia italiana, alla quale Fabri Fibra presta qualche barra che, in tutta onestà, non fa la differenza. È un peccato infatti che non sia esploso quel corto circuito rap generazionale tra due artisti bravi e che appartengono a due epoche musicali che non c’entrano niente l’una con l’altra. Ma magari non era questo l’intento del pezzo, che comunque funziona molto bene.
Tiromancino – “Cerotti”: Il brano sarà la colonna sonora del prossimo film da regista di Federico Zampaglione, che prosegue, dopo “Finchè ti va”, uno dei migliori brani usciti nello sfortunato 2020, a snocciolare brani di altissimo livello. Questa “Cerotti”, che usufruisce alla scrittura del sangue fresco di Gazzelle, è una canzone perfettamente strutturata che Zampaglione con la sua timbrica (e la sua produzione) riesce addirittura ad impreziosire; se va avanti così finisce per fare il disco del decennio.
Francesca Michielin feat. Vasco Brondi – “Cattive stelle”: L’ex concorrente di X-Factor rimpingua il progetto “Feat”, esplorazione pop nei meandri della musica leggera italiana, con un duetto insieme a Vasco Brondi, l’ei fu Luci della Centrale Elettrica, uno dei pionieri dell’indie italiano asceso ormai quasi alla figura di santone ermetico dall’ascendente mistico. Capiamo che tutto ciò sembra scritto con ironia, ma la verità è che Brondi ha la capacità di rendere etereo, e quindi anche vicino al suo, qualsiasi cosa tocchi; dall’altra parte la Michielin è capace di adattarsi a qualsiasi personaggio la affianchi davanti ad un microfono. È per questo che “Cattive stelle” funziona.
Ernia feat. Pinguini Tattici Nucleari – “Ferma a guardare”: Nuova versione del brano già inciso da Ernia nel suo “Gemelli”, stavolta accompagnato dai Pinguini Tattici Nucleari, cui fame di scoprire e vivere ogni singola angolazione della nuova musica italiana è contagiante. Rimbalzano felici e in massima scioltezza tra Primi Maggi, Sanremi e, qualora fossero invitati, ne siamo certi, anche battesimi e matrimoni, di tutto insomma pur di suonare, di spargere gioia, di sperimentare, di mettersi alla prova. Questa versione di “Ferma a guardare” mette molto in evidenza la prospettiva pop del brano di Ernia, che secondo noi esce migliorato dopo essere passato sotto i ferri dei Pinguini.
Samuel – “BRIGATABIANCA”: In pratica si tratta di un nuovo esordio, quel “Il codice della bellezza” del 2017 con Samuel c’entra ben poco, quel vacuo pop da classifica (che nemmeno entrò in classifica) ha rischiato di farci credere che Samuel lontano dai suoi Subsonica risultasse monco. Oh, quanto ci saremmo sbagliati, in “BRIGATABIANCA” Samuel insegue solo se stesso, la sua capacità innata e quasi unica di unire il cantautorato a tutto ciò che di tech sia stato ponderato in musica.
Quindici brani, cinque featuring con Willie Peyote, Fulminacci, Ensi, Johnny Marsiglia e Colapesce, ed è proprio il singolo con il cantautore siciliano ad anticipare l’uscita del disco. Il brano si intitola “Cocoricò” e merita un approfondimento: ascoltandolo infatti non si può non pensare a quel Cocoricò di Riccione che purtroppo ormai non c’è più, che non ha resistito ai colpi inferti dal tempo, un centro culturale di immenso valore che difficilmente troverà eredi e repliche, discoteca che diventa pura poesia, puro intellettualismo, scenografia di serate indimenticabili nelle quali il teatro della vita e della notte diventava grottesco e affascinante e irresistibile.
Pare che Samuel abbia scritto questa canzone proprio per ricordare una serata in riviera romagnola con i suoi Subsonica e i Bluvertigo, una di quelle serate che finiscono la mattina dopo con Morgan che salta di balcone in balcone dell’hotel bussando alle finestre, insomma una di quelle serata che ci si mangia le mani ad essersi persi, ed è proprio nel ricomporre questa nostalgia che ci sta perfetta la penna di Colapesce, il brano infatti, pur mostrando una sfacciata vena elettrodance, in realtà è quasi commovente.
Ermal Meta – “No Satisfaction”: Solitamente i brani di Ermal Meta stanno fermi lì dove sono, non si muovono da quella comfort pop zone ben arredata ma anche abbastanza noiosetta, “No Satsfaction” invece ci porta completamente altrove, un Meta cupo che abbandona quel romanticismo stantio protagonista da sempre della sua scrittura e si lancia in un rap di dubbio gusto che esplode in un ritornello in cui si lamenta che “Non trova più satisfaction!”, cosa che chiaramente ci dispiace ma, siccome in fondo siamo perfidi, sotto i baffi ce la ridiamo perché l’effetto è quello di Steve Urkel che per farsi il figo si traveste da Fonzie.
Capo Plaza – “Plaza”: Un disco trap, niente di più e niente di meno, come tutti gli altri dischi trap che abbiamo ascoltato (o ci siamo rifiutati di ascoltare) finora. Però nel momento in cui si parla di Capo Plaza, che ha dei numeri stratosferici ed una credibilità che scavalca i confini nazionali, c’è da puntualizzare una cosa: volente o nolente, se la trap è quella che è lo si deve a ciò che ha inciso lui, che nella sua produzione precedente, così come in questo nuovo disco, decide di non azzardare troppo, sotto nessun punto di vista, per cui si tratta di trap integralista, talebana, original, d.o.c., un vero e proprio manifesto di ciò che è (o non è) che da (o non da) questo genere musicale. I temi trattati (o non trattati se a questo punto preferite) sono sempre gli stessi, sedici brani, più o meno tutti uguali, che non sono altro che l’eco della solita noiosissima esplosione di io. Io, io, io, io. Forse allora dovremmo noi riflettere sul fatto che magari sono proprio quei giovanissimi ascoltatori che vogliono trovare questo nella musica. Sarebbe interessante capirlo, preoccupante scoprirlo.
Inoki – “Medioego”: Inoki già ci mancava di suo, questo Inoki ci mancava ancora di più. In una scena sempre più variopinta, un rapper di esperienza come lui, che riesce a prendere questo bagaglio di motivazioni e contenuti ed ha la furbizia, l’umiltà e la bravura di portarlo nei giorni nostri, come a voler rappresentare le barriere per bambini in una pista da bowling che evitano deragliamenti e vanno a centro, semplicemente, serve. “Medioego” è una bilancia dove da un lato c’è la potenza di un rapper che sa fare il suo mestiere, dall’altro la nuova era (ed è un’era felice) del rap italiano, quindi Salmo, Tedua, Chryverde, Chris Nolan, Big Joe, perfino il pop di Noemi. Il risultato è un disco molto intrigante, un ritorno che va a colmare un buco che nemmeno ci eravamo resi conto esistesse.
MACE feat. BLANCO e Salmo – “La canzone nostra”: Sono questi gli esperimenti che aprono la mente nei confronti del rap, quelli che mostrano i limiti, ben più ampi di quelli che possiamo pensare, di un genere che rappresenta in tutto e per tutto il nuovo cantautorato italiano. BLANCO è un classe 2003 ma la sua scrittura è complessa, punk e raffinata come quella di un veterano, magari proprio di quel Salmo che lo accompagna in questa avventura, lui che ne sa qualcosa di rap che dipinge pezzi di anima. Ecco, la capacità di “La canzone nostra” di essere moderna e allo stesso tempo profonda, nostalgica e romantica, è esemplare.
Michele Bravi – “Mantieni il bacio”: Ballad dal mood nostalgico con un testo che presenta molti limiti, eppure funziona ugualmente, perché il brano si poggia sulla delicatezza autentica della voce di Bravi. Potremmo dire che si tratta di una canzone che incita alla resistenza, al restare uniti, magari da un bacio, nonostante tutto. Ma la verità è che è tutto talmente vago che nelle intenzioni potrebbe anche riferirsi ad una storia d’amore tra il padrone di un bar tabacchi della provincia varesina e la moglie di un terzino della Cremonese, e sarebbe uguale.
Venerus feat. MACE – “Ogni pensiero vola”: Venerus è una promessa che rimbalza di bocca in bocca tra gli addetti ai lavori, che ne riconoscono l’illuminazione, il brio, l’eleganza, quella patina urban svolazzante nella propria poesia. Se il largo pubblico ancora non lo conosce è solo perché Venerus è avanti e ancora la scena lo deve raggiungere, poi saranno fuochi d’artificio, di quelli veri. “Ogni pensiero vola” ha la straordinaria capacità di risultare intima, come un sussurro all’orecchio, una cosa tra chi ascolta e lui, il tutto impreziosito dalla produzione di MACE, che mette su un palmo di mano qualsiasi cosa tocchi.
Andrea Laszlo De Simone – “Vivo”: Immaginatevi Frank Zappa che nel secondo ventennio del 2000 propone una versione genialoide e dalla libera ispirazione poetica dei migliori Lucio Battisti e Claudio Rocchi; ecco, questo è Andrea Laszlo De Simone, senza alcun dubbio uno dei migliori cantautori attivi in Italia da qualche anno. “Vivo” è un brano che sembra provenire da lontano, dai meandri della nostra memoria più romantica e nostalgica, un brano ipnotizzante che crea dipendenza, forte di una bellezza quasi disturbante. Un inno alla vita e non alla sopravvivenza, senza retorica, che pulsa meraviglia, che riempie le orecchie, che costringe a svolazzare col pensiero. Sono passate giusto un paio di settimane dall’inizio del nuovo anno e già forse abbiamo il nostro brano più bello.
Lele Blade feat. Enzo Dong – “Night Club”: Un pezzo tosto che mette sotto la stessa ala due dei maggiori esponenti del rap partenopeo, ulteriore conferma che Napoli è la vera capitale dell’hip hop, il napoletano la vera lingua.
CIMINI – “Innamorato”: CIMINI è uno dei migliori cantautori di questa nuova infornata discografica, la sua capacità nel riportare in musica, in maniera diretta, semplice ed efficace sentimenti complessi come l’amore, trasformandoli come in questo caso in piccole favole da gustare come cioccolattini di alta pasticceria, è delicata e dirompente allo stesso tempo. Per intenderci, è uno di quelli che non sbaglia un pezzo.
Bianco feat. Selton – “Saremo giovani”: Bianco è un cantautore dalla penna sopraffina, i Selton degli autentici spacciatori di gioia. “Saremo giovani” è un pezzo azzeccatissimo, inzuppato di un senso di speranza sincero e quasi feroce. “Saremo giovani un giorno, usciremo il martedì senza ingombri nella testa” e tu ascolti e ci credi. Game, set, match.
Young Signorino – “Blue”: Nel silenzio di un clamore che si è spento proprio nel momento in cui l’estroso trapper cominciava ad ingranare con roba musicalmente sensata, Young Signorino prosegue per la sua strada. La conversione a questa trap dai forti connotati intimi e nostalgici funziona, vale qualcosa, è qualcosa, esattamente cosa lo potremo, forse, dire quando il progetto avrà magari una declinazione fisica, quindi vedremo Young Signorino su un palco mostrarci questa nuova versione di se stesso. Ma i brani continuano ad essere ascoltabili, questa “Blue” è particolarmente atmosferica.
Mr. Rain ft. Birdy – “Non c'è più musica”: Mr. Rain si è fatto conoscere per la sua “Fiori di Chernobyl”, brano funzionante ma con dei limiti. Con questa “Non c’è musica” si supera, forse si doppia o forse siamo noi che lo abbiamo sottovalutato, allora ascoltiamo questo brano e alziamo le braccia. Tra l’altro presenta al pubblico italiano la bravissima Birdy, cantautrice inglese che glassa il brano concedendogli il passaporto internazionale. Rap dai connotati romantici dunque, che sviolina poesia in rima reinterpretando un new pop esaltante. Bravo.
Il Tre – “Pioggia”: Il fatto che il nuovo rap abbia allargato i confini del pop, non è un problema, esistono i generi, si, ma esistono anche i concetti, qualsiasi cosa può essere pop, anche il rock, anche il rap, anche il jazz, poi però deve possedere un’anima ben definita, riconoscibile. Ecco, Il Tre propone un rap dalle forti pretese pop, il che annacqua tutto, lo rende poco credibile sia come rapper che come pop star. Certo è apprezzabile il fatto che faccia rap mostrando un lato più romantico di se stesso, che non faccia bella mostra musicale di quanto e di cosa si droga, come è ormai vezzo di tanti colleghi, ma è ancora tutto un po' fermo, pasticciato, irrilevante.
Brusco – “Isola di plastica”: Il rapper romano torna in pista con un brano che anticipa l’album in uscita in primavera; un atto d’amore verso madre natura che non poteva che provenire da un artista di una certa età, che magari crescendo si rende conto che la musica può (deve?) affrontare temi un po' più seri; in questo caso il consumo ossessivo di plastica che sta soffocando questo nostro pianeta. Lo fa in maniera semplice ma poco convincente (qualora ovviamente serva convincere qualcuno di una cosa elementare: la plastica fa male e noi ne utilizziamo più del necessario), non è insomma un brano capace di smuovere coscienze, ma è un ritorno felice e sensato.
RM4E feat. Rondodasosa, Sacky, Vale Pain, Neima Ezza, Kilimoney, Keta, Nko – “SEVEN 7oo”: Ok, sulla carta se per incidere un brano tiri giù la rubrica del telefono manco stessi organizzando una partita di calcetto, la cosa non convince. Se non fosse che, cavolo, questo rap arrabbiato e corale di questo collettivo di Milano, Zona 7 di San Siro, funziona che è una bellezza; ti fa tirare pugni in aria e far si con la testa. Bravi.
Leo Pari – “Stelle forever”: Un concept album sulle donne è un atto di coraggio puro in un momento in cui gira che ti rigira sempre sul benedetto argomento amoroso le canzoni finiscono per capitolare. In “Stelle forever” non si trova “Io che amo solo te” o “Mi sono innamorato di te” o “Il cielo in una stanza”, ma è un disco godibile, divertente da ascoltare come tutto il resto della produzione di Leo Pari, un artista che tutti noi aspettiamo faccia il salto di qualità con il disco della vita, che non è questo disco, ma questo disco ci aiuta a capire che è in grado di fare bei dischi, a questo punto è solo questione di tempo e noi lo aspettiamo sto benedetto disco con curiosità. “Le donne sono come le stelle” per esempio è un buon brano, ok nell’incipit ricorda un pò “Kiss me” dei Sixpence None The Richer, ma ce ne frega tanto quanto.
Filo Vals – “Insonne”: In un’altra epoca Filo Vals avrebbe avuto la strada in discesa, perché la sua voce è molto interessante, ci sono i contenuti, c’è il talento, quello vero. “Insonne” è un ottimo brano, purtroppo manca ancora la scintilla, quella capace di accendere la miccia e far esplodere una carriera. Ancora.
Boreale – “622”: Farsi largo nell’universo indie romano non è cosa facile perché si tratta di un mercato che si è sovraffollato in un batter di ciglia, che nella fretta di arraffare tutto il possibile, prima che Milano sbattesse i pugni sul tavolo, ha perso un po' dell’autenticità della propria anima, che poi è un problema di Roma e dei romani in generale, ma questa è un’altra storia. In mezzo a questo nuovo e variopinto caos Boreale, che è un ragazzo che ha da dire molto più di tanti colleghi, forse non si è ancora ritrovato a suonare nel posto giusto davanti alle persone giuste, ma quando capiterà, perché ai bravi, quelli veri come lui, prima o poi capita, inciderà il suo nome nelle menti del vasto pubblico. Nello specifico “622” è un ottimo EP, manca il singolone, la super hit, la ballad indimenticabile, ma lo ascolti e percepisci che si trova lì, sulla punta delle nostre orecchie, basta attendere. Bravissimo.
Cassandra Raffaele – “La mia anarchia ama te”: Una canzone semplicemente magnifica, trascinante nella sua bellezza, nuova, fresca, eppure così meravigliosamente nostalgica, remota, la ascolti (più di una volta, perché una volta, statene certi, non vi basterà) e capisci che l’amore dovrebbe essere sempre cantato così, inteso con questa poesia e questa ritmica e questo enorme e gustoso senso di epicità. Che farsi amare da una donna, anche se non si può definire cosa facile, tutto sommato capita, ma farsi amare dall’anarchia della propria donna, riuscire a convivere con la complessità delle sue esigenze, con lo straordinario disordine dei suoi pensieri, riuscire a lasciarla libera di essere così dannatamente femmina, è un atto eroico, rivoluzionario. Ecco, Cassandra Raffaele canta tutto ciò, la propria orchestrale gioia antica nel capire finalmente in che modo libero due persone possono completarsi a vicenda, riuscendo in un’impresa che riesce solo ai grandissimi, quella di riuscire con un brano non a darti qualcosa ma a toglierti qualcosa. Capossela una volta scrisse che è quella la musica migliore e noi ci troviamo d’accordo: “La mia anarchia ama te” è musica, migliore.
Laila Al Habash – “Doppio taglio”: Laila Al Habash, prodotto della premiata ditta Undamento, non ha solo qualcosa di interessante da dire ma ha anche trovato il modo originale per dirla e per non farsi dimenticare. I suoi brani, ancora pochi, hanno infatti la particolarità di restarti attaccati addosso e “Doppio taglio” è forse la sua migliore produzione. Brava.
Lamine – “Lamine/Non se ne va”: Lamine si conferma una delle più interessanti voci del cantautorato femminile, non solo perché canta bene, sappiamo che ormai non solo non basta ma nemmeno importa più, basta dare uno sguardo alle classifiche di Spotify; non perché scrive bene, perché con un briciolo di attitudine ci si riesce a mettere in fila due concetti sensati, ma perché i suoi brani riempiono la stanza come quelli dei grandi songwriter. Lei in più non si accontenta di scrivere ottimi pezzi ma li condisce da produzioni maniacalmente precise fino ai minimi particolari. Prendete “Lamine”, sparatela a tutto volume in una stanza e sentirete vibrare le congiunture dei muri, sentirete l’aria partecipare al vostro godimento. Eccezionale.