L igabue fa uscire un nuovo singolo, ma è un altro ritorno senza davvero tornare, perlomeno quello che tutti noi abbiamo amato; fuori Sfera Ebbasta con l’attesissimo “Famoso”, album che segna qualche passo avanti in termini di sound ma in quanto a contenuti un vero disastro. “Non c’è” di Bennato è un album imperdibile, così come “Nuvole”, un piccolo capolavoro di Frankie hi-nrg MC. È un ritorno, molto atteso e molto ben riuscito, anche quello di Iosonouncane; tecnicamente anche quello di Paolo Meneguzzi che a quanto pare vive e lotta insieme a noi. Tra le chicche della settimana consigliatissimi gli ascolti dell’affascinante Vodoo Kid, della stravagante Minerva e dell’eccezionale Glomarì.
Luciano Ligabue feat. Elisa – “Volente o nolente”: Ligabue ed Elisa tornano a collaborare a quattordici anni da “Gli ostacoli del cuore”, che era un ottimo pezzo. Faremmo un torto a noi stessi se non ammettessimo che, ascoltando questo nuovo brano, di questi quattordici anni si sente ogni minuto passato; certo, non potevamo aspettarci qualcosa in più da un Ligabue ancora e sempre più controfigura di quello che così disperatamente abbiamo amato e ad oggi bramiamo. Ancora una volta lealtà verso noi stessi e il nostro mestiere ci impone di constatare che si tratta di un nuovo, ormai ennesimo, brano brutto, sbagliato, superficiale, dove sentimenti, sensazioni, parole, sono buttate sul tavolo senza alcuna poetica, senza alcuna struttura, solo con l’evidente priorità di produrre, firmare la propria presenza sul mercato. Perché? Che motivo c’è? Le persone cambiano, invecchiano, peggiorano o maturano, comunque mutano, e gli artisti sono persone, per cui non abbiamo la presunzione di ritrovare il Ligabue di “Buon compleanno Elvis” a 25 anni dall’uscita di “Buon compleanno Elvis” ma, conoscendo bene la grande caratura di Ligabue, supponiamo (non possiamo fare di più al momento) anche come persona, non possiamo proprio crederci che lui ascolti queste sue ultime produzioni pensando “Ehi, però…ottimo lavoro”. La voce di Elisa, sempre perfetta, ammorbidisce un po' il sapore della canzone, che resta però totalmente priva di spunti illuminanti e, men che meno, memorabili. Spiace moltissimo.
Sfera Ebbasta – “Famoso”: Tutto è cominciato con “Bottiglie privè”, una sorta di trap ballad in cui vagamente, ma finalmente, sembrava esserci qualcosa di tangibile dietro la solita sequela di insensati clichè su droghe, sesso e successo. Anche considerato il fatto che la trap di adesso non è quella di due anni fa, le cose vanno veloci e ad oggi, forse anche solo per puro spirito di sopravvivenza, si stanno esplorando nuovi ed interessanti orizzonti di un genere che, credeteci voi ultra 40enni nostalgici, può anche dare soddisfazioni. Sfera Ebbasta, re della trap autoproclamatosi tale in virtù di numeri stratosferici, torna; “Famoso” è fuori ed è già pronto ad invadere con i suoi dodici carrarmatini l’Italia e il mondo intero, perché quello a quanto pare è l’obiettivo, così come dichiara anche nell’omonimo documentario che Amazon Prime Video ha deciso di dedicargli. E non ha fatto male perché la storia di un ragazzino che sfonda con la musica fondamentalmente senza saper fare musica, relegando la mera competenza, meno, la mera superficiale consapevolezza di ciò che si sta facendo ad aspetto del tutto secondario, non è solo interessante, ma quasi geniale. Detto ciò in “Famoso” si scorgono intuizioni un po' più centrate, ci vengono in mente brani dove il suonato si fa più preponderante come “Hollywood”, “Male” e “Giovani re”, bocciate molte delle collaborazioni, che invece sarebbero dovute essere il punto di forza del disco, il cavallo di Troia per provare l’incursione nel mercato internazionale; “Baby”, cui ospite è J. Balvin, uno degli artisti più ascoltati del pianeta, è un reggaeton insopportabile, così come “Abracadabra” che mortifica anche la partecipazione di un genio come Future; collaborazione ben più felice quella con Steve Aoki per “Salam Alaikum”. Purtroppo da registrare ancora una volta una carenza molto grave di contenuti, i testi non brillano, le tematiche, così come il modo di affrontarle, dopo anni sempre uguali, risultano ammuffite. È come guardare uno che in mezzo ad una rissa si esibisce in arzigogolate mosse di karate senza sferrare mai un colpo a nessuno, forte solo di aver visto troppi film con Jackie Chan, uno che abbaia ma non morde mai, uno che le promette regolarmente a petto gonfio e coda tra le gambe; la sua forza risiede semplicemente in una gremitissima platea che comunque ci casca e si impaurisce, in questo caso lo ascolta, ma si tratta di un contenitore vuoto, forse riflesso di un pubblico ugualmente vuoto, allora tutto forse avrebbe un senso, ma non sarebbe certo confortante.
Edoardo Bennato – “Non c’è”: Se “Non c’è” rappresenta il grido consapevole di un’intera generazione di cantautori lasciati indietro da un mercato discografico senza alcuna pietà né memoria, né gratitudine, né interesse per il valore artistico, l’omonimo disco ci fa capire cosa essenzialmente questo mercato ci sta oscurando. Le classifiche sono piene di ragazzetti che giocano a fare i sovversivi con una canna in bocca e un atteggiamento vomitevole nei confronti delle donne, non ce n’è uno che parli di politica, che affronti tematiche sociali in maniera profonda o poetica, o perlomeno le affronti o, perdio, perlomeno ne abbia contezza. Bennato ci porta a fare un viaggio nel suo passato di cantautore immenso, folle, sfrontato, talmente sfrontato che non fa nemmeno finta di crogiolarsi nel proprio passato, perché ha altre cose da dire e sono cose che non dice nessuno; così la musica diventa mero intrattenimento, i partiti del “canta e stai zitto” vincono le elezioni, si abbassano le pretese, si abbassano così i costi e si abbassa così la qualità; e una cosa, la musica, che tanto significa per tutti noi, finisce per diventare quasi un’appendice della quale, tutto sommato, potremmo anche fare a meno, condannando così la nostra anima a marcire la domenica pomeriggio su Canale 5. Che qualcuno faccia qualcosa, per esempio tu che stai leggendo, chiunque tu sia, clicca play sul nuovo disco di Bennato, che tu lo conosca o meno; siamo sicuri, chiunque tu sia, qualsiasi sia la tua età, da qualsiasi luogo o cultura o ceto sociale tu provenga, che non potrà farti che bene; anzi, ne hai bisogno e non lo sai.
Frankie hi-nrg MC – “Nuvole”: Frankie è tornato tra noi, probabilmente era troppa la carne al fuoco per consumarla da solo, nel silenzio assordante al quale il mercato discografico lo ha costretto negli ultimi anni. “Nuvole” non è solo un grande pezzo rap sulle sensazioni scaturite da questo difficile momento storico, meravigliosamente espresse da uno dei maestri del rap old school all’italiana, non è solo un brano in cui le nostre piccolezze, venute fuori con forza in questo periodo di difficoltà, vengono piazzate una in fila all’altra e sonoramente sculacciate; “Nuvole” rappresenta anche un modo di fare rap, e più in generale musica, che stiamo pericolosamente perdendo. Prendetelo come il rigurgito di un nostalgico, ma sta di fatto che non esiste un solo (t)rapper non solo in grado (che se non ci riesci non è mica colpa tua), ma che abbia manifestato la voglia di occuparsi di temi così delicati e centrali, espressi con una tale costruzione e intelligenza, con una poetica così precisa, tra sentimenti alti e parole che crepitano in bocca (“Trottan tra i trattori e i detrattori simulando come attori” per dire). Grazie mille.
Iosonouncane – “Novembre”/ ”Vedrai, vedrai”: Quando puntano il dito e dicono “radical chic” come se fosse un’offesa, una parte del cuore sussulta, un moto di orgoglio illumina gli occhi rischiando addirittura di inumidirli. Questo perché i radical chic servono, sono utili a ricordare agli altri, alle volte, perché no, anche con un certo garbato atteggiamento di supponenza, che non è giusto e non deve succedere mai che si rinunci al bello, allo speciale, allo stravagante, all’eccentrico. Siamo in un’epoca di rivoluzione da pane e salame, tutto ciò che è ricercato diventa inutile e sopravvalutato; ecco, in questa metafora sociogastronomica Iosonouncane rappresenta una pietanza buona per un ristorante stellato. Iosonouncane non è facile, non è accessibile, spesso, anzi, è proprio ostico, tutto il contrario di quel fast food di popular music; ma Iosonouncane è anche un musicista eccezionale, che ti fa fare quel passo in più necessario per arrivare in un posto migliore, e noi abbiamo un disperato bisogno di posti migliori, dato che quello dove ci troviamo adesso è triste come un limone spremuto fino allo sfinimento. L’EP prevede due pezzi, il secondo è una cover splendidamente composta di “Vedrai, vedrai” del maestro Tenco; la prima è un suo nuovo inedito dal titolo “Novembre”, una poesia meravigliosa, un walzer dalle sonorità contemporanee illuminante, stupefacente, che libera nell’aria un bel pezzo del nostro cervello. Bentornato.
Paolo Meneguzzi – “Nel silenzio”: Giuro, Paolo Meneguzzi! Sono in molti, a ben ragione, ad aspettare con ansia la fine di questo 2020, troppo pochi quelli che hanno festeggiato la fine della prima decade del nuovo millennio, dove non c’erano virus, ok, ma c’era Paolo Meneguzzi in alta rotazione in radio. Pistola alla testa, tra le due catastrofi, sceglieremmo Paolo Meneguzzi in radio, è chiaro, anche solo perché sappiamo di esserne usciti vivi, ma concedeteci, prima di “accenderla”, un lungo sospiro di malinconia.
Giordana Angi – “Siccome sei”: Per chi se lo stesse chiedendo, è a incidere queste canzoni che finiscono nella maggior parte dei casi i concorrenti di un talent musicale; a fare pop dimenticabile intriso di un pop migliore, che esce fuori inevitabilmente stimolato da un’assenza di quella fiamma che fa la differenza tra chi è qualcosa e chi adora l’idea di fare qualcosa.
Diego Rivera feat. La Municipal – “Malvasia nera”: Diego Rivera è un side project di Carmine Tundo de La Municipal, e questa “Malvasia nera” non fa altro che confermare quello che i più attenti sanno già da molto tempo: Tundo è uno dei cantautori più interessanti della scena nazionale (e non solo indie). È un artista gonfio di cose da dire, con un’inventiva raffinata e la capacità di disegnare attorno ai propri contenuti una struttura musicale perfetta, come se fosse la scenografia di un film e lui ci piazzasse dentro le proprie storie. Nello specifico “Malvasia nera” viene da lontano, profuma di strade di provincia bruciacchiate dal sole, sbronze di giorno, malinconia muta e confusa, di una persona, si, ma anche di un tempo diverso dal nostro, che manca “come manca il vino quando il bicchiere si rompe”. Un viaggio. Magnifico.
Vodoo Kid – “amor, requiem”: Cliccate play per scoprire, con una precisione chirurgica, in che direzione sta andando la musica italiana, perlomeno quella più interessante. Intanto va verso una riscoperta delle voci femminili, che perfettamente si incastrano con la sensualità delle sonorità contemporanee; quella di Vodoo Kid, per esempio, è ipnotizzante, l’interpretazione dei brani non è solo talmente schietta da tirarti dentro la narrazione, ma anche così ben strutturata da permettere un ascolto facile di un qualcosa di estremamente personale. Bravissima.
Roberta De Gaetano – “Non ci sarò”: Finalista al Premio Bindi e al Premio Bianca D’Aponte, Roberta De Gaetano è una di quelle cantautrici che ci riporta al pop classico al femminile, quello schitarrato e di concetto, “Non ci sarò” infatti ha questo meraviglioso merito di essere una canzone molto femminile che nel testo, tra l’altro, mette in chiaro da subito le cose: “Non sono io la causa di ogni tuo male”, una nozione semplice che purtroppo però ancora serve ribadire in un mondo in cui le donne sono trattate come pungiball per sfogare la pochezza di mezzi uomini. “Non ci sarò” è un efficace incoraggiamento per tutte quelle donne che stanno affrontando o vogliono affrontare senza vergogna quel passo per liberarsi dall’amore quando diventa malattia. E le sensazioni contrastanti che condizionano quel passo non potevano essere meglio descritte in una canzone. Ottimo.
SANTACHIARA – “silenzioso”: Ok, dietro c’è tanto Coez, ma questo è più un merito di Coez che un demerito del giovane SANTACHIARA, che invece costruisce un pezzo che risulta comunque molto personale, molto efficace. Se è questo il pop che ci aspetta allora è meglio cominciare a premiare chi lo sa fare come si deve.
Minerva feat. Jack La Speranza – “Edera”: Moderna, affascinante, fa venir voglia di alzare la testa, allargare le braccia, chiudere gli occhi e ondulare rilassato. Una pausa electropop, un antistress per il cervello. Grazie, ci voleva proprio.
Caleido – “Sto benissimo”: Canzone dalla struttura solida da ascoltare e riascoltare, anzi, di più, che far venire la curiosità di ascoltare anche tutto il resto della sua produzione, così scopriamo che si tratta del bassista dei Siberia, band interessante ma purtroppo ormai sciolta, e che questo è uno dei singoli che anticipano il secondo album. Pardon, recuperiamo subito.
MIGLIO – “Erasmusplus”: In un mercato musicale che ha spalancato a tutti, ma proprio a tutti tutti, le proprie porte, come si fa a costruirsi una carriera solida? Chiaramente a questa domanda non c’è una risposta precisa, l’unica vagamente credibile sarebbe “culo”; ma lo sappiamo che solo con quello non si va da nessuna parte, allora perlomeno serve la consapevolezza di sapere cosa si sta facendo, e non fatevi illudere che chiunque ascoltiate, anche in alta rotazione radiofonica lo sappia, e un carattere molto forte. MIGLIO, felice scoperta di questa settimana, non sappiamo se ha “culo”, nel senso metaforico del termine, anatomicamente immaginiamo che i genitori gliene abbiano procurato uno, ma certamente sa quello che fa e lo fa con un carattere mica male. Ce ne vuole per raccontare con questa precisione un amore 2.0, facilmente conciliabile con i tempi che stiamo vivendo in cui sono molti quelli costretti ad “amarsi in webcam”. Una ballad elettronica con spunti interpretativi interessantissimi.
Glomarì – “A debita vicinanza”: Uno schiaffo in faccia a chi non crede più nell’efficacia della poesia, nella potente delicatezza di un certo tipo di canzoni impegnate, a chi insegue successi camminando in bilico tra pop rappato e reggaeton dai contorni inutili, senza capire la differenza tra l’essere stimati e l’essere riconosciuti, tra una carriera e la moda. A chi dentro un pezzo ci mette dentro di tutto perché dentro non c’ha niente, a chi non riesce a far musica senza un computer davanti, a chi suona ma non suona niente. A tutti voi, lì fuori, mettetevi comodi e ascoltate questa meraviglia di disco.