AGI - Settimana di uscite importanti, fuori “Contatto” che segna il ritorno dei Negramaro con un disco profondamente attuale e intrigante; Gazzelle dà due schiaffoni alla classifica facendo uscire due pezzi nell’arco di tre giorni mentre i Pinguini Tattici Nucleari flirtano con sonorità più urban. Calcutta esce in featuring con una band argentina mentre gli Zen Circus con un album maturo e imperdibile. Ottime le uscite di tre delle nuove stelle rosa della musica: Ariete, Giorgieness e Roshelle sfornano tre brani che ci fanno ben sperare in un futuro dove il problema delle quote rosa nella musica non sia mai più un problema. Il brano della settimana però è certamente quello di Willie Peyote, un capolavoro che ci inchioda al nostro pressapochismo. Formidabile.
Negramaro – “Contatto”: I Negramaro tornano dopo tre anni di silenzio con un disco estremamente attuale. Come quasi tutta la produzione della band salentina, per apprezzarne il sapore intenso, cantautorale ma confortevole, elettronico ma surreale, serve masticare bene i brani, prestargli attenzione come si fa con una donna bella ma complicata, per scoprire alla fine, come succede quasi sempre con le donne complicate, che sono le migliori. È un album pieno di speranza, un album che nonostante le elettro atmosfere, che non possono ormai considerarsi nuove per la band, ci suona nel cuore come una carezza sincera. “Noi resteremo in piedi”, il brano che apre il disco ne è anche il manifesto più credibile, anche più della title track, che in effetti non è tra i brani più forti della playlist. Altrettanto interessante il featuring con la giovanissima Madame, l’unico del disco, a testimonianza di un’attenzione concreta dei Negramaro nei confronti di ciò che avviene intorno a loro. Ma ciò che è più importante è che la band porta avanti dopo quasi vent’anni il concetto stesso di band, una realtà che in Italia è praticamente sparita, cui esponenti si contano sulla punta delle dita di una mano stando larghi. Ed è un concetto che nel disco esce fuori in maniera vivida e vibrante; non possiamo sapere, e nemmeno ci interessa questo granchè, cosa succede negli spogliatoi, è chiaro, ma quel che è certo, ed estremamente ammirevole, è che Giuliano Sangiorgi, nonostante sia un’entità che mediaticamente potrebbe serenamente vivere di luce propria, in realtà senza i suoi compagni non otterrebbe gli stessi risultati, tant’è che “Contatto” è stato prodotto tutto homemade dal tastierista Andrea Mariano; scontato? Affatto. Giusto? Assolutamente si, perché Mariano è riuscito a restituire al pubblico con precisione chirurgica il sound e il messaggio che la band intendeva comunicare. Bravissimo. Bravissimi.
Gazzelle – “Lacri-ma/Scusa”: Gazzelle si tiene dentro un oceano di romanticismo che riesce ad esprimere come pochi sanno e hanno il coraggio di fare. Intanto in maniera maledettamente onesta, rosicchiando posizioni su Spotify sgomitando in mezzo a trapper duri e puri che col cavolo che alle donne, eventualmente, chiedono scusa; e poi in maniera funzionale, nel senso che i brani sono ottimi, proseguono leggiadri nella drammaturgia che il cantautore romano sta costruendo in maniera schietta e coerente, tutte cose che il pubblico poi apprezza, perché lo sente vicino. E fanno bene, perché Gazzelle è vicino, sta dalla loro parte, dalla parte di chiunque abbia abbastanza decenza e profondità per lasciarsi andare alla sofferenza intesa come parte integrante della propria umanità.
Pinguini Tattici Nucleari – “Scooby Doo”: Questo brano, che ha spiazzato molti dei fan dei Pinguini sul web, rappresenta in realtà la consacrazione di uno degli aspetti più interessanti della band bergamasca, ovvero la loro freschezza e conseguenziale capacità e, ancor più importante, voglia di mettersi alla prova e divertirsi. Il tema qui è che “Scooby Doo”, in cui i ragazzi giocano un po' con ritmi appena appena vagamente rappati, è un brano estremamente solido, che certifica anche una crescita artistica non indifferente, senza abbandonare la loro visione del mondo unica, sempre fintamente scanzonata, che orbita tra lo stomaco e il cuore, tra ciò che è terreno e ciò che è etereo, riuscendo ancora una volta a raccontare, forse meglio di chiunque altro nella nuova scena cantautorale, un’intera generazione di ragazzi, troppo giovani per essere chiamati uomini e troppo spaventati per affrontare un mondo così complicato.
Las Cosas Que Pasan feat. Calcutta – “Penso a te”: Appena abbiamo letto il titolo, ammettiamolo, in tanti abbiamo pensato ad un altro fake in stile The Barbooodos, invece i Las Cosas Que Pasan (nome geniale, tra l’altro) esistono davvero, fanno parte, per quanto ci è parso di capire dal poco trovato in rete, del panorama indie argentino. Hanno scritto a Calcutta per una collaborazione e lui, pur non avendo a che fare con un nome grossissimo, si è buttato avendo, tra l’altro, la straordinaria capacità di immergersi lui nel mondo di una band che trova la sua forza (abbiamo ascoltato anche il resto della loro produzione) in un pop con sonorità molto contemporanee, abbastanza distante da quello fascinoso e schitarrato dell’it pop. Molto gradevole.
Myss Keta – “Il cielo non è un limite”: Nuovo EP per la vocalist milanese che a sto giro sostiene di aver sviluppato un concept per cui in brani come “Rider Bitch”, “Photoshock” e “Giovanna Hardcore”, che recita, per dire, “Sono Giovanna Hardcore e ci becchiamo al parco/Ho la vista tipo falco/Se tocchi il mio cavallo/Dal mio arco scocca un dardo”, dovremmo scorgerci temi sociali che, francamente, ci sfuggono. L’impressione è che quando la moda del clubbing, essendo una moda, passerà, anche Myss Keta, se non sarà capace di rinnovarsi, passerà. Al momento possiamo dichiarare senza timore di essere smentiti che non ne sentiremo questa gran mancanza.
Willie Peyote – “La depressione è un periodo dell’anno”: Un pezzo meraviglioso, disarmante, ancora una volta Willie Peyote ci mette davanti alla nostra pochezza, sociale e culturale. Ma questa rilettura in barre del decadentismo sociosanitario che stiamo vivendo ci ricorda che la musica, oltre che intrattenere dovrebbe anche raccontare l’attualità, riportarci sulla retta via del ragionamento, puntarci il dito contro alle volte, specie quando, come di questi tempi, ciò che di noi mettiamo in bella mostra è la stupidità, la pigrizia, l’egoismo, l’ignoranza, la volontà social di tirare dentro la nostra minuscola tana, con le nostre personalissime regole, l’intero mondo, anche scientifico; perché noi, a prescindere, sempre, abbiamo ragione, e ora che possiamo anche autorenderci pubblici senza il permesso di una tv, abbiamo ragione al quadrato. C’è chi reagisce con una finta pacca sulla spalla, come i politici, che a ben ragione ci regalano un sorriso e di questa idiota presunzione se ne approfittano per accumulare voti, poi c’è chi sbraita clichè sinistroidi dai propri salotti pieni di libri non letti, senza però smuovere un dito; e poi c’è Willie Peyote che, bontà sua, scrive un rap e ci smutanda, e ci tocca pure ringraziarlo. Eccezionale.
The Zen Circus – “L’ultima casa accogliente”: Gli Zen non sono più quelli di “Andate tutti affanculo”, non perché si siano rammolliti, ci mancherebbe, anzi, soprattutto perché “Andate tutti affanculo” è un album che ha oltre dieci anni e la cosa più importante per una qualsiasi realtà musicale, specie una vicina ai 30 anni di attività, è la capacità di maturare insieme al proprio pubblico. Sotto questo punto di vista “L’ultima casa accogliente” non è solo un buon disco, ma è forse un disco fondamentale nell’intera collezione degli Zen Circus. Questo perché il loro sound, pur mantenendo quelle linee rock melodiche decise, verte sempre più verso il cantautorato impegnato di chi, giustamente, arrivato ad un certo punto del proprio cammino, non se la sente più di risolvere le proprie questioni mandando “tutti affanculo”. Loro in questo album ci provano mettendo in risalto la poetica di Appino, che sforna brani davvero eccellenti come “Non” e “Appesi alla luna”. Da mettersi in poltrona e ascoltare con attenzione. Ben tornati ragazzi.
Bianco feat. Dente – “Morsa”: Due delle voci più interessanti di quello che potremmo chiamare “indie old school” mettono insieme una canzone scorrevole, leggera, ma con una tematica sociale che non ha bisogno di didascalie: “Se uno sta male gli altri lo vanno a salvare”, cos’è esattamente che non vi torna?
Alfa feat. Annalisa – “San Lorenzo”: Clicchiamo play e ci viene il dubbio che sia una nuova uscita o meno, perché l’impressione è che sia un brano già sentito mille volte. Pop rappato di lui, ritornello cantato di lei e in testa non rimane una virgola.
Ceri feat. Franco 126 – “HappySad”: Rap divertente, anzi, sorprendente. Non solo perché vive su un beat che richiama evidentemente a quella dance talmente trash da diventare morbosamente affascinante, ma anche per il testo; immaginate “Quattro amici” di Gino Paoli che incontra “Attenti al lupo” di Dalla in discoteca. Ceri è un ottimo producer che ha contribuito all’esplosione di progetti come Coez, Frah Quintale e lo stesso Franco126, la sua musica è estremamente giggiona ma molto interessante.
Mace feat. FSK SATELITTE – “Ragazzi della nebbia”: La trap melodica che incontra quella urlata dei FSK. Esperimento interessante ma ancora un po' debole.
Giorgieness – “Successo”: Una bomba atomica contemporanea ed efficace, che non è che centra il bersaglio che punta, lo fa letteralmente saltare in aria. Giorgieness si conferma una delle artiste più interessanti del rinascimento femminile, perché è urban senza essere immatura, complessa senza essere noiosa, canta benissimo senza sfondarci di gorgoglii barocchi anni ’90. Imperdibile.
Ariete – “18 anni”: Ipnotizzante, da collocare in quell’universo di musica teen molto cool, molto cantautorale, molto ben fatta. Ariete non canta certo agli adulti ma basta far partire la sua musica per far venire a chiunque, senza limiti di età, la voglia di proseguire nell’ascolto di qualsiasi parola abbia mai pronunciato in vita sua. Wow.
DEIV – “Povero”: Cosa succede se il rapper più forte della scena nazionale, tipo Salmo, mette nelle mani di uno dei producer più forti della scena, tipo Young Miles, il testo di un ragazzo esordiente, tipo DEIV? La storia in linea di massima sta tutta qui, la produzione è talmente precisa e preponderante che si fa fatica ad andare oltre e giudicare un brano che funziona, è ovvio. Una volta si diceva ai cantanti bravi “Potresti anche cantare l’elenco del telefono”, presto aggiungeremo la postilla “…con una buona produzione non farà differenza”. Il brano meriterebbe più ascolti per svuotarlo da tutti quei barocchismi alla moda, come ordinare filetto e patate al forno e arrivati a casa ricordare soltanto il sapore delle patate al forno.
Roshelle – “7 giorni”: Brano che riprende in maniera totale quel sound dell’R&B anni ’90, con tanto di sensualità, precisione ed efficacia. La scrittura è acerba, ok, manca di spunti particolarmente illuminanti, ma l’esperimento è molto molto interessante.