A lla mezzanotte di giovedì è uscito “Il cielo non è un limite”, nuovo EP di Myss Keta che era già stato anticipato dall’uscita dei singoli “Giovanna Hardcore” e “Due”. Brani in cui ritroviamo la natura profondamente provocatrice della cantante mascherata, che rappresenta fin dagli inizi, quindi dal 2013, una finestra sul mondo del clubbing, in particolare quello milanese, allargando però col tempo i propri orizzonti fino a lotte che non si fa fatica a definire del tutto sociali. Myss Keta infatti è icona di stile, icona per la comunità LGBT, icona di un certo tipo di femminismo 2.0, che più che ricercare in maniera ossessiva e violenta una generica parità di genere, punta soprattutto all’autoaccettazione assoluta. Il sound dell’EP replica quello al quale Myss Keta ci ha già abituati, giochi di parole audaci, un parlato accattivante, su basi dance; un mix che ricrea atmosfere da discoteca in cui la nostra tenta di infilarci contenuti più profondi e stimolanti. Contenuti che prova a spiegarci, come al suo solito, parlando di è in terza persona.
“In realtà è una costruzione sfaccettata dell’interiorità di Myss, che corrisponde a un mondo contemporaneo molto sfaccettato. Nel senso che quello che voglio raccontare fondamentalmente è quello che vedo succedere e come mi calo io nel mondo contemporaneo, come lo vivo io. Ed è un mondo creato da varie interiorità di Myss Ketta e vari doppelganger di Myss; mi sono creata vari personaggi del personaggio di Myss per cercare di parlare delle tematiche del mondo contemporaneo. Ad esempio in “Rider Bitch” o “Photoshock”, e lo stesso escamotage l’ho usato per parlare di altri argomenti, come quello del nuovo medioevo digitale che è assimilabile al Medioevo dell’anno 1000 che fu, in canzoni come “Giovanna Hardcore”.
Ci racconti qual è il tuo rapporto con la mascherina oggi?
“È un rapporto intimo”
E adesso che è diventato un rapporto intimo per tutti?
“Sono molto contenta che sia diventato un rapporto intimo per tante persone, perché questo fa si che viviamo in un mondo responsabile e che tende a proteggere la propria comunità. È ovvio che io che non ho un rapporto con la mascherina solo dal punto di vista sanitario, ma per me è anche una maschera teatrale, quindi la vivo anche dal punto di vista artistico”
La tua maschera è ormai diventata un simbolo, ma non hai paura che ingoi la persona reale che la porta?
“Io non mi ritengo ingoiata, anzi sinceramente penso che Myss sia una potenziatrice, nel senso che come progetto permette di esprimere al massimo certi concetti”
Il genio della lampada ti da la possibilità di realizzare un featuring in Italia con chi vuoi tu… chi scegli?
“Mina. Per forza.”
Tu ormai sei un’icona per la comunità LGBT ma anche per le donne, in questi giorni si è parlato della prima vicepresidente donna degli Stati Uniti e tu hai già dichiarato che deve servire da stimolo affinché una cosa del genere avvenga anche in Italia, ma come vedi la situazione delle donne in Italia?
“Io credo che la situazione della donna in Italia sia un po' la situazione dell’uomo. Dal mio punto di vista, il prossimo passo che vorrei provare a fare è quello di far capire che donne, uomini, esseri umani, siamo tutti sulla stessa barca. In realtà, riguardo la situazione della donna oggi, mediaticamente credo si sia accesa una luce, un faro sulla tematica dell’uguaglianza, sulla tematica del rispetto…ed è un faro che tocca anche la parte maschile, riguarda anche un certo tipo di stereotipi maschili che hanno fatto male a tante persone che li hanno dovuti subire in questi anni. In realtà credo sia una liberazione da tutti gli stereotipi, una liberazione degli essere umani rispetto la loro espressione in generale, che prescinde ovviamente dal punto di vista sessuale. Secondo me la lotta che si sta facendo in questo momento di liberazione della donna è in realtà una lotta per la liberazione di tutti”
Cosa pensi della gestione dell’emergenza sanitaria in merito al mondo della cultura da parte del governo?
“In questo momento di lockdown non credo si possa fare molto di diverso, sinceramente mi è dispiaciuto vedere una mancanza di attenzione verso un universo culturale che è un’industria che comprende tante persone che sono state quasi ignorate. Io lo dico da artista, si è preferito non pensare alle modalità corrette per aprire sale da concerti e teatri ma a chiuderle in maniera immediata, ecco secondo me come abbiamo provato a muoverci in maniera corretta seguendo i dettami imposti dall’emergenza sanitaria verso altri tipi di commerci, potevamo avere la stessa attenzione verso l’industria culturale. Capisco che abbiamo a che fare con una pandemia mondiale, ma l’arte e la cultura ci portano ad essere quello che siamo come società e come esseri umani. Ho sentito molto questa mancanza e mi ha particolarmente colpita”
Hai paura di essere una moda che passi?
“La moda passa, lo stile resta. Quindi no”.