AGI - Fuori nuovi brani e album di Claudio Baglioni, Max Pezzali ed Edoardo Bennato…ed è subito il 1990. A riportarci al futuro Tiziano Ferro, che però canta evergreen della musica italiana, quindi in linea di massima restiamo sempre in territorio retrò. Certifica la nostra presenza nel 2020 il nuovo singolo di Sfera Ebbasta che con “Famoso”, prossima uscita, vuole conquistare il mondo. E poi ancora Gemitaiz sforna un gran mixtape, Piotta compone una colonna sonora per “Suburra” che meriterebbe l’attenzione di un Academy; mentre ricompaiono sugli schermi Maneskin e Modà, le due perle del rap Madame e ANNA escono con due nuovi singoli. Perla della settimana l’eccezionale disco di Bonetti.
Claudio Baglioni – “Io non sono lì”
Posto che Claudio Baglioni è un monumento del cantautorato italiano, un monumento cui parte più preziosa, tra l’altro, è sempre rimasta nascosta dietro poster e piccoli grandi amori; posto che con il mood preso dalla discografia mondiale ci sta che alla soglia dei 70 anni non si riesca a star dietro ai trapper napoletani, cosa che tra l’altro, immaginiamo, non sia nemmeno nelle sue intenzioni; e apprezziamo e crediamo sia molto intelligente al contrario, con questo “Io non sono lì”, provare ad inseguire la propria adolescenza che, anche se operazione più malinconica, è sempre meglio di inseguire gli adolescenti. Sia la penna che la musica sembrano infatti indirizzati al passato, ad un Baglioni che non c’è più, un Baglioni che non c’era più nemmeno l’ultima volta che c’era davvero, per noi nel 1999 con “Viaggiatore sulla coda del tempo”, l’ultimo suo grande album, da lì in poi solo un riaccartocciarsi su se stesso tra best of, greatest hits e rifacimenti dei classici in tutte le salse, ma se quel “se stesso” è Claudio Baglioni tutto sommato ci sta. Attendiamo con ansia il 4 dicembre per ascoltare il resto.
Tiziano Ferro – “Accetto miracoli: l’esperienza degli altri”
La cosa più corretta sarebbe considerare questo disco di cover un semplice sfizio che Tiziano Ferro, entrato, giustamente, nell’olimpo dei big della canzone italiana, si è voluto togliere. Certo, avrebbe potuto smistare ad amici e parenti una serie di Mp3, avrebbe potuto organizzare un karaoke a casa, in preda ad una smania di grandezza avrebbe potuto perfino chiamare la RAI e farsi costruire attorno uno show ad hoc; invece ha deciso proprio di incidere un disco e farlo passare per tale, costringendoci dunque da questa parte ad una valutazione, nello specifico la seguente: l’album si può dividere serenamente in due categorie di brani, quelli più melodici, puliti, che Ferro canta bene forte del fatto che sa cantare bene, tipo “Perdere l’amore”, “Margherita” o “Almeno tu nell’universo”, e quelli che avrebbe fatto bene a lasciar perdere, come “Rimmel”, “Piove” e “E ti vengo a cercare”, che sono brani troppo legati all’interpretazione di chi li ha scritti, il risultato infatti in questi casi è ai limiti dell’esibizione da talent. Ma siccome siamo convinti che trattasi di uno sfizio, allora lasciamo perdere e, semplicemente, non lo ascolteremo mai più nemmeno per sbaglio.
Max Pezzali – “Qualcosa di nuovo”
Ogni tanto un disco di Max Pezzali serve e l’utilità è un valore troppo spesso sottovalutato. Non servirà magari ad allargare gli orizzonti musicali di un 36enne nerd, ma è anche vero che i 36enni nerd sono stati relegati ai margini del mercato discografico, in termini di target non valgono più un centesimo. Ma un disco di Pezzali serve a tutti quei giovani là fuori che non hanno le parole per descrivere i sentimenti più semplici che caratterizzano le loro vite, che non sanno come parlar d’amore, come tradurre la propria primissima nostalgia, come incatenare questo disagio che li coglie di sorpresa come i primi peli; in questo senso è assolutamente straordinario, extraterrestre, commovente, che la stessa musica possa significare le stesse cose per generazioni che non hanno praticamente nulla in comune, se non forse proprio il bene incondizionato che vogliono all’infinito Max Pezzali, che in una società che va in malora riesce a restare sempre Max Pezzali, a tirarti dentro il suo universo semplice e profondo, onesto e struggente. Ah il disco, certo…be, è un disco di Max Pezzali
Sfera Ebbasta – “Bottiglie privè”
Trap ballad che anticipa “Famoso”, l’album con cui Sfera Ebbasta vuole dichiaratamente sbancare anche il mercato internazionale. È senza alcun dubbio il brano migliore inciso finora dal ragazzo di Cinisello Balsamo, ma non è che per superare gli altri ci volesse sto granché di fatica. Visto che i brani di questo nuovo disco sappiamo già inonderanno le nostre strade, le nostre case, le nostre radio e le orecchie dei nostri primogeniti senza alcuna pietà, la speranza è che, a parte la sindrome da Risiko di Sfera Ebbasta alla conquista del pianeta Terra, nel disco ci siano un po' di contenuti, un po' di sanissima ciccia, che magari finalmente riusciamo a scoprire attraverso la musica qualcosa di più di questo ragazzo, sperando che il periodo del vado a letto con questa, mi faccio di quest’altro e vivevo in quest’altro quartiere difficile, sia finito.
Gemitaiz – “QVC9 – Quello che vi consiglio vol. 9”
Mentre scriviamo il rapper di scuola romana occupa con i 18 brani di questo mixtape le prime venti posizioni della chart di Spotify; ha lasciato giusto un ottavo posto a Sfera Ebbasta e un ventesimo a Gazzelle, per il resto solo lui. Alla fine l’effetto si diluirà e ne resteranno a galla in top ten 5/6, ma il punto non è questo, mettendo un attimo da parte l’entusiasmo del pubblico del rap e la curiosità, e i conseguenti click, per l’uscita di uno dei massimi esponenti della scena italiana, Gemitaiz ha la straordinaria capacità di andare molto più a fondo nelle storie che decide di raccontare rispetto alla maggior parte dei suoi numerosissimi colleghi. All’interno del mixtape incrocia le barre con i maggiori esponenti della scena, da Nitro a Fabri Fibra, da Emis Killa a Geolier, da Izi a MadMan, e ancora Carl Brave, Speranza e Achille Lauro, solo per questo merita un ascolto attento. Nello specifico segnaliamo “Mama”, “Mondo di fango”, pezzo davvero di gran valore, “Alright”, “Più di così” e “Money money”.
Edoardo Bennato – “Non c’è”
È molto bello ritrovare Bennato e la meravigliosa sfrontatezza che caratterizza da sempre il suo cantautorato. “Non c’è” è un bellissimo brano scritto da un grande della musica nostrana, consapevole di essere stato messo da parte, come la quasi totalità dei colleghi della sua generazione, e ci sta, anzi quasi se ne bea. Tipo “Uno che non vuole partecipare al gran ballo delle celebrità/ma se si rifiuta di cantare la canzone dell’unanimità”. Mito vero
Maneskin – “Vent’anni”
I Maneskin al primo sguardo sembrano costruiti pezzo su pezzo, più che una vera band sembra un progetto ben definito per riportare al successo un vintage anacronistico e maledetto che nemmeno gli appartiene essendo ragazzi così giovani. Tutto questo al primo sguardo, perché se poi gli si da un centimetro di fiducia e si sta attenti a quello che fanno e quello che dicono ci si accorge che no, non sono costruiti, sono proprio tosti e credono maledettamente in quello che fanno e ci credono talmente tanto non solo da risultare credibili nei loro panni poco credibili, ma da finire per fare veramente bene quello che fanno. Questa “Vent’anni” per esempio è stata concepita come l’urlo di una generazione che solitamente parla solo attraverso foto su Instagram o meme su Facebook, loro invece costruiscono un brano ambizioso e preciso, affrontano quello di cui vogliono parlare a petto in fuori e con la spregiudicatezza che contraddistingue, bontà loro, chi ha ancora una marea di tempo davanti a sé per diventare una personcina a modo. Bravissimi
Piotta – “Suburra”
Piotta Roma la racconta da sempre, meravigliosa e meschina così com’è, l’incrocio con la serie “Suburra” allora rischiava di essere ridondante, fin troppo scontato, se non fosse che parliamo di un rapper che è riuscito a trovare andando avanti con gli anni una formula stilistica assolutamente unica, di fungere da anello di congiunzione perfetto con il cantautorato old school, di non smettere mai di esplorare le potenzialità sonore del proprio genere. I brani che Piotta ha scritto per raccontare i personaggi di “Suburra” non fungono solo da accompagnamento e non si limitano nemmeno a fare da didascalia ad una narrazione che ne potrebbe fare a meno; sono una meravigliosa traduzione in musica dell’essenza di quei personaggi che rappresentano l’anima marcia della nostra capitale e Piotta li racconta con empatia, schiettezza e anche un commovente briciolo di pietà, la stessa di mamma Roma verso i suoi figli, specie quelli più difficili. Eccezionale
The Zen Circus – “Catrame”
Gli Zen tornano agli inediti con un altro dei loro brani in cui poesia e realtà si ritrovano a bere (fumare magari in questo caso), ad intrecciare in musica le loro dita. È il primo pezzettino di un puzzle che verrà completato da un album che attendiamo con l’acquolina in bocca
Modà – “Chicco biondo”
Un brano che fa riflettere moltissimo sul disagio di un’intera categoria di persone che per lavoro è costretta ad ascoltare un brano dal titolo “Chicco biondo” cantato dai Modà. Ci piacerebbe raccontarvi di una sorpresa, di un brano esplosivo che ci fa ringoiare tutti i pregiudizi sputati in questi anni contro questa band protagonista (artefice?) del peggiore decennio della storia del pop all’italiana, gli anni 2000/2010. E invece no, sono proprio loro che usano la metafora di un chicco di grano per giustificare la solita insopportabile sequela di clichè amorosi. Morale della favola: non ci pagano abbastanza per tutto questo
Myss Keta – “Due”
Sulla base della hit cafon dance “Two Times” di Ann Lee, la performer mascherata sviscera i soliti jingle da vocalist da discoteca. Ascolti la canzone e cominci a percepire il punto di vista del governo sulla cultura
Madame – “Clito”
Per i meno attenti a cosa succede attorno a loro, Madame è una delle più interessanti voci femminili della scena hip hop italiana, alla tenera età di 18 anni poi è riuscita a trovare una chiave perfetta per proporre qualcosa di nuovo, decisamente ammiccante (proprio come questa “Clito”), senza però scadere nel patetico e nel figo solo perché giovane. Lei è brava perché brava non solo perché nata poco tempo fa. “Clito” vi scuoterà, il testo suona come un urlo in chiesa, una confessione cruda, un tocco di poetico voyerismo. Ottimo pezzo
ANNA – “Fast”
La diciassettenne di La Spezia circa un anno fa ha conquistato il mercato italiano (e non solo) grazie alla sua “Bando”, rap in cassa dritta intuitivo e coinvolgente; in molti la aspettavano al varco per capire se si trattasse di una meteora o di una ragazza con qualcosa da dire. Con “Fast” abbassa il tiro, un brano che si fa ascoltare ma che manca di quella sbrilluccicanza di “Bando”
Bonetti – “Qui”
Uno dei più bei dischi dell’anno per un cantautore cui assenza dai grandi palcoscenici di questo paese è la dimostrazione plastica di quanto stiamo scadendo. Bonetti appartiene a un altro tempo, quello in cui le canzoni si facevano con attenzione e cognizione di causa, quello in cui il pubblico non era confuso da centinaia uscite settimanali ed era così capace di restare al passo, di avere il tempo di ascoltare (e quindi poi valutare bene) tutto quello che andava ascoltato. Bonetti fa il disco che forse avrebbe fatto oggi Battisti, c’è poesia ma non è plastificata, dopata, messa in bella mostra, anzi, viene trascinata per la coda tra di noi, in mezzo al nostro via vai, alla nostra vita inutilmente frenetica. Ascoltarlo in questo senso è una vacanza, un respiro, una pausa di riflessione con se stessi, lasciarsi un po', che magari ci fa bene, “Qui” è talmente controcorrente da risuonare come una provocazione pacifica e illuminante.