U na delle uscite discografiche più attese della scorsa settimana era sicuramente “Che canzone siamo”, nuovo singolo di AIELLO, il cantautore calabrese che è riuscito nell’ultimo anno e mezzo, grazie al passaparola 2.0 del web, a conquistarsi uno spazio significativo tra le nuove voci del nuovo itpop e ci è riuscito praticamente da solo. Già, perché a dispetto di chi gli ha affibbiato da subito l’etichetta di “indie”, il percorso di AIELLO, che è il suo cognome, il nome è Antonio, classe ’85 da Cosenza, è del tutto inedito; e lo ha raccontato all’AGI partendo proprio da questa sua nuova uscita, che apre una nuova strada nel suo modo di fare musica, e andando a ritroso di un anno e mezzo quando ha sganciato in rete i suoi brani pensando “O la va o la spacca”. È andata eccome, su Spotify sfiora il milione di ascoltatori mensili, su YouTube nessuno dei suoi pezzi viaggia con numeri inferiori ai sei zeri ed è ormai presenza fissa nella classifica dei brani più trasmessi dalle radio italiane.
“Purtroppo o per fortuna tutto quello che faccio è molto naturale, nel senso che io non riesco ad incollarmi nulla, faccio tutto quello che mi fa godere e a me la produzione di questo secondo disco, che è ancora work in progress, mi fa godere, è frutto di un percorso di ascolti e di una grande passione che io ho e che va oltre la mera scrittura”
A cosa pensi quindi quando lavori ad un brano?
“Io scrivo per urgenza, poi quando vado a vestire i pezzi, con i produttori, cominciamo un tipo di viaggio che non ha proprio nulla a che vedere con ‘ci sediamo a tavolino per capire cosa va e cosa non va’, correndo anche dei rischi”
Sfatiamo questo mito di AIELLO cantautore indie?
“Non mi sono mai sentito indie, ma perché io non mi sono mai sentito nulla - e ride -. Io sono uscito da solo, dopodiché sono arrivati i giganti a farmi delle proposte, ma io non sono uscito con una casa discografica con “Arsenico”. Io mi sento me, se piaccio sono contento, se non piaccio pazienza, spero di piacere alla prossima. Io sono Antonio Aiello, faccio canzoni.
Se dovessi inquadrarti in un genere quindi…?
“Per te sono indie, per un altro sono urban, per un altro sono pop, onestamente credo di essere banalmente pop, volendo fare l’accademico, ma siccome a me gli accademici mi stanno sul cavolo, ti dico che faccio le cose a modo mio, questa è la musica a modo mio, poi se colpisce abbiamo fatto goal, altrimenti speriamo la prossima”
A proposito di “Arsenico”, sarà che questo mondo va molto veloce, ma sembra tanto che sei fuori ma in realtà è poco più di un annetto…
“In realtà Arsenico è uscita a gennaio con le mie due manine, nel senso che l’ho buttata dicendo ‘o adesso o suonerò a vita per mio nipote’. è scoppiata questa cosa molto bella ed è arrivata la Sony con la quale ovviamente abbiamo fatto un restart, e così abbiamo iniziato questo viaggio”
Ma il tuo progetto musicale immagino esistesse da molto più tempo, no?
“Esiste da tempo e nessuno mi calcolava, da quando avevo 16 anni, un anno e mezzo fa lo sapeva solo mia madre, mio fratello e mio padre, poi da un anno e mezzo lo sanno un po' di persone in più – e ride -. A tutti gli effetti è stata una gavetta, una gavetta molto più interiorizzata che pubblica, nel senso che non ho fatto tanti live, non sono uno che ha girato tantissimo, ho viaggiato tantissimo io personalmente, ho scritto tanto, ho ascoltato tanto e ho sperimentato tanto, il succo poi è stato il disco “Ex voto”
E dopo…?
“Dopo ho sentito una naturale evoluzione, come dico simpaticamente (ma neanche tanto perché per me è un mantra): chi non si evolve si ripete. Io se dovessi fare un secondo disco uguale a “Ex voto”, per me sarebbe la morte lenta; io non ho sognato questo momento per fare degli stampini di facile tiratura o di facile apprezzamento, io me la voglio rischiare e godere”
Hai dei riferimenti musicali precisi?
“Io negli ultimi anni ho ascoltato tantissima musica urban, tantissima musica indipendente elettronica internazionale, tantissima musica popolare, anche latina, non reggaeton, che sento che non mi appartiene; da Post Malone a Rosalia, fino ai giganti del cantautorato che per me restano degli dei, Battisti, Dalla e Rino Gaetano; ho voluto mescolare questi mondi ed è venuto fuori questo disco sul quale sto lavorando, che ho partorito prima di “Vienimi (a ballare)” che è più latina, più mediterranea, e ora questa ballad che è molto contemporanea ed elettronica”
Quindi questo mondo, una volta dentro, come lo stai trovando?
“Onestamente a livello umano bello, ho fatto degli incontri anche con dei colleghi che sicuramente sono stati positivi, belli, a livello artistico. Io ho sognato proprio un’opportunità per poter condividere la mia visione di arte a 360 gradi e adesso ho dei mezzi più importanti per poterla esprimere; oggi posso avvalermi di collaborazioni e avere intorno delle persone veramente molto brave, anche perché è sempre un lavoro di squadra, io lo pensavo dai tempi in cui ero da solo nel salotto di casa a immaginarmi le cose. Ti confesso anche che in un anno e mezzo sei mesi sono stati di pandemia, quindi è un’esperienza relativa, perché comunque ho bisogno di fare una serie di esperienze, che mi auguro di fare presto, che hanno a che fare anche con il mondo live, che io ho assaggiato, come il concerto Heroes, che comunque mi hanno dato un’idea della bellezza del mondo live”
In questo senso non sei stato fortunatissimo…
“Si perché io comunque ho sognato di cantare davanti alle persone, è tutto molto bello, la canzone che esce, le persone, l’amore che ti scrivono, le foto…ma la cosa più bella è fare i concerti, e finché non li faccio non mi sentirò appagato”
Un bruttissimo anno e mezzo effettivamente…
“Devo dire che nella sfortuna, che è una sfortuna globale, che interessa tutti, io mi ritengo molto fortunato. Intanto aver avuto un momento molto bello prima che scoppiasse tutto questo. è come se io avessi preso un ultimo vagone per salire, per dire ‘io ci sono, cominciamo questo viaggio assieme. Non ci vedremo domani al live, non ci vedremo dopodomani, ma tra tre giorni siamo tutti sotto al palco’. Infatti l’importante è continuare a condividere musica, a condividere l’emozione per questo viaggio che continua”
Chi sono questi artisti che ti sono stati particolarmente vicini? C’è stato un collega che in particolare ti ha detto parole che ti hanno colpito…?
“Devo dire che a nominarne uno forse farei un torto perchè tutti quelli che ho incontrato sono stati anche esageratamente buoni e pieni di apprezzamenti, ma veramente, veramente tanto. C’è anche chi non ho incontrato ma mi ha scritto perché sentiva il bisogno di dirmi cose belle, a Heroes eravamo così tanti che dirtene uno mi dispiacerebbe, ma devo dire che tutti quelli con cui ho scambiato delle parole, da Alessandra Amoroso a Tommaso Paradiso, sono state delle belle chiacchierate e dei bei momenti sotto il profilo proprio umano, perché poi è anche il bello di questo mestiere fare degli incontri, poi ti dimentichi che io ho fatto questa canzone e tu ne hai scritta un’altra, sti cazzi, incontri le persone, condividi l’idea di arte, ma è perlopiù un incontro umano”
Sono tante le cose che hai fatto in un anno e mezzo, c’è anche una candidatura ai David di Donatello come miglior canzone per “Festa”, colonna sonora del film “Bangla”…
“Quella è stata una sorpresa incredibile, pensavo fosse uno scherzo, quando mi hanno detto ‘Antonio sei nella cinquina’ ho pensato ‘ma che vuol dire? Mi dovete dare uno schiaffo?’. Tra l’altro con dei nomi pazzeschi, essere lì è stato un onore incredibile”
C’è una di queste cose che hai fatto che ti ha inorgoglito particolarmente?
“Heroes, l’evento di questa estate all’Arena di Verona, avevi la sensazione di partecipare a qualcosa di storico, per la location, per gli artisti che partecipavano, per come è stata organizzata, per come sono state coinvolte le persone, per il modo in cui è stata veicolata, si sentiva il profumo di storia mentre lo vivevi, e il fatto di aver partecipato è stato davvero bellissimo, mi ha fatto chiedere ‘cavolo, davvero ne faccio parte?’, è stata veramente una roba incredibile”
Dov’è che vuoi arrivare?
“A me basterebbe avere la certezza che tutte le volte che io scrivo una canzone ci sarà qualcuno lì ad ascoltarmi, perché poi è questa la fame che io ho, quel bisogno di avere un pubblico, di sapere che non sei solo, anche se sei disposto a farlo aldilà del pubblico. Io ho sempre scritto musica sapendo che l’avrebbero ascoltata quattro amici e i miei familiari, i numeri non mi interessano, non sono mai stato bravo in matematica, quindi non penso ad x persone, non penso alla location, il palazzetto, lo stadio, la televisione…l’importante è sapere che c’è qualcuno disposto ad ascoltarti e che ci sia sempre, questo per me sarebbe il regalo più bello, mi rasserenerebbe molto. Ovviamente poi, come tutti, sogniamo le stelle, quindi non mi accontento del tetto di casa, ma davvero mi basterebbe sapere che c’è qualcuno che aspetta la mia canzone nuova”