A lla mezzanotte di giovedì uscirà 'Forever', il primo disco solista di Francesco Bianconi, uno dei più sofisticati autori della scena cantautorale italiana, nonché, per i più, noto come voce e frontman dei Baustelle.
'Forever' è un vero e proprio disco da cantautore, ragionato, raffinato, minimalista, tutto ciò, insomma, che va contro il mood della discografia italiana, ormai arraffona e chiassosa, affondata da tormentoni e musica leggera mordi e fuggi, che non lascia spazio, salvo rarissime eccezioni, ad alcun progetto solido, memorabile, del quale ci è permesso immaginarci un futuro, una collocazione, una prospettiva.
Bianconi invece si conferma prezioso e anticonformista, e 'Forever' in questo senso suona come una ribellione intellettuale in musica, brani che viaggiano su melodie modulate quasi esclusivamente dalla voce profonda di Bianconi, dalla potenza di testi nei quali poetica e realtà si mischiano guidandoci in un viaggio surreale e affascinante.
Un disco molto coraggioso quindi, come non se ne fanno ormai più, ci verrebbe da dire, ma ancora, forse soprattutto in questo momento, necessario per non abbandonarci all’idea che questo pop 2.0 si sia divorato l’intera torta lasciando a bocca asciutta chi possiede un palato, senza cascare in inutili snobismi da radical chic, un po' più ricercato, un po' più esigente.
“Mi fa piacere per il ‘coraggioso’, mi ci sento un po' nella vita, i dischi fotografano degli stati, dei momenti tuoi biologici, esistenziali. Io mi sento più coraggioso di sempre in questo periodo e sono anche contento, dati i periodi particolarmente cupi, di sentirmi più forte. "
"Da quando ho cominciato a lavorare al disco io evidentemente mi sento più forte, più coraggioso, anche nella gestione del mio mestiere. Per cui ho scritto delle cose, a livello di testi, un po' diverse, più dirette, senza maschere, anche senza rete, come si diceva una volta, senza paura di cadere spiaccicandosi per terra”
Un disco molto controcorrente rispetto quello che va per ora…
“Quello in realtà è così dal punto di vista musicale, per questo mio desiderio di essenziale, di purezza. Venivo da un periodo con i Baustelle in cui avevamo dato tanto, abbiamo fatto due dischi nel giro quasi di due anni, che è quasi un record per noi, ed erano due dischi molto massimalisti, di super arrangiamenti stratificati, molto pop per i nostri standard, per cui anche un po' per reazione avevo bisogno di qualche altra cosa, per cui è un misto di coraggio e reazione all’ambiente circostante”
Reazione ad un “ambiente circostante” sempre più variegato…
“Per quanto riguarda la ‘musica che gira intorno’, come diceva Fossati, io sono molto curioso, ascolto un sacco di musica, anche di musica leggera, di musica pop nuova, e non trovo tanta soddisfazione, ci sono delle cose interessanti, però io era come se volessi giocare in un altro campo.
La cosa che un po' mi dispiace è che in Italia si sia tutto un po' omologato, come se ci fosse un unico grande genere che si assomiglia, è un po' lo stesso linguaggio nei testi, gli stessi codici, gli stessi suoni, ecco ci sono delle cose che mi piacciono molto, altre che non mi piacciono, ma in generale non mi interessa in questo momento”
Volevi giocare in un altro campo e invece sembra proprio che giochi un altro sport…
“Me ne rendo conto anch’io che questo disco suona diverso da quello che si sente adesso in Italia, sono canzoni del 1700 (e ride), però è così, così mi sento io, sono io vero questo, non mi va di inseguire il suono di moda, non me ne frega nulla in questo momento, poi chissà…”
Poi però prendi una hit di Baby K nelle tue “Storie inventate” e la trasformi in una cosa totalmente cantautorale.
“Io ho una figlia di sette anni e non faccio il censore, le faccio ascoltare tutto quello che vuole, così poi per rigetto spero che da grande ascolti solo musica bella (e ride), per cui mai vietare, mai proibire…ascolta queste robe della radio, tra le quali anche questa Baby K, e questa canzone era l’unica che in qualche modo, da quando me l’ha fatta ascoltare, me la immaginavo lenta, pensavo ‘cazzo, è una melodia bellissima’.
Io me la sono sempre immaginata in stile Flaming Lips, lenta, con Wayne Coyne che canta ‘ho bisogno di te in questo mare’, e mi sono detto ‘eh, prima o poi…’. Anche lì ho tolto tutto, ho cancellato tutto l’armamentario di moda, tutti i suoni latini da hit estiva”
…e hai scatenato l’inferno in rete, lo sai no?
“Ho letto grandi dibattiti, pagine di commenti, e mi fa anche piacere che si discuta di forma e di sostanza, di aver scatenato questa cosa; posso essere d’accordo che conta lo stile, lo diceva pure Paolo Conte, però dentro quella canzone c’è un qualcosa che ha permesso a me di scardinare tutto e farla mia”.
Infatti è come se avessi trovato una perla…
“Ci sono dentro delle cose tipo ‘ho bisogno di te in questo mare’, è una cosa che se la togli da lì e la metti su una pagina bianca è Ungaretti. Ha una melodia che in qualche modo mi appartiene, coincide con qualcosa che è anche me, buttando tutte le sovrastrutture. Ma non potrei fare la stessa cosa con altre hit estive…”
Dolcenera ha fatto un’operazione simile anni fa con i primi successi trap, ma sembrava una cosa, seppur interessante, vagamente più presuntuosa, quasi la volontà di nobilitare una musica più “bassa”; tu invece hai proprio estratto la poesia, sembravi molto preso…
“Mentre stavamo suonando ci stavamo per mettere a piangere di commozione, io l’ho sentita come se fosse una cosa mia. Ma non puoi farlo con qualsiasi canzone, lo stile non ti salva sempre”
Secondo te in Italia c’è ancora spazio per il cantautorato? Il pubblico è ancora interessato ad ascoltare musica un po' più impegnata…?
“Si, c’è ancora spazio, il problema è l’occasione. La cosa che mi fa paura è la perdita dell’occasione per poter sentire la musica, perché anche in ere di abbrutimento culturale, mettendo che questa sia un’era di abbrutimento culturale (non lo sto dicendo), in cui tutti siamo disabituati a sentire musica con attenzione, tutti siamo destinati a skippare, a non sentire più un disco dall’inizio alla fine o comunque canzoni diverse dalle hit estive.
Non significa che se tu ad un certo punto ascolti per caso Piero Ciampi quella canzone non ti sconvolge, anzi, rischia di avere più effetto su una situazione di abbrutimento l’ascolto di Piero Ciampi o De Andrè. Il problema è: come può capitare in questa situazione, per caso, di ascoltare Piero Ciampi? Non capita”
Quindi possiamo ancora sperare…?
“Io ci credo ancora, se si combatte un po' si riesce. Io lo vedo anche con gli strumenti moderni, con Spoify Artist, che è questo stupendo strumento in cui, anche io che non ci capisco una sega, riesco a vedere chi è che ascolta Bianconi, mi dice sesso, età…io pensavo ‘vabbè, il massimo ascolto sarà dai 40 ai 50’ e invece no, è dai 20 ai 25, per cui significa che come io ai primi anni di università pesco Piero Ciampi e mi sconvolge la vita, magari mi fa ben sperare che qualcuno ascolta Bersani o Lucio Corsi e pensa ‘cazzo, questa è una cosa che non ho mai sentito’.
E da lì cambi e ti aiuta anche a vivere meglio o semplicemente allarga un po' la tua conoscenza sul mondo. Io credo che ci sia ancora spazio per il cantautorato, anche forme nuove, moderne, un grande errore in questo paese è far coincidere il cantautorato con qualcosa che deve avere i suoni di De Gregori, no, il cantautorato può essere anche Coez…”
A questo proposito c’è tutto una nuova generazione di cantautorato, che definiamo indie, che è quello dal quale in qualche modo provieni anche tu con i Baustelle. Ecco, di questo nuovo modo di fare musica cosa ne pensi?
“Il cantautorato nuovo che sento io ha il vantaggio di aver rotto con una tradizione però il difetto è che mi sembra diventato molto rapidamente un clichè, si è codificato con più velocità rispetto alla musica leggera e cantautorale del passato, per cui rischia un po' di essere già morto, vivo ma morto, non vedo grandi iniezioni di rinnovamento, di linguaggio al suo interno.
I testi, i suoni, sono prevedibili, ma non ti nego che quando ho sentito a Sanremo, due edizioni fa, “Soldi” di Mahmood, ecco per me quello, da vari punti di vista, è un esempio di nuovo cantautorato, mi ha molto colpito quel pezzo là”
Qual è la necessità che ti ha spinto verso “Forever”?
Naasce dal fatto che con i Baustelle c’eravamo dati questo periodo di fermo biologico, tutti liberi per un po', ognuno libero di sfogare i propri istinti bestiali, ed io, assecondando questo percorso per cui avevo voglia di una forma di espressione nuova, sentivo di essere un uomo diverso; per cui ho detto ‘proviamo a metterlo su disco questo uomo diverso’.
L’ho fatto in maniera molto naturale, proprio perché volevo mettermi alla prova andando fuori dal pop. Per cui nasce dalla frequentazione di pianisti di musica classica, abbiamo fatto delle sedute in cui parlavo con questi signori e poi suonavamo, provavamo a scrivere delle musiche che erano un tentativo sperimentale.
Volevo pescare da zone distanti dalla musica leggera, anche i pianisti dovevano essere di musica classica, non persone abituate alle canzoni, da lì in poi ho visto che nascevano dei brani e si è rafforzata l’idea di prendere queste direzioni”
Essendo un disco d’esordio ti faccio una domanda che farei a un esordiente: quali sono stati i tuoi riferimenti musicali per questo disco?
“Questo disco nasce tutto da questo desiderio di pulizia e di purezza, esiste della musica che è come il disco che voglio fare? Ne esiste di simile, è stato tutto molto influenzato da questo disco di Nico che si chiama “Desertshore” e in generale Nico, fuori dai Velvet, mi affascinava molto, sono brani sospesi dal tempo, non hanno percussione, c’è la sua voce che guida e sotto una colata lavica di armonia, mi interessava molto questo elemento.
Ho ascoltato molta musica folk di varie provenienze, ero molto interessato alla voce. Ho ascoltato profondamente e ripetutamente questo disco di Sakamoto in cui c’era questa canzone dal titolo “Andata”. Cercavo della pulizia, come quando si sta davanti ad una tovaglia con troppi resti e si ha la tentazione di…come si dice…?
In Sicilia diciamo “scotolare”…
“Si esatto”
“Forever” lo consideri un punto di arrivo o di partenza?
“Non lo so neanche io. Io faccio le cose perché ho voglia di farle, non faccio niente per forza, anche con i Baustelle, facciamo dischi solo quando ci va di dire delle cose. Intanto lasciami incarnare in questa cosa, perché io ancora non esisto, finché non esce il disco non esisti come cantautore. Per cui intanto fammi godere questa incarnazione e poi si vedrà”