AGI - A poco più di una settimana dall’uscita “J”, il nuovo mixtape di Lazza, ha già raggiunto ottimi risultati in tutte le classifiche. Questo a testimonianza del suo status di t/rapper di primissimo livello all’interno di una scena sempre più stabile e formata.
Eppure, in questa 'giungla' così compatta e invalicabile, Lazza è riuscito a ritagliarsi uno spazio unico, forte probabilmente di una caratteristica che pochissimi esponenti dell’hip hop italiano possono vantare: Lazza, vero nome Jacopo Lazzarini, milanese classe 1994, nasce come pianista, ha studiato al conservatorio, è quindi un musicista vero e proprio.
Due aspetti della sua anima che, per esempio, l’anno scorso si sono incontrati in 'Re Mida (piano solo)', un disco in cui ripropone al pianoforte i brani dell’album che lo ha lanciato definitivamente nell’Olimpo del rap italiano, uno dei più interessanti esperimenti da quando questa nuova generazione di rapper ha cominciato ad affermarsi.
'J' invece è un mixtape composto da dieci brani in cui Lazza ospita alcuni dei maggiori esponenti della scena italiana, dai giovanissimi fenomeni tha Supreme e Geolier, a rapper più maturi come Gemitaiz e Gue Pequeno.
Come possiamo definirti? Rapper, trapper…?
“Non mi piace né l’una né l’altra definizione in realtà, non mi piace essere catalogato”
Qual è esattamente la differenza? Sono tanti quelli che non la capiscono…
“Sostanzialmente nessuna, è solo una sfumatura, è solo una sonorità, la trap è rap”
C’è un’altra differenza da specificare, quella tra un disco e un mixtape…
“Dal mio punto di vista l’album è qualcosa di più impegnato, è da live, il mixtape è da dj set. L’album racchiude tante atmosfere differenti, dal pezzo che fa abbracciare la gente al pezzo che fa saltare fino al pezzo più riflessivo, il mixtape è più “party”
Da dove nasce la necessità per un artista di registrare un album o un mixtape?
“Come mi sveglio la mattina (e ride). Ogni tanto ho necessità di fare qualcosa di impegnativo, perché il mixtape non è una passeggiata; sicuramente è meno pensato di un album, però la scrittura, che è una delle cose che mi differenzia, si sente. Mi andava di fare qualcosa di un po' più rap e meno ‘album’, meno ‘canzone’, più esercizio di stile”
Ci racconti del tuo passaggio dal pianoforte al conservatorio all’hip hop?
“Diciamo che è stato un processo parallelo che poi si è incrociato, sono due cose che sono andate di pari passo, mi piacevano entrambe. Ad un certo punto c’è stata questa necessità di provare a farle conciliare che poi si è dimostrata la carta vincente”
Quanto ti è tornato utile lo studio del pianoforte per la tua carriera in un genere dove non viene utilizzato moltissimo?
“Sicuramente gli studi mi hanno aiutato tanto. La musica è matematica, una questione di ritmo, di saper tenere il tempo, quindi la possibilità di studiare, di conoscere la musica, sia a livello melodico che ritmico, oggi che sono un artista formato, mi da la possibilità di avere degli spunti melodici più fighi, perché c’è uno studio dietro”
Anche in un genere come il tuo, quanta differenza può fare quindi avere un approccio da musicista…Specie rispetto a tanti altri della scena che non lo sono.
“è come avere una macchina con la quinta e una con la terza. È sicuramente un valore aggiunto che ti fa comodo. Non è sempre così, io sono stato in studio con Sfera (Ebbasta) più volte e lui è uno molto intuitivo, la linea melodica figa la becca sempre, ma è abituato a fare questo".
"Ti faccio il suo esempio perché lui è uno che sulle top line dei brani vince sempre, ormai c’ha fatto il callo, ormai lo sa in automatico quando funziona qualcosa. Io pure più o meno, avendo studiato mi viene facile, non so se qualcun altro in quella posizione lì riesce a fare la stessa cosa con la stessa semplicità o se si deve sbattere un po' di più”
La tua lista di collaborazioni è infinita, ma perché nel rap è così importante la collaborazione?
“Per rispetto o magari, se c’è un pezzo con un tema specifico, per dare una visione da due punti di vista o anche dallo stesso ma scritta diversamente”
…e qual è quella che ti ha divertito di più e quella che ti ha divertito meno, che col senno di poi ti saresti evitato?
“Una in particolare non c’è, perché sono sempre fiero di collaborare con una persona, non faccio mai le cose forzate. È anche lavoro, ma c’è sempre il piacere di fare una roba, io non guardo mai esclusivamente il marketing, sono uno che fa le cose per amore del lavoro che fa, quindi se vedi una collaborazione è sicuramente sentita".
"Non c’è una marchetta dietro, non c’è un favore, niente. Non c’è nemmeno un featuring che mi sono divertito meno a fare, c’ho sempre messo la faccia volentieri”
Primi dischi, il successo, le idee originali che ti distanziano dai tuoi colleghi, le sperimentazioni…dov’è che vuoi arrivare con la musica?
“eh…bella domanda. La domanda è facile ma la risposta è difficilissima. Sto puntando a fare il meglio possibile, a passare un bel messaggio alla gente. Poi, per quanto difficile rispetto ad altri paesi dove il rap è il genere principe (mentre in Italia siamo ancora piccoli secondo me), spero che un domani verremo riconosciuti bene anche grazie al mio contributo a livello europeo e, perché no?, magari anche mondiale.