È uscito “Per essere felici”, il nuovo disco di Marina Rei. Un ritorno importante quello della cantautrice e percussionista romana, un po' perché avviene dopo ben sei anni di silenzio, un po' perché il 2020 corrisponde con i 25 anni dell’omonimo “Marina Rei”, l’album uscito subito dopo la sua primissima partecipazione al Festival di Sanremo con “Al di là di questi anni” che ne decretò il successo nazional popolare sancito poi da altre perle come “Primavera” e “Un inverno da baciare”.
“Per essere felici” è composto da otto tracce nelle quali Marina Rei prosegue nel suo percorso autoriale impegnato, serio, giustamente ostinato. 25 anni durante i quali, naturalmente, la musica è cambiata, il mercato musicale ha subito ben più di una variazione e ad oggi si presenta con connotati del tutto diversi e certamente più spigolosi per quanto riguarda chi, come Marina Rei, decide consapevolmente e orgogliosamente di non addomesticare il proprio talento per strizzare l’occhio alle classifiche.
Utilizzo del supporto fisico a parte, in 25 anni quali sono le più importanti differenze che noti nella musica italiana rispetto a quando hai cominciato tu?
“Sicuramente differenze sostanziali, quando ho iniziato io, intendo a livello discografico, mi sembra ci fosse un’attenzione maggiore, la volontà di appoggiare un certo tipo di progetti che non appartenevano necessariamente ad artisti che venivano fuori dalla televisione o solo grandi nomi o solo nuove promesse; c’erano degli investimenti completamente diversi. È chiaro che la discografia è cambiata perché è cambiato il mercato discografico, ma io sono sempre stata fortunata, all’epoca ebbi questo contratto con la Virgin, che era nazionale ma con una conduzione come se fosse stata un’etichetta indipendente, quindi c’era un’attenzione, un amore, abbastanza importante. Mi rendo conto che oggi, per chi come me fa musica da tanto tempo è difficile convincere un discografico di una multinazionale a sposare il tuo progetto, proprio per questo io ormai sono indipendente da anni, perché comunque chi più di me può investire a livello di passione su un mio progetto?
E quindi in che condizioni trovi oggi la musica italiana?
“Ormai la discografia si è spostata molto sui giovani, direi giovanissimi e molto sulla televisione, perché il mercato discografico è talmente limitato per quanto riguarda la vendita dei dischi che si è tutto quanto spostato. È cambiato un po' tutto, sono cambiate le scelte, io non posso fare un disco per accontentare qualcuno che non sia me stessa, per accontentare delle sonorità che non sono sonorità che mi appartengono. C’è o l’attenzione ai giovanissimi della televisione o ai superbig, molti altri artisti, come me, che hanno un percorso superdignitoso, di rispetto, anche importante, non godono dello stesso tipo di attenzione, quindi è giusto che si sposti tutto sull’indipendente”
Il tuo ultimo album di inediti risale al 2014, sappiamo che nel frattempo hai messo in piedi molti progetti interessanti, ma come mai questa lunga pausa?
“Avevo già iniziato a registrare gran parte del disco e poi ho capito che dovevo togliere due pezzi che avevo messo, ad agosto ero nello sconforto più totale, perché quando inizi a registrare un disco pensi ‘ok, i pezzi ce li ho’, io tra l’altro c’avevo messo una vita a scriverli, a riscriverli e riscriverli ancora, perché questo disco l’ho scritto almeno tre volte. Ad agosto, come spesso accade, sono da sola a Roma tra un progetto e l’altro, ed è venuto fuori questo giro di piano di “Dimenticarci” che mi piaceva molto, pensavo di inserirlo nel disco come brano strumentale, sarebbe stata la prima volta per me, poi invece ho scritto il testo ed io che di solito li lavoro tanto i testi, non ho cambiato nemmeno una virgola”
Quindi poi finalmente soddisfatta?
“Sono solo otto canzoni ma ognuna di esse ha un peso che mi piace e non cambierei. Poi, riguardo l’attesa, un po' promuovi il disco precedente, un pò vai in tour, un po' ti inventi altri progetti, poi fai il progetto acustico con gli archi, poi il tour con Paolo Benvegnù (che è stato uno dei progetti più belli della mia vita, per me lui è un fratello), poi ho scritto, poi ho buttato, poi ho riscritto, poi ho ributtato…secondo me il tempo ci vuole per scrivere un disco, soprattutto nel momento in cui c’è così tanta musica in giro di cui se ne fa un uso molto veloce e frettoloso, quindi quando esce un disco deve essere un momento importante, un disco importante, non può essere un disco tanto per…”
Riascoltando la tua discografia viene in mente che il pubblico italiano forse, confuso dal successo di brani come “Primavera”, non abbia percepito la tua essenza cantautorale, negli ultimi anni abbiamo assistito a nascita e morte del famigerato indie, ma tu in realtà certe cose le facevi già 10/20 anni prima…tutto corretto?
“Si, mi fa ridere che una volta qualcuno in un articolo mi definì un’artista indie degli anni ’90, perché questa definizione dell’indie è un po' strana. “Primavera” è stato l’apice della popolarità ma sembra quasi che nella programmazione delle radio non possa esserci una sonorità diversa da quella supermainstream, a meno che non sia una scelta particolare del cantautore alternativo che va di moda e allora la radio lo sceglie. Anche le radio sono rimaste un po' indietro rispetto a questo, io ormai proseguo sulla mia strada, non faccio dischi con l’obiettivo di arrivare in radio ma con l’obiettivo che la canzone mi piaccia, poi se piace agli altri sono ancora più contenta, ma se sei convinto di una cosa tu, alla fine credo che questa cosa passi anche agli altri. Certo, il grande pubblico oggi come oggi non ci arrivi più neanche con la radio, il grande pubblico ci arrivi con una certa televisione. Io quindi faccio il mio lavoro di musicista e autrice e le mie canzoni le propongo con i concerti, cioè se mi invitano in televisione io ci vado, non è che non ci vado, ma mi rendo conto che è un tipo di scrittura, di sound, che è lontano da quelle che abbracciano la televisione e le radio, e questo è un peccato perché sarebbe giusto far ascoltare al grande pubblico anche un certo tipo di musica, non lo trovo giusto che ci sia abbastanza spazio anche per un altro tipo di musica”
Però quegli artisti che nascono in tv poi vengono percepiti come personaggi televisivi e chi si guadagna il pubblico con i live invece è quello che arriva a 25 anni di carriera, quelli nella maggior parte dei casi non arrivano a 2, quindi meglio così, no?
“Si, io vedo che negli altri paesi comunque non c’è nessun problema se un artista prende un altro percorso, anche per quanto riguarda gli attori. Gli danno sempre la possibilità di far si che gli artisti possano cambiare percorso, cambiare nel senso di progredire, farlo diventare un progresso della propria arte, e questo un po' mi dispiace, mi dispiace che si dia voce sempre un po' alle stesse persone, ai nomi grandi, questo non lo trovo giusto. Cioè, per dirti, anche rispetto questa emergenza Covid, ho visto interviste agli artisti che parlavano di concerti negli stadi, ospitate nelle trasmissioni etc etc…ma questa situazione riguarda tutti, non riguarda solo i grandi nomi, riguarda anche artisti come me, che magari non ho un entourage di cinquanta persone, ne ho otto ma sono comunque persone che lavorano, non faccio grandi spazi come gli stadi ma comunque suono nei festival, nelle rassegne, ovviamente sono delle location più piccole con delle capienze più piccole, ma perché non dare voce anche ad artisti che hanno dimensioni diverse? Questo lo trovo sbagliato”
Secondo te perché il nuovo cantautorato italiano non riesce a far emergere le donne?
“Non lo so, io posso dirti che sicuramente ce ne sono e mi piacerebbe anche scovarle in qualche modo. Di cantanti sicuramente ce ne sono molte, anche perché ho scoperto che aldilà dell’essere donna o uomo, tutti vogliono fare i cantanti. Probabilmente di donne che scrivono e che sono anche delle musiciste, ce ne sono un po' meno. Vedo comunque sempre poca attenzione in generale per certi artisti piuttosto che altri”
Dopo 25 anni immagino ti sarai ritrovata più volte a tirare le somme sulla tua carriera, qual è la cosa della quale ti penti e quella della quale vai più orgogliosa.
“Avoglia! Sono orgogliosa di poter essere considerata un’autrice e una musicista, perchè sono una persona che si impegna molto, io studio e suono tutti i giorni almeno due/tre ore al giorno; sono anche contenta e orgogliosa del fatto che nei momenti di difficoltà riesco sempre a rialzarmi coraggiosamente, io mi ritengo una persona molto coraggiosa, anche se sono molto fragile, come sono spesso gli artisti. Per il resto non posso pentirmi di niente perché non bisogna mai pentirsi di niente, non mi piace l’idea di recriminare, sicuramente guardandomi indietro ci sono delle cose che con l’esperienza mia di oggi non avrei fatto, ma è l’esperienza a dirti, guardandoti indietro, che quell’esperienza l’avresti fatta diversamente; anche perché quando sei giovane non hai l’idea chiare, hai tanto voglia di fare, tanta energia, e probabilmente la spendi a volte troppo frettolosamente, poi ti affidi alle persone con le quali collabori e sicuramente trovare le persone giuste è importantissimo, però rimpiangere non si può fare, perché darebbe un’accezione negativa al tuo percorso. Quello che si è fatto si è fatto perché si sono fatti degli sbagli, per inesperienza, ma quello che si è fatto ti ha portato oggi ad essere quello che sei, quindi gli errori e le cadute sono necessarie”
L’album si intitola “Per essere felici”, hai trovato una ricetta per te, per tutti…?
“No, ma quale ricetta, anzi se ce l’hai te, dammela te. Non ci sono ricette, anzi, ogni giorno è una ricerca continua, una lotta continua per cercare di essere felici”.
E cosa vuol dire per te essere felici?
“Essere felici vuol dire guardarsi ed essere contenti di quello che si è e di quello che si fa”