S i intitola “Algoritmo” l’ultima uscita di WIllie Peyote, uno dei più talentuosi rapper della scena italiana. Un talento talmente puro che si può tranquillamente nobilitare il suo lavoro accostandolo a quello dei grandi del nostro cantautorato, qualora, ovviamente, ci fosse bisogno di astrarre un artista dal proprio genere per apprezzarne le capacità autoriali, se, in pratica, il testo di una canzone rap non lo considererete mai abbastanza impegnato proprio in quanto testo di una canzone rap.
Se per caso vi fosse passata per la testa questa idea malsana, andate a recuperarvi di gran corsa tutta la produzione di Willie Peyote e vi accorgerete, all’improvviso, di essere sulla strada sbagliata e, come minimo, pensarla in maniera vagamente anacronistica. “Algoritmo” è una serenata rap divertente e sensata tra due innamorati che si incastrano perfettamente manco fossero frutto dell’intelligenza artificiale di, appunto, un algoritmo. Ma non è tutto, il brano può vantare addirittura la collaborazione di Shaggy, che del genere, ma più in generale dello showbiz mondiale, è considerato un’icona. La sua partecipazione aggiunge al brano quella nota di colore che Mr. Boombastic con quella voce così strozzata da a tutto ciò che sfiora.
Com’è nata la collaborazione con Shaggy?
“È nata in maniera molto estemporanea, Kavah e Don Joe avevano questo beat, mi hanno chiesto di scriverci sopra perché gli sembrava un pezzo estivo in cui coinvolgere anche un artista importante, quindi mi hanno chiesto proprio un potenziale pezzo da proporre ad altri e io scrissi ‘Algoritmo’. Poi sono passati i mesi, io ero in tour, e un giorno mi è arrivato direttamente con sopra la voce di Shaggy. Glielo aveva fatto sentire la Universal e a lui è piaciuto talmente tanto che lo avrebbe voluto mettere nel suo disco che uscirà a giugno, così abbiamo pensato che fosse una grande occasione e l’abbiamo fatto uscire”.
Il periodo è particolare, ci avete pensato?
“È anche simbolico uscire proprio adesso, secondo me può servire. Se si vuole ripartire anche nel nostro contesto si può fare solo attraverso le canzoni”
Ma in questo periodo come credi sia stata trattata la musica? Tanti tuoi colleghi si aspettavano un po' più di chiarezza…
“È vero che non c’è molta chiarezza ed è vero che non c’è chiarezza sotto nessun punto di vista. È vero che non sappiamo quanto verranno influenzate le nostre vite, da quale sarà il prezzo congruo dei biglietti da adesso in poi alle capienze dei locali. Cambieranno talmente tante cose che comunque non si poteva essere molto più chiari, né dare una data precisa, perché dipende dal vaccino, dall’immunità di gregge, dipende da tanti fattori e il nostro lavoro consiste nel raggruppare le persone in un luogo chiuso; e ora sarebbe complicato”.
Quindi non ti senti abbandonato?
“Io non mi sono sentito abbandonato, non più di tanti altri lavoratori, perché quelli che lavorano nel turismo non sono stati trattati meglio, eppure hanno problemi più grossi dei nostri. È sicuramente un momento difficile, come scrivo in ‘Algoritmo’, ci sono momenti in cui va data una scossa e bisogna far polemica, ed io sono sempre di quel partito lì, ho sempre preso posizione; credo che in questo momento non sia necessario, bisognava dare uno slancio mettendo in mostra la voglia di mettersi in campo per fare cose e fare uscire un pezzo anche più leggero del solito per questo motivo. Per il resto spero che si riparta o quantomeno ci si inventi qualcosa per riuscire a produrre anche in questi mesi. Il cinema avrà gli stessi problemi: come fai a girare un film? Diventa un problema in prospettiva per tutto ciò che è intrattenimento. Vedremo, mi sono sentito dimenticato come tanti altri, e non sono nemmeno il più dimenticato di tutti”.
Per te è stata una pausa prolifica? Hai approfittato della quarantena per scrivere?
“Per me no, non sono riuscito a scrivere durante questa quarantena perché ho un approccio alla scrittura derivante dall’osservazione del mondo che mi circonda, e quindi talmente tante sono le cose sospese che non sappiamo come andranno, che per poter scrivere devo aspettare un po' di tempo e vedere quali saranno le reali ripercussioni sulla nostra vita sociale. Ad oggi si potrebbe parlare di quanto è stato bello o brutto stare due mesi chiusi in casa ma l’argomento si estingue nell’arco di una frase”
Che idea hai ti sei fatto della ripartenza?
“Non bisogna avere troppa fretta di ripartire, tanto per ripartire. Ripartire facendo i concerti al drive-in o in streaming non ha senso. Non dovremo farci prendere dal panico e dal fare le cose per forza, per quanto sarà lunga per noi è sempre meglio far le cose bene che farle perché si ha fretta di guadagnare. Poi ho visto una scena del drive-in in Germania ed è una roba di una tristezza…”
Tra l’altro sarebbe una cosa abbastanza elitaria perché la capienza sarebbe poca e i prezzi dei biglietti inevitabilmente più alti, no?
“Ti sembra che in un momento in cui ci apprestiamo ad affrontare una crisi economica senza precedenti io per tornare a suonare devo chiedere più soldi? Io devo fare esattamente il contrario, solo che se vuoi riprendere a suonare adesso coi posti dimezzati devi alzare il prezzo del biglietto, ma alzare il prezzo del biglietto adesso è assolutamente incoerente con lo stato d’animo ed economico della nazione. È come fare i tamponi ai calciatori per far ripartire il campionato e non ai medici; eh no, minchia, prima facciamo il tampone ai medici, poi una volta finito ripartiremo anche col campionato, ci sono priorità e priorità in questo cazzo di paese, il senso civico è questo. Se io facessi come Lotito e mi impuntassi per suonare, farei una minchiata, ci sono cose più importanti dei miei concerti oggi”.
E lo streaming? Potrebbe essere una soluzione?
“In streaming si possono fare tante cose e sono sicuro che ce ne inventeremo tante tutti, perché poi comunque se stai fermo sei mesi qualcosa farai. Ci sono tante cose che si possono fare online, è tutto vero. Comunque dobbiamo capire che si tratta di occupare il tempo finchè non ci saranno novità, questa roba non può essere considerata una sostituzione in pianta stabile, anche perché economicamente non regge la giostra. Se tu puoi creare un evento come Travis Scott, lì lo streaming ha un significato che va oltre, vivi proprio un’esperienza; per tutto il resto la differenza è quella che ci passa tra guardare un porno e fare sesso: non sarà mai la stessa cosa. Poi io accetterò di fare lo streaming quando potrò essere perlomeno con i miei musicisti nella stessa stanza”.
Come ti aspetti la musica quando ripartirà?
“Un anno fermi, in un mondo che andava veloce come andava veloce prima del coronavirus, quando ricominci non si ricorda nessuno della tua esistenza. Magari non proprio nessuno ma devi rimettere in piedi tutto quello che avevi fatto. Penso a me, a quei gruppi che avevano di fronte il tour più importante della loro carriera, quelli che facevano per la prima volta i palazzetti, chi aveva uno stadio ed era la prima volta che lo avrebbe fatto nella sua vita. Tra un anno ripartiamo, ma ripartiamo da dove eravamo? Questo è un bel dubbio eh…L’ansia a me viene per quello e per fare in modo che tutti i miei collaboratori riescano a far quadrare il pranzo con la cena, trovare un modo per riuscire a portare a casa qualcosa tutti”.
D’altra parte il problema dei lavoratori dello spettacolo è prioritario…
“Io non posso far guadagnare tutti i miei collaboratori, ma posso fare che il mio fonico si occuperà del mixaggio dei master dei miei pezzi da adesso in poi, invece di farlo fare esterno al nostro progetto, riaccentrerò tutta la produzione. Cosa posso fare oggi? Solo la musica posso fare oggi. Quando farò un pezzo, come successo per ‘Algoritmo’, ci metterò dentro più persone possibili per fare in modo che ce ne sia per tutti, l’unica cosa che posso fare è questa, se non posso suonare faccio quello che posso. Quindi perché fare uscire ‘Algoritmo’? Perché devono uscire delle canzoni, è l’unico modo che abbiamo per mantenerci”