È un Galeffi nuovo, più maturo, com’è giusto che sia, quello di “Settebello”, il nuovo album disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 20 marzo. Un po' perché da “Scudetto”, l’album di un esordio felice, che ha contribuito a lanciarlo tra le stelle del nuovo cantautorato italiano, il famigerato “indie”, sono passati tre anni; e un po' perché in questi tre anni Marco Cantagalli, così esce all’anagrafe, ha avuto modo di formarsi come artista, di suonare tantissimo, ovunque, di veder cambiare e crescere tra le proprie mani, supportate da un pubblico sempre più numeroso, quella rivoluzione culturale che ha contribuito a scatenare.
Ogni singola nota di “Settebello” ci racconta questo, e ciò che non viene espressamente detto, che resta nelle orecchie di chi lo conosce, di chi si approccia con un ascolto un po' più tecnico, come i toni, l’impegno, il sound, le collaborazioni, le parole, fino all’ultima virgola, ci dice forse anche molto più di ciò che Galeffi vuole dirci scrivendo. L’album rappresenta senza alcun dubbio un passo avanti nella storia del cantautore romano; la narrazione è coerente sotto tutti punti di vista, è un disco compatto in cui Galeffi, anche grazie alla collaborazione con i Mamakas, si libera degli affascinanti suoni grezzi, intimi e diretti di “Scudetto”, ma tipici in realtà di tutto il movimento indie, per sfidare l’artista che è in lui, alla ricerca di qualcosa di più intrigante, di più difficile, senza però abbandonarsi ad inutili snobismi, restando dunque se stesso.
Cosa volevi raccontare di te in questo nuovo album?
“Un po' come la penso. In qualche canzone ho detto la mia su come la vedo su determinate tematiche esistenziali, penso a “Settebello”, ad “America”, secondo me ogni canzone lascia una traccia, magari qualcuno la coglie, qualcuno no, ma il mio almeno l’ho fatto”.
La produzione del disco è decisamente più complessa, come se avessi deciso volontariamente di alzare l’asticella; tra l’altro nei credits si leggono nomi come i Mamakas e Bob Angelini. Era questa la direzione che volevi prendere?
“Si, ho voluto fortemente lavorare ad un disco che desse la sensazione di essere ‘suonato’, un disco come quelli di una volta. Infatti non ti nascondo, essendo io il primo fan di Galeffi, che non vedo l’ora di comprarmi il vinile. Spero che uno me lo regalano! Perché comunque, scherzi a parte, secondo me è un disco da vinile. È contemporaneo ma piacevole all’ascolto, che non va ‘skippato’”.
È un suono molto più compatto, molto più complesso rispetto al tuo disco d’esordio…
“Cambiano anche le possibilità, inutile nasconderlo. Il primo disco viene fatto in maniera diversa, in questo invece avevo più tempo, avevo anche una maggiore consapevolezza e mi sento cresciuto sia artisticamente che anagraficamente, il primo disco l’ho scritto che c’avevo 24 anni, questo 27, crescendo sviluppi dei pensieri, te ne appropri, riesci a parlarne in maniera più consapevole.
Un’evoluzione quindi…?
“Si, un po' in tutto. E chiaramente anche una grande voglia di zittire una parte della critica che mi aveva sottovalutato, di prendermi anche le mie rivincite. Ma la prima necessità vera era fare il disco più bello che potessi fare, quindi fare un disco che potesse durare per tanto tempo. Io vorrei che questo disco io potessi continuare a suonarlo anche tra dieci anni, tutte le canzoni di questo disco, perché vuol dire che avrò scritto canzoni che mi faranno fare carriera, che mi sarò portato dietro. Mi ero posto questo obiettivo grande, alto, ma se uno non si pone obiettivi giganti non fa mai niente nella vita”.
E poi i testi, questa maggiore maturità è data da una ricerca più approfondita o dall’avanzare dell’età?
“Un po' tutte e due le cose. Sicuramente l’età e l’ingenuità del primo disco in realtà sono state premiate, perché se per qualcuno era un ‘dischetto’, per qualcun altro invece è stato altro, e se così tante persone mi seguono vuol dire che a qualcuno è arrivato. Poi comunque questo mio essere stato ingenuo o molto giovanile, perlomeno mi permetteva di essere diretto, con tutti i suoi limiti. In questo disco cerco nuovi stimoli, ho capito più cose sia della vita che della musica”.
L’hai sentita la pressione del secondo disco? Nel momento in cui ti sei accorto che stava venendo fuori qualcosa di più complesso, hai pensato all’effetto sul tuo pubblico?
“No, io ho fatto questo pensiero, mi sono chiesto: come si sarebbero comportati i miei idoli? Ho cercato di pensare come poteva comportarsi John Lennon, Cesare Cremonini o Paolo Nutini. E mi sono risposto che tutti questi autori che io stimo, come persone e anche come artisti, non si sarebbero mai accontentati e avrebbero comunque rischiato tutti quanti. Lo dice anche la storia: i Beatles si sono rinnovati quasi disco per disco; Cremonini stesso, è partito facendo il disco sempliciotto con i Lunapop e poi mano a mano è cresciuto ed è diventato l’artista che è oggi; uno dei primi cinque italiani in vita. Io adoro gli artisti che si mettono in discussione, magari facendo fare anche fatica ai primi ascolti. Questo è un disco che va ascoltato, giusto un paio sono canzoni che arrivano al primo ascolto, secondo me questo è un disco che dà tante soddisfazioni, come un diesel, mano a mano che lo si sente, non è un disco da ascoltare una volta sola. In questo è un po' originale, quantomeno si fa notare, ultimamente siamo circondati da dischi usa e getta, questo disco invece vuole creare un ascolto attivo, l’ascoltatore deve fare un piccolo passo verso l’artista, stavolta non c’è la pappa pronta”.
In questo momento così particolare ti stai chiedendo qual è il ruolo della musica nella vita delle persone, in particolare della tua musica e sui tuoi fans?
“Io ho fatto solo una diretta al momento, anche perché sono social il giusto, non sono uno che ne abusa, quindi avevo anche un po' di titubanza, un po' di vergogna. Pensavo “ma se sembro un idiota? Che gli racconto a questi?”, però mi sono fatto trascinare dall’istinto, tentando di essere il più ‘Marco’ possibile, e devo ammettere che quando l’ho fatta ho notato che in questo momento sembra che ci si vuole tutti più bene, quindi anche i fan vogliono più bene a me, ma pure io voglio più bene a mia mamma, tutti vogliono più bene a tutti”.