M assimo Bonelli sul suo sito si presenta come un fantasista, un produttore e un manager musicale. Ed effettivamente di fantasia ce ne vuole per aver preso in mano un evento tanto storico quanto evidentemente appannato come il Concertone del Primo Maggio in piazza San Giovanni a Roma e averlo riportato in vita aprendo le porte al futuro, a tutte quelle realtà musicali che raccoglievano da anni numeri da capogiro in rete ma erano sconosciute al pubblico mainstream, lasciate fuori dalla porta per paura, forse, che venissero a rubare pubblico e attenzione a tutti quei volti triti e ritriti che mamma Rai continuava a infilare un po' dappertutto nel suo palinsesto. Una rottura che probabilmente ha convinto anche il direttore artistico del Festival di Sanremo Claudio Baglioni, che nelle sue due edizioni, specie l’ultima, ha deciso di rubare qualche nome al cartellone del Primo Maggio per portarlo con sé in Liguria.
Fantasia, dunque, sì, ma anche tanto coraggio, un coraggio premiato da ascolti e critica, che dal 2015, da quando Bonelli con la sua ICompany ha preso in mano il Concertone, considerano l’evento, di nuovo e giustamente, come uno dei principali della stagione musicale. Specie l’anno scorso, con il definitivo passaggio a quello che può considerarsi il Primo Maggio più “indie” di sempre, e anche uno dei meglio riusciti, quel Concertone che ha decretato il trapasso definitivo ad una stagione più felice per la nostra discografia, così incapace nei primi quindici anni del nuovo secolo a rifarsi il look e aprire le porte ad un modo nuovo di fare e vendere la musica.
Lei alla fine, quando hai tirato le somme, come se lo spiega questo successo?
“Era un risultato che mi attendevo, perché c’è un mondo musicale oggettivamente in ascesa in un momento in cui la musica italiana sta ottenendo davvero grande attenzione da parte del pubblico. Quindi per me, da quel punto di vista, era una sorta di “uovo di Colombo”, io frequento questo mondo da tanto tempo quindi conosco tutti i movimenti del sottobosco musicale, perché li seguo, sono appassionato, sono sempre alla scoperta di musica nuova; non ho fatto altro che mettere sul tavolo la sensibilità, la percezione, di quello che, dal mio punto di vista, andava valorizzato. Quindi mi aspettavo che ci fosse, da chi comprende questo discorso, una reazione positiva, per fortuna è stata abbastanza diffusa tra stampa e pubblico, quindi è stato un piacere capire che avevo fatto una scelta coraggiosa per certi versi, ma oggettivamente logica e lungimirante”.
Lungimirante è il termine giusto, anche perché molti di quegli artisti poi da quel mainstream sono stati accolti…
“Diciamo che nell’ultimo Festival di Sanremo c’erano 7-8 artisti che erano stati al Primo Maggio negli ultimi due/tre anni quindi ci abbiamo visto lungo”
Un direttore artistico di un evento così importante e storico come il Concerto del Primo Maggio, come sceglie gli artisti da chiamare? Quali sono le logiche?
“Il Primo Maggio, come qualsiasi altro evento che io possa organizzare, ha una linea editoriale. Si sceglie alla base qual è il criterio con il quale si fanno le valutazioni e in base a quello ci si muove. Come fare un compito a scuola, si segue la traccia del tema, ed è esattamente così. Il Primo Maggio dell’anno scorso, come quello di quest’anno, vuole essere una fotografia di quello che sta succedendo in Italia e di quello che sta per succedere nel mainstream nazionale. Quindi andare a scegliere quegli artisti e dargli visibilità per primi, artisti che potenzialmente cresceranno fino a diventare artisti di spessore nazionale. Per esempio, l’anno scorso c’era Achille Lauro, che ha suonato nel pomeriggio, scelto tra diversi trapper che c’erano stati proposti, ma lui mi sembrava quello che avesse qualcosa di più e poi i risultati lo hanno dimostrato. Ma ce ne sono altri di esempi: abbiamo avuto al Primo Maggio Lo Stato Sociale e Ghemon nel 2015, TheGiornalisti nel 2016, Ex-Otago nel 2017, gli Zen Circus l’anno scorso, Motta, Brunori, Gazzele, Canova…tutti artisti che noi conoscevamo già, che sapevo che sarebbero in qualche modo emersi, che avevano quel plus. C’è una musica forte, viva, che racconta il presente in tutte le sue sfaccettature, quelle positive, negative, quelle più superficiali e quelle più profonde. E il Primo Maggio è giusto che sia la vetrina di questa musica, che racconti quello che è il paese in questo momento. Questo sarà il tema anche della prossima edizione, quello di raccontare, cogliere dal sottobosco tutte le pulsioni che secondo noi hanno il potenziale per diventare di taglio nazionale a breve”.
Quest’anno sarà ancora più dura, sente un po' la pressione di dover confermare il successo della scorsa edizione?
“L’ho sentita all’inizio, adesso devo dirti, con quello che mi sembra di essere riuscito a raccogliere nel cast di quest’anno, credo sia potenzialmente ancora più forte quello che nascerà quest’anno su quel palco; perché è successo che il risultato del 2018 ha convinto anche diversi artisti scettici ad esserci e a metterci la faccia, perché hanno capito che dietro questa macchina, quella del Primo Maggio, queste otto ore di concerto, c’è un pensiero, un’idea abbastanza chiara, c’è una visione insomma, e quando c’è visione e c’è la voglia di raccontare qualcosa in maniera così determinata, magari si è più credibili. L’anno scorso abbiamo dovuto davvero convincere gli artisti a venire, quest’anno invece abbiamo avuto la difficoltà opposta, cioè quella di avere tantissime proposte valide e la difficoltà di dover scegliere cosa ci stava in questo tema”.
Io ne ho contati quasi cinquanta, facciamo che io le do i nomi e poi lei mi dice in quale percentuale ho indovinato?
“Io ho sul tavolo 40 nomi in questo momento e ne devo scegliere 27/28, ancora adesso non abbiamo scelto perché le variabili sono tante. Un nome inserito in qualche modo condiziona anche altri nomi, nel racconto che voglio fare un nome potrebbe sbilanciare troppo da una parte e devo controbilanciare con un altro nome che porti da un’altra parte, è un gioco anche di equilibri, io credo che nell’arco di dieci giorni definiremo il cast finale. C’è anche qualche sponsor che deve darci delle conferme e ci permetterà di poter ingaggiare alcuni artisti che hanno dei costi un po' più alti”.
Allora possiamo darle la nostra lista e lei ci dice in che percentuale ci abbiamo preso?
“Vai, d’accordo”.
Quella che segue è la nostra lista di 50 nomi, è una lista fatta con una certa logica, lasciando da parte chiaramente partecipanti alla scorsa edizione (anche se non sta scritto da nessuna parte che qualcuno non possa ripresentarsi alla porta) e tenendo in considerazione soprattutto artisti che hanno girato in tour in questi mesi. Alla fine Massimo Bonelli ha ammesso che il 30% di quelli nominati saranno sicuramente sul palco del Primo Maggio (magari in questi dieci giorni la percentuale si alzerà, chissà…), ciò vuol dire, calcolatrice alla mano, che nella lista che segue ne abbiamo azzeccati almeno 15. Noi in neretto vi proponiamo i nostri, provate anche voi ad indovinare chi si esibirà l’1 maggio sul palco di Piazza San Giovanni tra
- Daniele Silvestri
- La Municipal
- Carl Brave
- Franco126
- Subsonica con Willie Peyote
- Mahmood
- Calcutta
- TheGiornalisti
- Giorgio Poi
- Tre Allegri Ragazzi Morti
- Motta
- Boomdabash
- Dimartino
- Coez
- Ghali
- Dark Polo Gang
- Ultimo
- Loredana Bertè
- Elisa
- Marco Mengoni
- Maneskin
- Fabrizio Moro
- Rocco Hunt
- Ghemon
- Capo Plaza
- Enrico Nigiotti
- Salmo
- Arisa
- Paola Turci
- Marina Rei e Paolo Benvegnù
- Alessio Bondì
- Negrita
- Selton
- Piotta
- Eugenio In Via Di Gioia
- Pinguini Tattici Nucleari
- Giovanni Truppi
- Coma_Cose
- The Sweet Life Society
- Vinicio Capossela
- Nada
- Afterhours
- Clavdio
- Mox
- Cimini
- Artù
- Fast Animal And Slow Kids
- Ex-Otago
- Riccardo Sinigallia
- Fulminacci
“Ci sono dei nomi, 7/8, che io al Primo Maggio non vedrei, che si sono anche proposti, hanno chiesto di venire, ma li abbiamo esclusi, perché non li vedo adatti a raccontare quello che vogliamo raccontare noi. Altri di questi li avremmo voluti ma non se la sentono di venire, perché sai, alcuni artisti non se la sentono di giocarsi tutto su un palco “lascia o raddoppia” come il Primo Maggio. È un momento molto florido per la musica nuova italiana, quindi è chiaro che avendo scelto come tema di raccontare la nuova musica italiana uno si può davvero sbizzarrire”.
Capitolo conduttori, che è sempre un po' spinoso. A febbraio abbiamo intervistato Lodo Guenzi che ci ha detto che se lo richiamasse lui lo farebbe “di corsa”. Nomi precisi non glieli chiediamo, ma Lodo potrebbe essere richiamato?
“Certo, siamo amici con Lodo, lui è uno che appartiene a questo mondo qui, quindi quando parla di questa musica lo fa con cognizione di causa, è uno adattissimo a raccontare questo Primo Maggio. Si tratta di capire con la Rai, noi sulla conduzione condividiamo sempre le scelte con Rai3, che è la rete che trasmette il Primo Maggio. Con loro stiamo ancora ragionando sulla parte della conduzione, sono tante ipotesi e ora capiremo quale sarà quella che piacerà a tutti. La conduzione è sempre la cosa più delicata, perché è proprio un compito importante, anche lì tanti artisti che potenzialmente sarebbero adattissimi a farlo poi ci pensano e mi dicono “Eh, ma sai, otto ore in diretta, con tutta quella piazza…”, non è un gioco facile, bisogna essere sicuri di volerlo fare.
E Lodo ha quella spregiudicatezza che lo farebbe essere di nuovo all’altezza della situazione…
“Lodo ha fatto della sua spregiudicatezza, il suo modo di essere così scanzonato, è una delle caratteristiche che lo rendono così simpatico, così capace di raccontare la musica attuale”.
Quel che appare chiaro più che altro è la volontà da parte di Bonelli di rimettere al centro del Primo Maggio la musica con una narrazione coerente e precisa. È questa la ricetta che ha riportato ai vecchi fasti del passato il Concertone di piazza San Giovanni, e il risultato è entusiasmante, perché ci far rendere conto di quale stagione felice e vivace sta attraversando la nostra musica, al netto dei gusti musicali personali, della troppa inesperienza di alcuni artisti e della presenza nello showbiz di molti dei quali ci dimenticheremo prestissimo, così com’è sempre stato. Ma negli ultimi anni addetti ai lavori, così come semplici ascoltatori, possono tornare a sperare in una nuova generazione di artisti pronti finalmente a prendere un testimone rimasto in sospeso fin troppo tempo. Ben venga dunque che questo processo venga incoraggiato in eventi di tale portata.